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IV Assemblea Nazionale Volontariato Giustizia

Roma 17-19 Maggio

 

Mi è stata data l’opportunità di partecipare alla IV Assemblea Nazionale Volontariato Giustizia svoltasi a Roma dal 17 al 19 Maggio nelle sedi dell’Università di Roma 3, Facoltà di Scienze. Il tema era: “Percorsi di Giustizia, Codice Penale e Inclusione sociale”, la riflessione è stata aiutata dalla presenza di relatori preparati e competenti e dalla presenza di eminenti personalità delle Istituzioni.

 Già dal titolo era chiaro che i riflettori sarebbero stati puntati sulla riforma del Codice Penale e sulle innovazioni che il disegno di legge introdurrà nel Sistema Penale Italiano. A questo tema sono state dedicate tutte le relazioni del 1° giorno.

 

Il punto di Partenza del percorso: Il Nuovo Codice Penale

Il dott. Emilio Di Somma, Vice Direttore del D.A.P., nel suo breve ma denso intervento si è chiesto, riflettendo sul tema della quarta Assemblea: 1°) Se c’è un percorso ci deve essere un punto di partenza: il nuovo Codice Penale che deve essere in armonia con il comma 3 dell’art. 27 della Costituzione che recita: ‘Le pene non devono consistere in azioni contrarie al senso di umanità e devono servire alla riabilitazione dei detenuti’.  2°) Deve essere portato avanti da tutti coloro che a vario titolo operano nell’ambito del penale e deve avere 3°) come obiettivo l’inclusione e non l’esclusione dell’agente del reato. Una re-inclusione utile sia per l’agente del reato sia per la collettività. Occorre superare, ha concluso Di Somma, un malinteso concetto di sicurezza visto come un aumento indiscriminato del numero delle carceri, dei carcerati, del numero di anni di carcere, dei poliziotti, della repressione ”

Nel suo intervento il prof. Luciano Eusebi, ordinario di Diritto all’Università Cattolica di Milano con sede a Piacenza, e membro della Commissione Ministeriale per la Riforma del Codice Penale presieduta dall’avvocato Gianvittorio Pisapia, ha esordito con una domanda: “Che cosa significa fare prevenzione?”

Dopo aver analizzato e smantellato la concezione della Giustizia (simboleggiata dalla bilancia) che riduce tutta la complessa realtà della Prevenzione all’intimidazione e alla neutralizzazione e che con un effetto di concentrazione riduce tutta la complessa realtà delle sanzioni alla sola pena detentiva, ha affermato, senza ombra di dubbio che “lo Stato fa davvero prevenzione, quando mantiene alto il consenso dei cittadini nei confronti delle norme giuridiche. Esemplificando efficacemente, bisogna riconoscerlo, ha continuato: “Come intimidisci un kamikaze che è pronto a morire pur di portare avanti il suo progetto di morte? E ancora: chi neutralizzi se i 10 rapinatori che hai messo in carcere sono sostituti dai cento pronti a prendere il loro posto? Uno Stato che voglia fare davvero prevenzione interviene nelle precondizioni strutturali economiche, sociali e politiche che favoriscono le scelte criminali. Per quanto riguarda il campo economico il prof. Eusebi, ha contestato l’esistenza dei cosiddetti paradisi fiscali, dell’impossibilità di rintracciare le transazioni economiche, e ha concluso affermando che solo dal 2001 e non in tutti gli ambiti, la perseguibilità delle persone giuridiche da un punto di vista penale ha fatto dei progressi. Ci sono reati economici che procurano più morti della mafia, ma che non creano, però quell’allarme sociale che, di fatto, dovrebbero.”. Per esempio uno Stato che davvero volesse fare prevenzione andrebbe a colpire gli interessi economici che favoriscono la commissione dei reati. Nell’esempio delle Società per Azione, Eusebi, ha evidenziato che: “Fino a quando l’unico soggetto ad essere perseguito penalmente rimane l’Amministratore delegato che probabilmente, con tutte le attenuanti, l’impiego dei migliori avvocati, l’uso dei cavilli del codice…non si farà neppure un giorno di carcere, mentre gli interessi dei soci non sono toccati è illusorio credere di fermare la reiterazione di tali crimini, che come nel caso della Parmalat ha danneggiato migliaia di piccoli investitori.

Proseguendo nel suo intervento il prof Eusebi ha sostenuto la necessità di una rivoluzione nel campo del sistema sanzionatorio e ha invitato a guardare alla Germania dove i tre-quarti delle pene inflitte agli agenti di reato sono pene non-detentive.

E’ ormai scientificamente dimostrato, ha aggiunto Eusebi, che il concetto di giustizia basato sulla bilancia secondo il quale bisogna fare il bene a chi ci fa del bene e fare del male a chi ci fa del male non ha mai funzionato e mai funzionerà per la intrinseca incapacità del male di produrre il bene. Il Codice penale allora deve trovare il coraggio di proporre percorsi di bene che riparino la “inevitabile frattura” prodotta dal reato.

Percorsi di bene che portano “dentro” di sé un’immancabile dose di “sofferenza”, di “fatica”, di umiliazione, ma che sono progettati per portare ad una “composizione” della frattura prodotta dal reato, e non per accentuarla o addirittura degenerarla.

 

Le idee rinnovatrici

A questo punto Eusebi ha elencato i filoni di pene alternative al carcere che si stanno delineando per produrre questa rivoluzione anche nel Sistema Penale Italiano.

1)      Il filone che, si potrebbe dire, incide sugli interessi economici e materiali (riguardano reati con motivazione economica) comprendono:

-          Pene pecuniarie

-          Provvedimenti di confisca 

2)      Il filone che cerca non una privazione ma una riconciliazione (restorative justice): Attraverso queste pene si vuole arrivare ad un riconoscimento, da parte dell’agente di reato, delle proprie responsabilità e una forma di risarcimento che porti alla riconciliazione tra vittima e agente di reato. Non bisogna intendere queste pene come colpi di spugna ma, come avviene nella mediazione penale, a percorsi di vera giustizia. 

3)      Il filone delle pene prescrittive (pene che esigono un oculato utilizzo delle risorse). Per esempio: proporre anche per gli adulti la “messa in prova” che comporta l'estinzione del reato. Questo presuppone l’acquisizione da parte del giudice degli elementi della personalità dell’agente del reato. Come si evidenzia ancora una volta questo tipo di pene prevedono un cammino, esigono un percorso… 

4)      Il filone delle pene interdittive. Pene, in pratica, che prevedono la sospensione dalla carica direttiva esercitata come conseguenza del reato commesso.

 L’applicazione di queste pene alternative, secondo il nuovo Codice, avverrebbe già in fase di sentenza e non, come avviene oggi, dopo che la persona è stata ristretta in carcere e solo a certe condizioni…. Queste innovazioni snellirebbero di molto il lavoro di tutti gli Operatori del Sistema Penale Italiano.

Da questi brevi accenni si capisce come la riforma del codice penale, così come si sta disegnando, vada nella direzione indicata dal Presidente della Repubblica Italiana, Giorgio Napolitano, il quale visitando il Carcere di Rebibbia l’8 Maggio. Ha affermato che è sua convinzione “che la pena detentiva debba essere riservata a chi commette crimini che destano maggiore allarme, che ledono gravemente valori e interessi preminenti e intangibili.”.

Il secondo giorno ha visto gli incontri di gruppo che approfondivano le seguenti tematiche:

-          Minori e giovani adulti

-          Legislazione e pena

-          Volontariato e sfide future

-          Prevenzione e politiche sociali

-          Misure alternative alla detenzione e rete di sostegno.

 

Legislazione e Pena

 Mi è sembrato interessante partecipare al gruppo di lavoro che si occupava di focalizzare il tema “Legislazione e Pena”

Nella sua relazione la prof. Claudia Mazzucato, docente di diritto all’università di Piacenza, ha ripreso le fila del discorso fatto dal prof. Eusebi e in modo magistrale ha affermato che occorre passare da una concezione di giustizia che si basa sul “Subire” da parte dell’agente di reato di una pena che dovrebbe essergli inflitta e procurare una sofferenza in qualche modo “fine a se stessa” in modo da “bilanciare” il male e la sofferenza da lui inflitta alla vittima del reato ad una concezione del “Fare”: la pena vista come un percorso che porti progressivamente l’agente di reato ad un’assunzione delle sue responsabilità, un cammino di riflessione e di messa in discussione delle scelte fondamentali della vita fino alla decisione di “fare qualcosa di concreto” per ricucire lo strappo, per comporre la frattura, riconciliarsi con la collettività.

Il prof. Emilio Santoro, (Presidente Associazione L’altro Diritto) nella sua relazione ha parlato di due principi che ri-trovati e ri-applicati dovrebbero favorire il rinnovamento del Codice Penale: Il principio dell’offensività e il principio della proporzionalità.

“Per il principio dell’offensività, una persona può essere soggetta ad azione penale solo nel caso che leda gravemente un bene giuridico, ” quindi si è chiesto: “Quale bene giuridico è offeso dall’immigrato che re-ingressa nel Paese o che non osserva l’obbligo di lasciarlo? Si pensi che prima dell’indulto circa 11.000 extracomunitari erano presenti nelle carceri Italiane solo per questo motivo.”.

Per quanto riguarda il campo delle sostanze stupefacenti, si è chiesto: “Quale bene giuridico è offeso da chi consuma sostanze stupefacenti?” I cosiddetti consumatori non dovrebbero essere soggetti ad azione penale ma, caso mai, ad un trattamento capace di liberarli dalla schiavitù della droga.

“Per il principio della proporzionalità, un agente di reato dovrebbe essere sottoposto ad una pena proporzionale al reato commesso, ” quindi si è chiesto: “Quale proporzionalità c’è tra il piccolo spacciatore che prende più anni di carcere di chi commette un omicidio?” È così assurdo quello che sta avvenendo che – concludendo con una battuta – ha detto: “La Giustizia Retributiva, che non mi trova d’accordo, è un miraggio!

Il terzo giorno ha visto l’alternarsi dei vari capigruppo che con i loro interventi hanno riportato all’Assemblea le conclusioni a cui sono giunti nel loro rispettivo ambito di approfondimento.

 

Il Volontariato deve mobilitarsi

Nel suo intervento, conclusivo dell’Assemblea, il Sottosegretario alla Giustizia, Luigi Manconi ha ribadito l’impegno fattivo di questo Governo per arrivare ad una Riforma del Codice ricordando come nelle 13 passate legislature ben altrettanti disegni di legge per la Riforma del Codice non siano nemmeno arrivati in Parlamento.

Al Volontariato ha fatto un invito pressante a mobilitarsi per sensibilizzare l’opinione pubblica con l’obiettivo di facilitare l’iter del disegno di legge e la sua approvazione non solo dal Parlamento ma dai cittadini Italiani nel loro insieme. 

 

 

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Don Bruno Oliviero