Il Card. Sepe, "segno" della presenza della Chiesa nel Carcere di Poggioreale
Il desiderio di una bambina
Erano circa le 10.00 del mattino del 30 Dicembre dell’anno appena passato ed eravamo nella sacrestia della Cappella del Carcere di Poggioreale. Ci stavamo preparando per la solenne Concelebrazione presieduta dal Card. Arcivescovo di Napoli, S.E. Crescenzio Sepe.
All’improvviso il Cardinale ebbe un sussulto, un ricordo gli si era affacciato alla mente; estrasse dalla tasca un foglietto con un appunto e ci raccontò di aver incontrato, qualche giorno prima, una bambina di sette anni che, avendo saputo del suo impegno per il 30 dicembre nel carcere di Poggioreale, gli aveva sussurrato all’orecchio: “Caro Cardinale vuole portare i miei saluti al mio papà che è rinchiuso nel carcere?”.
Così durante la Celebrazione, tra l’applauso di tutti i presenti, il papà di quella bambina si è avvicinato al Cardinale, il quale gli ha rivolto poche parole che sono bastate per portare la luce nell’animo di quel detenuto.
Il Cardinale Sepe, segno della presenza della Madre Chiesa
Sono gesti semplici come questo che rendono il Cardinale di Napoli amabile e benvoluto da tutta la città. Amato anche dai detenuti del Carcere di Poggioreale che l’hanno accolto con una standing Ovation. Un detenuto a nome di tutti gli ospiti dell’Istituto di pena, così si esprimerà, tra l’altro, nell’indirizzo di saluto a lui rivolto: “Eminenza, Carissimo Padre,… ci aiuti lei, non soltanto con le parole, che ne abbiamo già sentite tante, ma ci dia il segno tangibile che noi non siamo abbandonati. I detenuti sono stati capaci di azioni tremende e per questo pagano la giusta punizione, ma sono altrettanto capaci di gesti sublimi e di altissimi gesti di solidarietà: c’è del buono anche in noi, ci aiuti a farlo emergere. Grazie e formulo anche a lei gli auguri per un ottimo anno 2009, foriero di pace e serenità.”
Nella sua omelia il Presule ha, tra l’altro, riconfermato che la sua presenza nel carcere è dovuta a “un bisogno del cuore, la mia presenza qui vuole testimoniare la presenza della Chiesa, una madre che vuole accogliervi sul suo grembo. La mia presenza qui in mezzo a voi vuole significare rispetto, amicizia, ma soprattutto accoglienza.”
Accogliere il Signore che viene
Traendo spunto dal Vangelo il Card. Sepe ha raccontato di come la venuta del Figlio di Dio sia avvenuta nel silenzio, nel nascondimento, nella povertà:
“Non c’era posto per loro nell’albergo. Il Figlio di Dio nascerà in una stalla perché non c’era posto per loro…gli abitanti di Betlemme non accolsero Gesù. E noi come lo accogliamo il Signore?
In questo Natale Gesù ha bussato alla porta del nostro cuore, ma noi cosa facciamo? Apriamo o no la porta perché il Figlio di Dio entri nella nostra vita? Siamo forse occupati? Il nostro cuore è forse occupato dall’odio, dalla vendetta oppure gli apriamo e gli diciamo: Gesù vieni a liberarci dal male?
Vedete cosa succede intorno a noi: guerre, smercio di droga, a volte per guadagnare soldi facilmente si arriva persino ad uccidere…
Noi dobbiamo accogliere Gesù che viene come hanno fatto Maria e Giuseppe, perché solo in Dio c’è la vita.
Che vita è quella vissuta nel peccato, nell’illegalità? Se abbiamo sbagliato siamo schiavi del male.
Noi ci vogliamo impegnare ad accogliere il Signore, tutti noi, anche le Istituzioni, anche la Chiesa, che accogliendo voi, accoglie Gesù stesso: Ero in carcere e mi avete visitato.
La Chiesa vi accoglie, è vicina a voi e si fa presente attraverso i cappellani, le suore, il volontariato.
- Abbiamo voluto la giornata diocesana per sensibilizzare la società civile riguardo alle problematiche che vi riguardano, e non vi consideri più come socialmente morti.
- Abbiamo voluto il centro diocesano per la pastorale carceraria.
- Abbiamo voluto che i Seminaristi venissero a trovarvi e a benedire le vostre stanze prima di diventare sacerdoti. E io ho avuto modo di costatare il cambiamento avvenuto in essi dopo l’incontro con voi.
- Vogliamo che tutte le parrocchie si mobilitino per aiutarvi e venirvi ad aiutare.
- Abbiamo voluto la Casa di accoglienza per i detenuti che, uscendo dal carcere, non sanno dove andare: ce ne sono adesso 6 o 7, ma la casa può contenere 15 fratelli.
- Stiamo per aprire anche una casa per le ex-detenute che escono e spesso non hanno nessuno che le aspetta.
- Abbiamo degli avvocati che volontariamente si prestano ad aiutare detenuti poveri.
- Abbiamo voluto il centro di ascolto per ex-detenuti, ma soprattutto per le famiglie che cercano consigli e aiuti.
Tutto questo perchè voi siete figli di Dio!, siete nostri fratelli! Perché anche se avete sbagliato possa per voi cominciare una vita nuova. Una vita riempita di valori umani e cristiani."
Dio vi aspetta a braccia aperte
"Molti di voi si potrebbero domandare: Il Signore ci perdona? Peccati come l’omicidio, lo spaccio della droga possono essere perdonati?
Sì, vi dico che se coloro che hanno commesso questi peccati sono pentiti Dio li perdona, ricordate la parabola del figliuol prodigo…Quando anche voi vi pentite e siete pronti a rialzarvi per tornare alla casa del Padre, Dio vi aspetta a braccia aperte."
Don Bruno Oliviero