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Il Volontariato per la persona e la giustizia: 40 anni del SEAC

40° Convegno Nazionale SEAC Roma 29 novembre – 1 Dicembre

Come annunciato nel programma questo 40° Convegno SEAC (Coordinamento Enti e Associazioni di Volontariato Penitenziario), ha voluto significare una “opportunità per una riflessione sul nostro ruolo, l’occasione per ribadire l’impegno di un volontariato della giustizia che si è posto come antesignano nell’individuazione di sperimentazioni, di percorsi coraggiosi e difficili ed ha agito assumendosene scelte e responsabilità, tracciando nuove vie…” Purtroppo dopo 40 anni di impegno si deve tristemente constatare che “Per i poveri, i disoccupati e i migranti c’è l’emarginazione, oppure una politica punitiva penale che ha nel carcere un modello dominante di controllo sociale” Come anche la consapevolezza che nonostante siano passati tanti anni “ci si confronta con regolamenti e organizzazioni carcerarie al di fuori del tempo, quasi impermeabili ad una cultura nuova che in altri ambiti, da molto tempo, ha introdotto importanti cambiamenti contrapponendo politiche di integrazione a logiche di separazione delle istituzioni totali…”

Ciononostante il Volontariato della giustizia non ha dubbi né esitazioni quando si tratta di prendere posizione ribadisce con forza di essere: “Contrariamente ad ogni politica di “zero tolerance”, …dalla parte di chi sostiene e pratica il mandato costituzionale di una pena dalla funzione riabilitativa e rispettosa dei diritti e della dignità…” a difesa di “una garanzia di rispetto per i diritti umani che riguardano liberi e reclusi, autori e vittime del reato…”

 

L’unica “via praticabile”

Lo stesso dott. Ettore Ferrara, Capo del Dipartimento di Amministrazione Penitenziaria, nel primo giorno del Convegno, non ha manifestato né dubbi né esitazioni riguardo all’unica “via praticabile” per risolvere i problemi che affliggono il pianeta carcere.  I problemi che il dott. Ferrara ha individuato sono quattro: 

-          Sovraffollamento

-          Bambini in carcere

-          Detenuti in carcere per problemi riguardanti le sostanze stupefacenti.

-          Stranieri 

L’edilizia penitenziaria non è la soluzione. Infatti, il dott. Ferrara ha parlato di un progetto in cantiere per creare 4000 nuovi posti detentivi in tre anni, ma – ha costatato con amarezza - fino ad ora non è stato dato un euro per questo progetto. In ogni caso se si considera la media di nuovi ingressi in Carcere ogni mese che è di 1000-1200 detenuti, si capisce l’inadeguatezza del progetto, infatti “ In un anno e mezzo potremmo ritornare alle cifre che avevamo prima dell’indulto”. Per cui, senza esitazione, ha concluso: “Anche chi non è d’accordo, deve convenire che la via della pena detentiva non è praticabile. L’unica via praticabile è, quindi, il massiccio uso delle pene alternative al carcere…”

I Relatori che si sono avvicendati hanno messo in evidenza come il Volontariato abbia il grande compito di “far ragionare”, “far riflettere” la società sulla necessità di costruire un nuovo modello di cittadinanza: “Cittadinanza solidale”. Un modello sociale, cioè, che possieda come sua dimensione fondamentale la solidarietà. Ogni cittadino insomma deve essere un volontario. “Con una formula possiamo affermare che dobbiamo costruire la doverosità del gratuito” (Nicolò Lipari, Docente di diritto Civile, Università La Sapienza – Roma ). 

Gherardo Colombo, Ex Consigliere Corte di Cassazione, ha evidenziato la contraddizione fondamentale del sistema sanzionatorio Italiano: “Una società può essere organizzata in due modi: A) Una società organizzata in forma piramidale: le persone che si trovano nella zona alta della piramide hanno molti diritti e pochi doveri, quelli che si trovano alla base della stessa hanno pochi diritti e molti doveri. E’ un sistema del passato, obsoleto. B) Una società organizzata in forma democratica dove tutti hanno gli stessi diritti e gli stessi doveri; dove la persona umana è un valore in sé. La contraddizione è questa: Adesso ci troviamo a vivere in un tipo di società del secondo tipo: Democratico, ma con un sistema sanzionatorio di una società del primo tipo: Piramidale.”.

Con molta franchezza Colombo ha aggiunto che “Ci sono persone in carcere che necessariamente recidiveranno perché l’illegalità per molti è l’unico modo di sopravvivere” Insomma ha continuato Gherardo Colombo “Per chi ha fame è inutile domandarsi se le pene alternative al carcere funzionino meglio di quelle detentive…a chi ha fame bisogna dare la possibilità di vivere”. Ha concluso affermando che certamente “bisogna dare al penale quello che è del penale ma, bisogna anche intervenire tempestivamente in quella che si chiama prevenzione primaria o giustizia distributiva perché le persone non siano costrette a delinquere” 

Salvatore Palidda, sociologo, Università di Genova, ha presentato uno scenario drammatico per il prossimo  futuro ripetendo un concetto a lui caro, quello della “eccedenza di umanità”: “La realtà è che c’è e ci sarà una parte sempre maggiore di umanità che resterà fuori del mercato del lavoro e quindi vivrà ai margini della società. Portando l’esempio degli Stati Uniti d’America ( nel trentennio che va dagli anni ’70 al 2000, i detenuti nelle Carceri Americane sono passati da 500.000 unità a 2.000.000…)  ha paventato anche per L’Europa la stessa tetra prospettiva.

 Il secondo giorno ha visto l’approfondimento dei seguenti temi:

-          La cultura mafiosa approfondita dal prof. Franco Di Maria, Esperto della Psicologia della criminalità mafiosa, Ordinario di Psicologia, Università di Palermo.

-          La problematica dei sex-offenders, approfondita dal prof. Pier Giuseppe DeFilippi, Psicoterapeuta, responsabile del “Progetto Azzurro” del carcere di Biella

-          La problematica degli O.P.G., approfondita dal prof. Giuseppe dell’Acqua, Esperto della Psichiatria, Direttore del Dipartimento di Salute Mentale di Trieste.

-          Le problematiche dell’immigrazione, approfondite dal Magistrato dott. Angelo Caputo

 

Il "dopo carcere"

L’ultimo giorno ha visto i convegnisti ospiti del Carcere Romano di Regina Coeli, dove in cattedra, si fa per dire, sono saliti i detenuti i quali, insieme con Padre Vittorio Trani, loro Cappellano, hanno fatto delle interessanti considerazioni sul tema: “L’uscita dal carcere, le risposte del sociale”. Hanno contribuito all’approfondimento del tema: Paolo Canavelli, Magistrato di Sorveglianza di Roma, il quale ha osservato come sia difficile oggi, data la situazione della giustizia, fare uso delle misure alternative al carcere: a) la riforma Pisapia messa in un cassetto; b) i magistrati di sorveglianza caricati di un lavoro immane;  c) Tossici e disagiati psichici che non hanno nessuno che li attende all’estero; d) peni brevi; e) l’ art. 4 bis, la legge cosiddetta ex Cirielli, il ricorso addirittura all’art. 656 comma 9… “Altro che riforma del Codice!”.  Infine il dott. Canavelli ha concluso suggerendo di orientare gli sforzi, per adesso, sulla revisione della cosiddetta “Custodia Cautelare” che tiene in Prigione ben il 60%  dei detenuti. Celso Coppola, Consiglio Nazionale SEAC, nel suo intervento ha insistito perché si facesse un documento comune che esprimesse suggerimenti concreti da presentare al Ministro della Giustizia; Raffaela Milano, Assessore Servizi Sociali Comune di Roma, ha confermato la volontà del Comune di Roma di fare il possibile per colmare le lacune del “Dopo Carcere”

La dottoressa Elisabetta Laganà, Presidente del SEAC, ha tratto le conclusioni invitando tutti ad impegnarsi con più entusiasmo al servizio della Giustizia e delle Persone detenute, convinti che non c’è maggior sicurezza per la società di un Carcere che diventi estrema ratio e di una pena che diventi un vero percorso di riabilitazione.

 

Don Bruno Oliviero