La grande Missione della Chiesa nella rete
Uno dei web-fenomeni che desta più interesse (e preoccupazione) è la possibilità che i giovani hanno in rete di sperimentare più identità.
I risultati di una recente inchiesta indicano che il 44% degli intervistati afferma che la propria identità online è diversa da quella della propria vita reale. Per cui una gran parte dei giovani usa la rete per sperimentare varie personalità e idee di se stessi nel percorso verso l’età adulta.
L'immaginazione al potere?
In questa sperimentazione di varie identità l’immaginazione la fa da padrona: lascia il territorio del mito, dell’arte, del sogno per partecipare attivamente alla costruzione del sé. I media elettronici forniscono, in questo senso, una risorsa pressoché inesauribile: “consentono di intrecciare sceneggiature di vite potenziali con il fascino delle star dello schermo e di trame cinematografiche fantastiche, ma consentono anche a quelle vite di agganciarsi alla plausibilità degli spettacoli di informazione , dei documentari, e di altre forme in bianco e nero di tele-mediazione e di testi di stampa. Solo per via della molteplicità delle forme in cui appaiono (cinema, televisione, computer e telefoni) e a causa della rapidità con cui si muovono attraverso le ordinarie attività quotidiane, i media elettronici forniscono risorse all’immaginazione del sé come un progetto sociale quotidiano” (Appadurai A., Modernità in polvere, Meltemi, Roma 2001, pag. 16-17)
Il background qui delineato è, forse, la riprova del preoccupante identikit che, delle nuove generazioni (che fanno un uso eccessivo di Internet e dei social network come Facebook and Twitter), fa la neurologa britannica, Lady Susan Greenfield:
“Giovani infantili, con scarse abilità di concentrazione e comunicazione, poco senso d’identità e il bisogno di gratificazione immediata che può avere un bambino”.
La conseguenza per le persone (specialmente le nuove generazioni) è una “full immersion” nella “finzione”. (= il mondo delle immagini prodotto dai media elettronici) Questa immersione nella finzione ha come conseguenza l’indebolimento della capacità di relazionarsi all’altro, che è ridotto al suo “avatar”, (l’altro è privato della sua realtà complessa e reso astratto in un’immagine). Nella rete, il rischio che si corre è proprio questo: tu non incontri veramente l’altro, ma solo il suo simulacro, il suo avatar (oggi hai anche la possibilità di trasformare la foto in un cartoon … per cui l’altro diventa un … cartone. Più finzione di così !..). Se l’altro è un simulacro, anche l’io diventa un simulacro. Perdere il contatto con l’atro significa perdere il contatto con se stessi…
“Nel rapporto con il Tu, l’uomo trova il suo Io. Io divengo attraverso i miei rapporti con il Tu … ogni vero vivere è incontrare”. Martin Buber. Secondo uno dei più grandi pensatori moderni, Zygmunt Baumann
“il problema della generazione online non è quella di formarsi un’identità, quanto quello di mantenere la capacità di riforgiarla di nuovo. L’attributo più desiderabile dell’identità dovrebbe essere la sua biodegradabilità. In assenza di valori durevoli, autorevoli e incontestabili delle opzioni disponibili, la valutazione delle scelte può solo seguire lo schema dei beni in commercio: il modello d’identità prescelto va immesso sul mercato alfine di rilevarne il valore”.
La Buona Notizia!
“Se la relazione fondamentale - la relazione con Dio - non è viva, non è vissuta, anche tutte le altre relazioni non possono trovare la loro forma giusta”. (Benedetto XVI)
Nella Costituzione Gaudium et Spes del Concilio Vaticano II c’è una stupenda affermazione:
“In realtà solo nel mistero del Verbo Incarnato trova vera luce il mistero dell’Uomo … Cristo che è il nuovo Adamo, proprio rivelando il mistero del Padre e del suo Amore svela anche pienamente l’uomo all’uomo e gli fa nota la sua altissima vocazione (=identità)” (G.S. 22.). La grande missione della Chiesa nella rete è far comprendere che l’identità vera, più profonda (il suo valore) di ogni persona umana non è data dal “mercato”, ma in ultima analisi da Dio Creatore.
La Chiesa, attraverso la sua testimonianza nella rete, deve permettere alle giovani generazioni di sperimentare la “purezza” dell’Amore di Dio “che ha tanto amato il mondo (anche quello digitale) da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque creda in Lui non muoia, ma abbia la vita eterna.
I Santi devono entrare nella rete.
La Chiesa per comunicare questa buona notizia ha bisogno di santi. Cosi si esprimono i vescovi Italiani nella nota pastorale sul primo annuncio della fede dal titolo: questa è la nostra fede, del 2005:
“Per annunciare il Vangelo della vita piena, serena e feconda che i cristiani possono vivere sulle tracce del Signore Gesù, la Chiesa ha bisogno soprattutto di santi. Qualcuno potrebbe pensare che forse basterebbe essere credenti convinti e gioiosi, umili e tenacemente innamorati del Signore Gesù: ma non sono appunto questi i santi? Essi non pretendono certo di essere senza macchie e senza difetti, ma sono cristiani che non fanno mai pace con le loro incoerenze , pronti ogni giorno a ricominciare daccapo …” (n° 10). A questo punto, per concludere questa semplice riflessione, vorrei ricordare alcuni di questi “santi” che sono entrati nella rete per testimoniare la presenza di Dio Amore: il Card. Arcivescovo di Napoli, S.E. card. Sepe, Don Ciotti, migliaia di giovani, e meno giovani, cristiani che diffondono nel web la loro fede gioiosa.
Possa Dio moltiplicare questi “segni” della Sua presenza nel Continente digitale perché a tutti sia data la possibilità di sperimentare la libertà che ci viene dall’incontro con il Signore della Vita!
Don Bruno Oliviero