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Scoprire il volto di Cristo in ogni detenuto

XII Congresso Internazionale della Pastorale Cattolica

Roma 5-12 Settembre 2007

 

Un’ inizio nel segno della comunione con  “Pietro” 

Il XII Congresso Internazionale della Pastorale Cattolica non poteva iniziare in un modo più bello!   Abbiamo avuto la gioia di incontrare il Santo Padre Benedetto XVI, in udienza privata, la mattina del 6 settembre a Castel Gandolfo.

Al saluto del Presidente della Commissione Internazionale della Pastorale Cattolica, Mr. Kuhn che tra l’altro si era così espresso (In lingua tedesca, la traduzione è stata fatta dal segreteria dell'ICCPPC)):

“Santo Padre,

              Con l’udienza di oggi Lei ci concede uno straordinario onore e noi siamo infinitamente grati per questo grande riconoscimento.

Al Suo cospetto e alla presenza di così nobili Eminenze ed Eccellenze, al Ministro della Giustizia e a molti e importanti rappresentanti di Stato, inauguriamo  il nostro 12° Congresso Mondiale della Commissione Cattolica Internazionale dei Cappellani di Prigione, che si tiene qui a Roma grazie al prezioso supporto della Conferenza Episcopale Italiana.” (Vedi il testo completo)

 

Il Santo padre ci ha rivolto un bellissimo e incisivo discorso.

Tra l’altro il Santo Padre si è così espresso (In lingua inglese, la traduzione è stata fatta dall'Osservatore Romano):

“Cari amici,

     sono lieto di accogliervi mentre vi riunite a Roma in occasione del XII Congresso Mondiale della Commissione Internazionale della Pastorale nelle Carceri. La ringrazio Presidente, Dr. Christian Khun, per le cordiali parole espresse a nome del Comitato Esecutivo della Commissione.

Il tema del vostro Congresso quest’anno “Scoprire il volto di Cristo in ogni detenuto (cfr Mt 25, 36), descrive alla perfezione il vostro ministero di vivido incontro con il Signore. Infatti, in Cristo “l’amore di Dio e amore del prossimo si fondono insieme” affinché “nel più piccolo incontriamo Gesú stesso e in Gesú incontriamo lui” (Deus caritas est, n. 15)… (vedi discorso completo)

 

I numeri 

7 giorni di intenso lavoro, 60 paesi dei cinque continenti rappresentati (dei 100 paesi membri della Commissione Internazionale della Pastorale nelle carceri, ICCPPC = International Commission for Catholic Prison Pastoral Care) Oltre 200 partecipanti. Relatori insigni del calibro, tra gli altri, di S.E  Nasrallah Pietro Card. Sfeir, Patriarca di Antiochia e di tutto l’Oriente; S.E. Raffaele Card. Martino, Presidente del Pontificio Consiglio “Giustizia e Pace” ; Mr. Jean Paul Laborde, Direttore della Sezione “Prevenzione del Terrorismo” dell’ufficio dell’ O.N.U. contro la droga e il CrimineIl prof. Manfred Nowak, relatore speciale dell’ONU, S. Ecc. Mons. Vincente Jimenez Zamora. 

 

Il Tema: Scoprire il volto di Cristo in ogni detenuto 

Il tema, così come è stato magistralmente sintetizzato nella dichiarazione finale (vedi testo completo) al punto 1, cioè che: “l’essere umano è il cammino della Chiesa”( Redemptor Hominis 14, Centesimus Annus 53) e il suo volto dolente evoca lo stesso volto di Cristo. La sua dignità inalienabile e i diritti fondamentali che ne sono implicati scaturiscono dall’essere “ immagine e somiglianza” ( Cfr. Gen. 1,26) del suo divino Creatore. La privazione della libertà, quale che sia la ragione, non può in nessun modo oscurare questa immagine” è stato approfondito – in una relazione svolta in francese e tradotta in Italiano dalla segreteria del Congresso - da S.E. il Patriarca di Antiochia, Card. Sfeir, che tra l’altro ha citato il Profeta Isaia: “Anzi tutto bisogna cercare di scoprire, in ogni prigioniero, la faccia di Cristo. Dal momento che Cristo è venuto ad assumere i nostri dolori, come l’ha espresso il libro ispirato del profeta Isaia: (53, 2-4) «Non aveva figura né splendore per attirare i nostri sguardi, né prestanza, sì da poterlo apprezzare. Disprezzato, ripudiato dagli uomini, uomo dei dolori, conoscitore della sofferenza, simile a uno davanti al quale ci si copre la faccia, disprezzato sicché non ne facemmo alcun caso. Eppure, egli portò le nostre infermità e si addossò i nostri dolori». Cristo ha accettato di essere umiliato, flagellato, e elevato sulla croce come un bandito di gran cammino. Si è fatto uomo, con tutta la debolezza inerente allo stato di tutto l’uomo, eccetto il peccato. Ogni detenuto lascia vedere un lato, per così dire, della faccia di Cristo. Questa faccia dolorosa, coperta di ferite e sangue, e anzi tutto privata della libertà. Esso è il caso di ogni detenuto, privato della libertà, ferito nella sua dignità e nel suo onore, privato di rispetto…” (Vedi testo completo)

 

La missione della Chiesa nelle Carceri  

Il Cardinale Raffaele Martino, Presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace ha magistralmente descritto nella sua relazione la Missione della Chiesa nelle carceri. (La relazione è stata svolta in spagnolo. I passi che seguono sono stati da me tradotti in Italiano)

Alla domanda:  qual è la missione della Chiesa nelle Carceri?  Il Cardinale Martino ha risposto che è esattamente la stessa missione che la Chiesa svolge in tutti i tempi a tutte e latitudini e in tutte e circostanze : L’evangelizzazione!

“Il più importante servizio che la Chiesa offre agli uomini e alle donne di tutti i tempi, di tutte le latitudini e in tutte le circostanze e quello di evangelizzarli. L’esortazione apostolica “Evangelii nuntiandi”, afferma che l’evangelizzazione è per la Chiesa sua «gioia e vocazione propria…la sua identità più profonda. Essa esiste per evangelizzare» (Evangelii nuntiandi, 14), per provocare l’incontro dell’uomo con Cristo, il suo impegno fondamentale è, in fatti, «dirigere lo sguardo dell’uomo, orientare la coscienza e l’esperienza di tutta l’umanità verso il mistero di Cristo, aiutare tutti gli uomini ad avere familiarità con la profondità della Redenzione, che si realizza in Cristo Gesú» (Redemptor hominis, 10).

Evangelizzare, ha continuato Il Card. Martino,  è la priorità suprema della Chiesa ma allo stesso tempo la necessità più profonda dell’anima umana è cercare Dio.

E rivolgendosi a Cappellani giunti da ogni parte del mondo ha aggiunto: “Voi nelle Carceri, in prima linea, avete palpato questa questa urgente necessità, volete risvegliarla e proporre cammini per soddisfarla, convinti che non è impossibile realizzarla, perché Dio si è fatto uomo, è venuto nel mondo perché gli uomini che lo cercano lo possano incontrare.”

I Cappellani e i loro collaboratori dunque, “hanno la grande missione di essere strumenti che preparano il terreno perchè questo incontro avvenga. A questo obiettivo sono dedicate tutte le vostre attività pastorali, perché essere e vivere come cristiani non nasce  da una buona intenzione o da una grande idea, ma dall’incontro con una Persona, Gesú Cristo, incontro che a tutti, particolarmente a chi si incontra in situazioni di difficoltà, conduce a credere nell’amore” (Cfr. Deus caritas est, 1).

Dopo aver affermato che l’evangelizzazione ha un asse centrale che è la fedeltà, intesa come “fedeltà al messaggio di salvezza e fedeltà agli uomini e le donne che devono riceverlo intatto, e vivo; non manipolato, non rovinato, non ridotto, a niente e nessuno sottomesso”, Il cardinale Martino ha enunciato i mezzi che Cappellani e collaboratori hanno a disposizione per portare avanti questa missione.

 

1. Testimonianza di vita coerente con il messaggio di Cristo  

“Siate certi che il vostro lavoro pastorale tra i carcerati è importantissimo per la vita e la missione della Chiesa, perché « la testimonianza evangelica, verso la quale è più sensibile il mondo di oggi, è l’attenzione alle persone e la carità con i poveri e i piccoli, con quelli che soffrono…> (Redemptor hominis, 10) 

Perché questa testimonianza sia davvero evangelica il Card. Martino ha ricordato che gli operatori della pastorale penitenziaria devono essere liberi da ideologie sia di sinistra che di destra, e realizzare quella rivoluzione che Gesú è venuto a realizzare sulla terra e che consiste nel vincere il male con il bene! 

S.E. il Card. Martino ha poi ricordato che il cuore della pastorale penitenziaria è la “misericordia”,  infatti “le sacre Scritture, specialmente i Vangeli, ci confermano che la misericordia è assolutamente necessaria per essere discepoli di Gesú, perché il Signore non la raccomanda o la consiglia. Il Signore la comanda: “Siate misericordiosi, come vostro Padre è misericordioso” (Lc. 6,36) Ha continuato dicendo che questa virtù è specialmente oggi un segno di contraddizione “in una società che vede la misericordia come una debolezza, che cerca di espellere dalla sua vita la benevolenza e la compassione , che esclude e si dimentica di chi ha sbagliato e li considera indegni di far parte di essa.”

Una società che però non è senza responsabilità nel fenomeno criminoso perché –ha continuato il presule – “chi si incontra in prigione scontando una pena «è nato e cresciuto in una società nella quale si è formato e dalla quale ha ottenuto le possibilità concrete per vivere e agire. Il suo comportamento è anche un fallimento della società, non senza responsabilità condivise, nel generare o conservare logiche e strutture carenti di solidarietà o inadeguate per il bene comune, nel consentire di fatto modelli e stili di vita che facilitano o almeno consentono profonde deformazioni interiori e comportamenti sviati»” (S. Bastianel: “Pena di morte. Considerazioni etiche”: AA. VV. Chi è senza peccato scaglia la prima pietra. La pena di morte in discussione, PUG, Roma 2007, p. 81).

E portando come esempio la percentuale altissima di presenze in carcere che hanno a che vedere con il consumo o lo spaccio della droga ha richiamato le cause di fondo di questo fenomeno: “Questo ha altre cause di fondo, tra le quali la povertà, la disgregazione della famiglia, la cultura edonista che ci circonda, l’alimentare il culto del potere e dell’apparire…circostanze – queste – che non cancellano la responsabilità personale, però la diminuiscono”.

 

2. Difesa de diritti Umani

 

La difesa dei diritti umani dei detenuti è stata definita dal Cardinale “Una delle sfide più urgenti della Pastorale penitenziaria…, questa è un’opera di misericordia di vitale importanza… La difesa e la promozione dei diritti fondamentali della persona umana fanno parte della missione pastorale della Chiesa, cominciando dal diritto alla vita. Ribadisco qui ancora una volta la posizione di rigetto della pena di morte…”

Dopo aver riaffermato la necessità di cercare misure alternative alla detenzione Il Presule ha enunciato alcune situazioni particolari che devono essere oggetto di cura della pastorale penitenziaria:

-          l’attenzione e la cura delle vittime del crimine

-          la denuncia profetica di ogni tipo di torture nelle prigioni

-          la cura delle famiglie dei detenuti

-          la sensibilizzazione e coscientizzazione della società riguardo a alla realtà penitenziaria-           

 

Identità della Commissione Internazionale della Pastorale nelle carceri (ICCPPC) 

Il Card. Martino ha infine concluso la sua relazione parlando della identità della Commissione Internazionale della Pastorale Cattolica nelle Carceri (=ICCPPC) e delle Commissioni Nazionali della Pastorale Penitenziarie Cattoliche.

L’ aspetto sul quale il Cardinale ha insistito è stato “che il servizio nelle carceri è un lavoro della Chiesa. La Commissione Internazionale della Pastorale Penitenziaria Cattolica è una ONG ufficialmente riconosciuta, però la sua identità ecclesiale è importantissima , a partire da essa si capisce quello che fa, come lo fa e perché lo fa. A partire dalla sua identità ecclesiale capisce e realizza meglio anche la collaborazione con altre organizzazioni di altre religioni che lavorano a favore dei carcerati”.

Questa identità suppone “la fedeltà a Dio e all’uomo nella Chiesa”.

“Il motto dell’ICCPPC, parla da sé:

Vinculum unitatis”

 infatti: “il sacerdote che serve i suoi fratelli e sorelle in difficoltà, non li serve a titolo personale, è un apostolo, un inviato dal suo vescovo, e il vescovo, come primo responsabile della sua comunità, vuole, con la collaborazione dei suoi sacerdoti, curare le persone che Dio gli ha affidato. Tra questi non esclusivamente ma preferenzialmente ci sono i poveri, i più deboli e tra questi si trovano i carcerati.

Il lavoro che realizzate nelle prigioni è molto esigente, ognuno degli operatori della pastorale penitenziaria si deve confrontare con difficoltà e sfide  enormi che non devono e non  possono affrontarli da soli e disarmati, da qui la necessità d essere inseriti in una comunità ecclesiale e in un processo di formazione permanente.

IL Cardinale ha concluso manifestando la sua ammirazione e ringraziamento per l’impegno degli Operatori della pastorale penitenziaria nel servire Cristo nelle Prigioni. 

Alla fine della sua relazione il Cardinale ha ricevuto una standing ovation che lo ha commosso visibilmente. Il Presidente della Commissione Mr Kuhn ha sottolineato come la relazione del Presule sia stata una grande manifestazione della vicinanza e affetto con i quali il Cardinale segue i passi dell’ ICCPPC.  (vedi testo completo nell'originale spagnolo)

 

Gli standards delle Nazioni Unite e la tutela della dignità dei detenuti

Jean Paul La borde,  Direttore della sez. “Prevenzione del Terrorismo” dell’ufficio dell’ O.N.U. contro la droga e il Crimine ha cominciato la sua relazione “Gli standards delle Nazioni Unite e la tutela della dignità dei detenuti” facendo notare al moderatore che l’aveva presentato facendo presente le varie e importanti cariche che aveva rivestito – Mr. Laborde è stato tra l’altro Direttore Generale dell’Amministrazione delle Carceri in Francia – che aveva dimenticato il titolo da lui considerato più importante: “Sono un cristiano!”.

Nella sua esposizione Mr. Laborde raccontando episodi della sua vita ha concretamente fatto capire  che proprio la sapienza del Vangelo e la conseguente  visione cristiana della vita, - oltre che la sua preparazione culturale e professionale chiaramente - gli avevano permesso di risolvere con le “armi del bene” situazioni molto difficili che avrebbero potuto sfociare in atti di violenza. Il rispetto della dignità dei detenuti – nei quali si riflette il volto di Cristo – gli aveva permesso di adoperarsi in modo efficace per la difesa dei loro diritti in tutte le missioni che gli erano state affidate.

Il prof. dott. Mchael Platzer e il prof. dott. Anton van Kalmthout, hanno presentato il tema “Gruppi vulnerabili in prigione”.  Tutti i detenuti sono vulnerabili in prigione, hanno esordito, ma ce ne sono alcuni che per la loro estrazione sociale, razziale, e orientamento sessuale sono più vulnerabili degli altri. (vedi il testo della relazione in Inglese)

Il prof. Manfred Nowak, Relatore speciale dell’ONU ha focalizzato il suo intervento sulla “Tutela dei diritti dell’uomo detenuto” (vedi la presentazione).

Padre Damase Masabo, della Congregazione di Notre Dame de la Merecede, ha parlato della “Pastorale in carcere: una sfida per gli ordini religiosi e le congregazioni”. (vedi il testo originale in Spagnolo)

Il padre José Leon Sesma ha parlato, a nome del Vescovo Vincente Jimenez Zamora, della “Pastorale penitenziaria alla luce del Messaggio per il Giubileo nelle Carceri del Servo di Dio Giovanni Paolo II e dell’enciclica del S. Padre Benedetto XVI, “Deus Caritas est”. (vedi il testo originale in spagnolo)

 

Don Bruno Oliviero