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 Amnistia e indulto non contrastano con la "certezza della pena"

 

L’ostacolo che si oppone alla richiesta, ormai corale e trasversale, di un gesto di clemenza nei confronti dei cittadini detenuti nelle carceri Italiane, in dettaglio la richiesta di un’amnistia e indulto, è che la società civile chiede, invece, la certezza della pena. Questo modo di ragionare vede un’opposizione invincibile tra Amnistia e certezza della pena.

Credo che nessuno neghi la necessità, in uno Stato di diritto, della certezza della pena. Ma la domanda che dovremmo porci è proprio questa: cosa si intende per certezza della pena?

 

Cosa si deve intendere per pena?

La coscienza civile del popolo Italiano ha raggiunto la consapevolezza che per pena non si deve intendere la “vendetta” che la società persegue, quando riesce ad “arrestare” i presunti autori dei reati, ma deve essere intesa come “percorsi di riabilitazione” da perseguire in grado di recuperare e restituire alla società coloro che hanno “in qualche modo” danneggiato con le loro azioni illegali la compagine sociale perché possano riparare al male fatto - vedi comma 3 dell'art. 27 della Costituzione. In questa luce si capisce l’allarme lanciato da tutti gli osservatori, che hanno una qualche competenza con l’ambito del penale, a cominciare dall’On. Castelli, Ministro della Giustizia, che all’indomani dell’approvazione della legge cosiddetta ex Cirielli, ha dichiarato:

 "Una stima prudenziale sugli effetti a medio termine della Cirielli, dimostra che potrebbero essere alcune migliaia i detenuti in più che andranno ad affollare le carceri", ha spiegato Castelli precisando poi che "una stima precisa non è possibile perché non siamo in grado di prevedere quanti detenuti torneranno a delinquere, ma la stima è nell'ordine delle migliaia". "Sono mesi - ha poi aggiunto il ministro - che sto chiedendo risorse finanziarie senza ottenere risultati, se continua così non mi assumo responsabilità per quanto potrà accadere".

Come si può minimamente pensare all’Istituzione “Carcere” come a una realtà dove si possano creare percorsi di riabilitazione per recuperare i cittadini detenuti, quando a fronte di una capacità di accoglienza di circa 43.000 unità si ritrova a contenerne le 60.000 attuali, senza prendere in considerazione quello che succederà dopo l’approvazione della suddetta legge ex Cirielli ?

In questa situazione Amnistia e Indulto non sono in contraddizione con il vero significato della certezza della pena, se, come si esprime il Magistrato Adriano Sansa dalle pagine del settimanale cristiano “Famiglia Cristiana”, sono: “ Accompagnati, questo sarebbe serio, dall’impegno dei due schieramenti a riformare davvero il processo snellendo la procedura; a costruire nuove carceri e a migliorare l’organizzazione delle misure alternative;...” (Famiglia Cristiana, n°1 2006).

Possa tutta la classe politica Italiana riflettere profondamente e responsabilmente su questa richiesta, ricordando gli applausi elargiti al Servo di Dio, il santo Padre Giovanni Paolo II durante la sua memorabile visita al parlamento Italiano, durante la quale il Papa rinnovava l'invito fatto in occasione del Giubileo del 2000 a concedere un atto di clemenza in favore dei detenuti: "mi rivolgo con fiducia ai Responsabili degli Stati per invocare un segno di clemenza a vantaggio di tutti i detenuti; una riduzione, pur modesta, della pena costituirebbe per i detenuti un chiaro segno di sensibilità verso la loro condizione, che non mancherebbe di suscitare echi favorevoli nei loro animi, incoraggiandoli nell'impegno del pentimento per il male fatto e sollecitandone il personale ravvedimento. L'accoglimento di questa proposta da parte delle Autorità responsabili, mentre inviterebbe i detenuti a guardare al futuro con nuova speranza, costituirebbe anche un segno eloquente del progressivo affermarsi nel mondo, che si apre al terzo millennio cristiano, di una giustizia più vera, perchè aperta alla forza liberatrice dell'amore". (Messaggio del Sommo Pontefice Giovanni Paolo II per il Giubileo delle Carceri)

 

Don Bruno Oliviero

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