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La Giustizia rivoluzionaria di Dio!

Riflessioni a margine del Messaggio di Benedetto XVI in occasione della Santa Quaresima 2010

 

 

Il dono di Benedetto XVI per la Quaresima: “La giustizia più grande è quella dell’amore”

 

Il Santo padre Benedetto XVI ci ha regalato, per l’inizio della Quaresima, un messaggio veramente stupendo.

Un Messaggio diretto a tutta la Cristianità, ma particolarmente significativo, credo,  per coloro che svolgono la loro missione o il loro lavoro nell’ambito della Giustizia. Il passo biblico dal quale il Santo Padre parte per sviluppare la sua riflessione è il passo della lettera di San Paolo Apostolo ai Romani cap. 3,21-25 : “Ora invece, indipendentemente dalla Legge, si è manifestata la giustizia di Dio … per mezzo della fede in Gesù Cristo, per tutti quelli che credono. Infatti non c‘è differenza, perché tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio, ma sono giustificati gratuitamente per la sua grazia, per mezzo della redenzione che è in Cristo Gesù. E’ lui che Dio ha stabilito apertamente come strumento di espiazione, per mezzo della fede, nel suo sangue”

 

Dare a ciascuno il suo

Proprio all’inizio del Massaggio il santo Padre ricorda quello che, nel linguaggio comune,  è il significato della parola giustizia: “dare a ciascuno il suo”. Ma subito si affretta a precisare che questa definizione non chiarisce “in che cosa consiste quel ‘ suo’  da assicurare a ciascuno”.

Di che cosa ha bisogno l’essere umano per vivere in pienezza la sua vita?

Il Santo Padre non esita a rispondere: “potremmo dire che l’uomo vive di quell’amore che solo Dio può comunicargli avendolo creato a sua immagine e somiglianza.”  Quello di cui l’uomo ha più bisogno,  quindi,  non può essere assicurato da nessuna legge, ma è un dono gratuito di Dio!

Certamente l’uomo ha bisogno, per vivere sulla terra, dei beni materiali. A questo proposito il santo padre ricordando l’esempio di Gesù afferma: “Del resto Gesù stesso si è preoccupato di guarire i malati, di sfamare le folle che lo seguivano e di certo condanna l’indifferenza che anche oggi costringe centinaia di milioni di esseri umani alla morte per mancanza di cibo, di acqua e di medicine …”

Queste parole del Santo Padre sono un monito per tutti i politici che si dicono cattolici, ma anche per tutti gli uomini politici di “buona volontà”,   a lavorare davvero per il “bene comune”. Non è superfluo ricordare a questo proposito il “sogno” auspicato da Benedetto XVI e fatto proprio anche dal Cardinale Bagnasco, a nome di tutta la Chiesa Italiana,  di una nuova classe di cittadini e politici cattolici. E’ importante ricordare ad essi ( a coloro che governano la Nazione)  che prima di preoccuparsi di creare leggi penali per difendere la sicurezza dei cittadini contro la commissione dei reati, devono creare leggi per difendere la sicurezza del posto di lavoro, per chi ce l’ha,  e la sicurezza di poterlo ottenere, per chi non ce l’ha; leggi che difendano la famiglia, formata dall’unione stabile di un uomo e di una donna etc. etc.:  A questo riguardo mi piace citare Il Card.  Crescienzio Sepe, Arcivescovo di Napoli che, in occasione della giornata per la vita celebrata Domenica 7 Febbraio, ha ricordato l’elettricista napoletano Giovanni  Vano. Questo papà di famiglia preso dalla disperazione, dopo aver perso il lavoro, si è impiccato nel bosco di Capodimonte. Nella sua omelia il Card. Sepe ha, tra l’altro, detto: “Noi popolo della vita ci impegniamo a denunciare i meccanismi che portano alla disuguaglianza, alla depressione, alla morte. Giovanni è morto perché qualcuno ha umiliato la sua vita. Qualcuno si è fatto artefice di un meccanismo infernale che non rispetta il lavoro giusto e dignitoso Noi condanniamo il meccanismo di morte in nome del denaro, del facile guadagno, di ciò che umilia e procura ingiustizia”.

 L’art. 3 della Costituzione Italiana comma II, così recita:

“ è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando, di fatto, la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione economica e sociale del Paese". 

La giustizia distributiva, descritta in modo egregio da questo articolo della Costituzione, però “non rende all’essere umano tutto il suo che gli è dovuto … Come e più del pane egli ha bisogno di Dio”, continua il Santo Padre. E’ la profonda verità trasmessa dalle parole di Gesù, nell’episodio delle tentazioni nel deserto ad opera del diavolo, quando risponde: “Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”.

 

Da dove nasce l’ingiustizia?

Riportando l’episodio di Gesù che polemizza con i farisei riguardo a ciò che rende impuro l’uomo, il santo Padre pone l’accento sul fatto che è tentazione ricorrente dell’uomo quella di attribuire a semplici fattori esterni all’uomo lo stato di ingiustizia.  E’ il caso di tante ideologie moderne che credono basti eliminare queste cause esterne  per ristabilire la giustizia. Ma io credo di non sbagliare se vedo implicito nel discorso del Santo Padre un’altra tentazione, anche questa ricorrente e molto attuale: quella di molti che si sentono “giusti” perché sono in “regola con le leggi” che sono sempre più simili alle “tradizioni e mode” degli uomini e sempre più lontane da quelle di Dio e disprezzano gli altri… (tossico-dipendenti, immigrati, coloro che vivono nel disagio economico e psichico).

Contro queste tentazioni, il Santo Padre precisa: “Questo modo di pensare – ammonisce Gesù – è ingenuo e miope. L’ingiustizia frutto del male non ha radici esclusivamente esterne; ha origine nel cuore  umano, dove si trovano i germi di una misteriosa connivenza col male”.

In realtà il problema dell’ingiustizia nasce proprio quando l’uomo rifiutando coscientemente e liberamente l’amore di Dio crede di potersi realizzare da solo: Il peccato è una “distorsione” suicida dell’orientamento dell’io profondo che rifiutandosi di amare Dio e i fratelli e “ripiegandosi” su se stesso, con l’illusione diabolica di “diventare” dio (cfr. Gn. 3,5), si perde nei labirinti della depressione e della follia.

Infatti, afferma ancora  Benedetto XVI: “Aperto per natura al libero flusso della condivisione, avverte dentro di sé una strana forza di gravità che lo porta a ripiegarsi su se stesso, ad affermarsi sopra e contro gli altri: è l’egoismo, conseguenza della colpa originale …”

 

La Giustizia rivoluzionaria di Dio!

Per cui il santo Padre si domanda: “Come può l’uomo liberarsi da questa spinta egoistica e aprirsi all’amore?” Egli risponde a questo interrogativo esponendo il concetto rivoluzionario della Giustizia di Dio in Cristo:

“E’ anzitutto la giustizia che viene dalla grazia, dove non è l’uomo che ripara, guarisce se stesso e gli altri. Il fatto che l’’espiazione’ avvenga nel ‘sangue’ di Gesù significa che non sono i sacrifici dell’uomo a liberarlo dal  peso delle colpe, ma il gesto dell’amore di Dio che si apre fino all’estremo, fino a far passare in sé ‘la maledizione’ che spetta all’uomo, per trasmettergli in cambio la ‘benedizione’ che spetta a Dio (cfr. Gal.3,13-14).

A questo punto sorge lo ‘scandaloso’ interrogativo: “… Quale giustizia vi è là dove il giusto muore per il colpevole e il colpevole riceve in cambio la benedizione che spetta al giusto? Ciascuno non viene così a ricevere il contrario del ‘suo’?”

La ragione umana a questo punto deve far posto al mistero della sapienza di Dio: “In realtà, qui si dischiude la giustizia divina. Profondamente diversa da quella umana. Dio ha pagato per noi nel suo Figlio il prezzo del riscatto, un prezzo davvero esorbitante.”

Un mistero che svela l’inaudita purezza dell’amore di Dio! “Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio Unigenito, perché chiunque creda in Lui non muoia, ma abbia la Vita eterna” (Gv 3.16)

Gesù Cristo ha dovuto pagare questo “prezzo” perché, nella sua sapienza, sapeva che era l’unico modo per ‘convincere’ (convertire) l’uomo ad, così continua il santo Padre,  “ uscire dall’illusione dell’autosufficienza per scoprire e accettare la propria indigenza – indigenza degli altri e di Dio, esigenza del suo perdono e della sua amicizia”. (“Solo l’amore è credibile”H. U. Von Balthasar)

Cosa insegna alla società, in particolare a coloro che operano nel campo della Giustizia umana, questo esempio divino?

 

La Corresponsabilità della società nella commissione dei reati

Vorrei innanzitutto fare una premessa : La società deve riconoscere la sua parte di responsabilità nella commissione dei reati. Vorrei citare a questo punto un passo molto significativo del Prof Luciano Eusebi, docente di Diritto Penale all’Università Cattolica di Milano: “La criminalità ha delle basi perché si creino dei presupposti, perché qualcuno poi scelga di essere criminale. Siamo lontani un secolo dalle polemiche sul positivismo, sul libero arbitrio; nessuno mette in discussione che ci sia la libertà dell’essere umano, ... Ma impregiudicata la dimensione della libertà umana è fuori dubbio che esistono delle precondizioni strutturali, (economiche, sociali ecc) di qualsiasi esercizio della libertà umana.”

 

La Giustizia vivificata dall’amore

Una volta che la società abbia riconosciuto la sua parte di responsabilità dovrebbe, se volesse imitare l’agire sapiente di Dio, capire che la concezione della giustizia intesa come retribuzione, la cosiddetta legge del taglione, non funziona. In teoria la società ha capito questo, infatti al comma terzo dell’articolo 27 della Costituzione così leggiamo: “Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”.

La società, quindi,  dovrebbe, attraverso tutta l’opera del trattamento penitenziario,  far capire al reo che il suo obiettivo non è la vendetta, ma la riabilitazione.

In realtà siamo molto lontani dal mettere in pratica il dettato Costituzionale. A questo riguardo questi dati dovrebbero dare il senso della drammaticità della situazione:

-          66.000 detenuti nelle carceri Italiane le quali ne potrebbero ospitare solo 43.000.

-          72 suicidi nel 2009  e 4000 atti di autolesionismo.

-          Nei primi 20 giorni del 2010, ci sono stati 20 morti … uno al giorno!

Vorrei concludere queste semplici riflessioni riportando ancora un passo del messaggio quaresimale del santo Padre, sul quale varrebbe la pena che riflettessero tutti  i cristiani: sia quelli che sono ristretti nelle carceri, ma ancora di più quelli che, grazie a Dio,  vivono nella libertà:

“Grazie all’azione di Cristo, noi possiamo entrare nella giustizia ‘più grande’ che è quella dell’amore (cfr. 13,8-10), la giustizia di chi si sente in ogni caso sempre più debitore che creditore, perché ha ricevuto più di quanto si possa aspettare. Proprio forte di questa esperienza, il cristiano è spinto a contribuire a formare società giuste, dove tutti ricevono il necessario per vivere secondo la propria dignità di uomini e dove la giustizia è vivificata dall’amore.”

 

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Don Bruno Oliviero