Diritti Umani dei Detenuti
Un Seminario di due giorni organizzato dal Pontificio Consiglio “Giustizia e Pace” e la Commissione Internazionale per la Pastorale Penitenziaria Cattolica (ICCPPC).
Invitato dal Pontificio Consiglio “Giustizia e Pace” e dalla Commissione Internazionale per la Pastorale Penitenziaria Cattolica, ho avuto la grazia di partecipare ad un Seminario Internazionale il cui tema era "i Diritti Umani dei Detenuti". Il Seminario ha avuto luogo dal primo al due di Marzo 2005 nel Palazzo S. Callisto, sede del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace in Trastevere, Roma. Il giorno precedente, il 28 febbraio, percorrevo Via della Conciliazione per recarmi ad un incontro preparatorio in vista del Seminario nella Casa del Clero in Via Traspontina.
Il Seminario sarebbe stato un evento storico, perché per la prima volta un incontro su una materia così importante, come i diritti umani dei detenuti, era organizzato dal Pontificio Consiglio Giustizia e Pace. Erano presenti a Roma per il Seminario delegati dai cinque Continenti.
Per quasi un anno ho esercitato la mia missione sacerdotale a New York come cappellano nel carcere di Broklyn. In quella città tu sei capace di avvertire l’atmosfera d’Internazionalità che vi regna. New York è come un grande laboratorio, dove persone di tutto il mondo sono alle prese con la difficile sfida di vivere insieme e lavorare insieme nello sforzo di mantenere la pace. La posta in gioco è la possibilità di poter vivere in pace pur essendo di nazionalità e razze diverse.
A Roma, mentre stavo raggiungendo la Casa del Clero, una certezza ha attraversato la mia mente: sì, è possibile per gli esseri umani di tutto il mondo vivere in pace perché tutti siamo chiamati a far parte della grande famiglia di Dio. La Chiesa cattolica è una prova di questa possibilità.
Noi crediamo che
quando Dio ti rende consapevole della tua figliolanza divina allora tu capisci
che ogni essere umano è tuo fratello e sorella, anche quelli che, avendo
commesso qualche reato, sono costretti a vivere parte della loro vita nelle
prigioni. Sì anche i ristretti nelle carceri sono nostri fratelli e sorelle,
perché: “… quanti siete stati battezzati in Cristo, vi siete rivestiti
di Cristo. Non c’è più giudeo né greco; non c’è più né prigioniero né
libero... poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù.” (Gal.
3:28). Coloro che, per i loro reati, sono ristretti nelle carceri restano
figli di Dio e sono chiamati alla salvezza che Gesù Cristo ci ha conquistata
con il suo sacrificio. Il Signore Gesù “scende in campo”, e con Lui tutta
la Chiesa per riportarli riconciliati nella società civile ed ecclesiale che
non vede l’ora di celebrare questo evento: “Ci sarà più gioia in cielo
per un peccatore convertito che per 99 giusti che non hanno bisogno di
conversione.” (Lc.
15:7)
S.E. il
Cardinale Renato Raffaele Martino, Presidente del
Pontificio Consiglio “Giustizia e Pace” ha espresso molto bene il
significato del Seminario quando nelle sue conclusioni finali dice: “Prima
di tutto, ringraziamo il Signore per averci dato la straordinaria e storica
opportunità di ritrovarci in questo Pontificio Consiglio a condividere
esperienze, propositi di bene e progetti. Soprattutto il Signore ci ha concesso
di dare espressione alla nostra comune buona volontà di continuare nel nostro
impegno, ecclesiale e civile, per la piena affermazione della dignità umana dei
detenuti e dei loro diritti fondamentali….”
Lo
scorso mese d’Agosto Incontrai S.E. il Cardinale Renato Raffaele Martino, per
la prima volta durante la celebrazione Internazionale della Santa Messa Nella
Chiesa di S. Pio X a Lourdes. Dopo averlo ringraziato per l’appoggio da lui
dato alla pastorale Penitenziaria mi sentii dire: “Don Bruno mi piacerebbe
un giorno venire a Napoli e visitare il Carcere di Poggioreale.”
Il Sign. Christian Kuhn, Presidente del ICCPPC, Ha dato il benvenuto a tutti i partecipanti al Seminario, circa 80 delegati, tra di loro c’erano I Responsabili del Pontificio Consiglio “Giustizia e Pace” molti Cappellani generali provenienti da più di 20 paesi del mondo, rappresentanti del Vaticano, rappresentanti di Congregazioni religiose, esperti internazionali nel campo della difesa dei diritti umani (La Caritas Internazionale, la comunità di S. Egidio ecc…) e il Presidente dell’Associazione Ecumenica Internazionale per la Pastorale penitenziaria.
Il
Sign. Kuhn ha detto tra l’altro, “che i Cappellani delle carceri
non sono ingenui essi sono, coscienti dell’enorme pericolo che il crimine,
specialmente il crimine organizzato, il traffico della droga, e il terrorismo
rappresentano per la società, tuttavia la maggioranza di coloro che sono
detenuti sono poveri e emarginati, è in ogni caso difendere i diritti dei
detenuti, qualsiasi sia la loro tipologia, è il compito e la sfida principale
del nostro impegno quotidiano.”
I
Diritti Umani dei Detenuti: una sfida globale!
La relazione principale del primo giorno di Seminario è stata preparata dal dott. Eduardo Vetere, Direttore del Programma sulla Prevenzione del Crimine e della Giustizia criminale delle Organizzazioni delle Nazioni Unite. Dato che Il dott. Vetere non ha potuto partecipare all’evento, Il suo discorso è stato tenuto dalla sua delegata la Signora Jo Dedyne.
Innanzi tutto Il
dott. Vetere nella sua introduzione ha detto che: “Proteggere i diritti
umani dei detenuti…è veramente una sfida globale, oggi più che negli anni
precedenti. I Mass Media abbondano d’informazioni riguardanti situazioni
drammatiche nei paesi che escono da conflitti o che si trovano ancora a dover
vivere dei conflitti, ma anche i paesi più sviluppati devono affrontare il
problema del sovraffollamento nelle prigioni che espone i detenuti a violenze e
situazioni d’invivibilità che sono, di fatto, un attentato ai loro diritti”
Attualmente,
il numero dei detenuti nel mondo si aggira intorno agli 8.75 milioni; questo
significa che una su 700 persone nel mondo è tenuta in prigione.
Tra il 1995 e il 2002 il tasso d’incarcerazione è aumentato del 165 al
187 per 100,000 persone. L’America è al primo posto nella lista seguita
dall’Africa.
In
seguito il dott. Vetere, descrivendo l’evoluzione della difesa dei diritti dei
detenuti, ha detto che: “Le carceri negli ultimi due secoli sono state
sempre più usate per escludere gli agenti di reato dalla società con
l’intento di assicurare che tutti i membri della società si uniformino alle
sue leggi”.
Le
leggi e le tradizioni carcerarie sono pensate per difendere i diritti umani, ma
questo solo “in teoria” perché “in pratica” esse sono state spesso
usate per commettere orribili abusi come la tortura, uccisioni arbitrarie e
trattamenti crudeli e inumani. Dato
che le prigioni sono una
delle realtà sociali
meno visibili, gli agenti di reato erano destinati a veder annullati I loro
diritti dopo l’arresto e l’imprigionamento”
Oggigiorno “nonostante
che le tendenze attuali abbiano preso differenti strade nei diversi paesi del
mondo, tuttavia l’idea fondamentale alla base del processo di umanizzazione
delle prigioni è stata accettata da molti governi: il prigioniero non è più
considerato come un oggetto, che la legge lascia davanti alla porta della
prigione e che sarebbe condannato alla “morte sociale”
Dopo aver parlato delle Norme Minime per il Trattamento dei detenuti adottato delle Nazioni Unite e delle più importanti iniziative intraprese a livello nazionale il dott. Vetere ha posto la sua attenzione sulle linee da seguire per rendere più effettiva la difesa dei diritti dei detenuti:
a) Migliorare la condizioni carcerarie attuali;
b) Rafforzare il Sistema carcerario e il suo Personale;
c) La supervisione delle carceri da parte di istituzioni indipendenti dal sistema carcerario
d) La scuola e la formazione all’interno delle carceri
Il nemico numero
uno della vivibilità nelle carceri è il sovraffollamento. Gli sforzi per
ridurre il gap tra la legislazione nazionale e la pratica e tra le decisioni
giudiziarie e lo sforzo per migliorare l’area amministrativa sono inutili a
meno che non si elimini il problema del sovraffollamento, infatti “a queste condizioni tutto il
sistema penitenziario si deteriora, con delle serie ricadute negative per la
disciplina nell’Istituzione carceraria, il trattamento dei prigionieri, e la
protezione dei loro diritti umani. Infatti, il sovraffollamento può da solo
annullare ogni sforzo per umanizzare le prigioni. Fino a quando il problema del
sovraffollamento non sarà risolto, tutti gli sforzi messi in atto per
migliorare altri aspetti in un quadro complessivo di riforma delle prigioni non
avranno, probabilmente, nessun impatto significativo.”
La Comunità
Internazionale ha quindi fatto della riduzione del sovraffollamento il primo è
più importante oggetto di discussione nell’agenda sulle problematiche
penitenziarie. Gli Stati devono sviluppare delle azioni specifiche e porsi degli
obiettivi a scadenze determinate per affrontare in modo efficace il problema del
sovraffollamento…questo significa:
-
L’adozione di misure efficaci per ridurre la detenzione
cautelare (aumentando il ricorso alla cauzione e facilitando la possibilità per
il reo di affrontare il processo a piede libero;
-
L’uso dove è possibile, di alternative alla detenzione, (una
più vasta applicazione dello Standard Minimi adottato dalle Organizzazione
delle Nazioni Unite che riguardano la misure alternative alla detenzione);
-
Nella gestione dei reati minori, fare largo uso delle
tradizioni locali, della mediazione penale tra le parti, l’uso della pena
pecuniaria o della riparazione civile in favore della comunità (una più vasta
applicazione dei principi fondamentali nell’uso della giustizia riparativa
nelle questioni criminali);
-
Condurre campagne per sensibilizzare l’opinione pubblica e
rendere nota, attraverso sforzi di educazione civile, l’esistenza delle
alternative alla detenzione e il loro funzionamento con l’obiettivo di
favorirne l’accoglienza da parte della società civile.
b) Rafforzare
il sistema carcerario e il suo personale
Un
altro fattore che influirebbe negativamente sul regime carcerario e la
protezione dei diritti umani dei detenuti è la presenza di un personale non
qualificato e non addestrato. Per questo le priorità di qualsiasi Direzione
Carceraria dovrebbero essere: “Migliorare la performance e la qualità del
personale carcerario attraverso appropriati programmi di addestramento…sviluppare
politiche che assicurino che le motivazioni e l’impegno del personale
carcerario siano sempre più all’altezza della situazione; politiche che
assicurino un personale carcerario che svolga il suo lavoro con generosità e
ingegnosità…allo staff dovrebbero essere assicurate delle opportunità non
solo di avanzamento e realizzazione attraverso il riconoscimento e le
soddisfazioni per il lavoro svolto, ma anche dare la possibilità di influire
attivamente nell’impostazione delle politiche carcerarie… per ultimo ma non
per questo meno importante, un’adeguata remunerazione è di decisiva
importanza per reclutare e conservare il personale carcerario.”
c) La
supervisione da parte di organismi indipendenti dalla direzione delle prigioni.
c-a) Controllo
giudiziario della direzione delle prigioni
“Di
immensa importanza per la protezione dei loro diritti è l’accesso da parte
dei detenuti a Corti Indipendenti alle quali rivolgersi per presentare reclami
riguardanti la legalità della detenzione e le condizioni del loro isolamento.
In ottemperanza con il principio di controllo ed equilibrio, nessun cittadino,
qualsiasi sia il suo stato sociale, dovrebbe mai essere soggetto a una completa
e totale dipendenza da un non-supervisionato ramo del governo.”
C-b)
Procedure per reclami ed altri rimedi.
Di
grande importanza per il miglioramento delle condizioni carcerarie sono anche:
-
Visite
regolari di ispettori qualificati e di grande esperienza.
-
L’ingresso di visitatori
dall’esterno.
-
Chiaramente le procedure per
i reclami passano attraverso la struttura delle competenze del sistema
carcerario, pur tuttavia alcuni principi fondamentali dovrebbero essere
salvaguardati, tra questi: facile accesso, garanzie contro le rappresaglie,
riservatezza (se così è richiesto da colui che fa il reclamo) veloci procedure
e risposte scritte senza ritardi ingiustificati.
-
Il diritto di portare il
reclamo al difensore civico, una figura independente di riconosciuta integrità
rivestita dei poteri necessari per investigare e raccomandare le dovute
correzioni.
d)
La scolarizzazione in prigione.
Per
quanto riguarda la scolarizzazione in prigione il dott. Vetere ha affermato:
“Ci sono molte ragioni per appoggiare la scelta della scolarizzazione nelle
prigioni. Innanzi tutto i prigionieri, come tutte le persone hanno il diritto di
essere trattati con il rispetto che è dovuto alla loro intrinseca dignità di
esseri umani. Il giusto rispetto include l’osservanza dei diritti fondamentali
tra cui il diritto all’educazione. Secondo offrire ai detenuti la possibilità
di studiare può, come è stato ampiamente dimostrato, un mezzo per combattere
la recidività. Terzo, la scolarizzazione dei detenuti può preparare il futuro
rilascio e l’eventuale reinserimento nella società come cittadini a pieno
titolo.”
Strategie
per il futuro.
Dopo
aver ricordato che la pena detentiva si è
integrata così tanto nella nostra società da far pensare che non si
possa vivere senza di essa, il dott. Vetere
ha così continuato. “Fino a quando il sistema carcerario continuerà ad esistere e addirittura
a crescere, un grande numero di persone ci dovrà
vivere, amministrarlo e lavorarci in esso. La qualità della loro vita
dipenderà per la maggior parte dalla qualità degli orientamenti futuri in
campo di giustizia penale.
Da
qui la necessità di sfruttare ogni occasione per aumentare la coscienza civile,
a livello internazionale, dei
diritti dei prigionieri.”
Per
questo il dott. Vetere ricorda a tutti il prossimo 11° Congresso Internazionale
delle Nazioni Unite sulla Prevenzione del Crimine e sul Trattamento dei
Prigionieri che si terrà a Bangkok dal 18
al 24 Aprile 2005. “L’agenda provvisoria dell’11 congresso offre delle
opportunità richiamare sull’urgenza di migliorare le condizioni di vita dei
prigionieri: questo lo si potrà fare durante la considerazione del punto 7 che
tratta il tema: “Far funzionare gli standard: 50 anni da quando si fissarono
gli standard per la prevenzione del crimine e la giustizia criminale”; o
durante i lavori per il gruppo 2 che tratta il tema:
“Migliorare la Giustizia Criminale incluso la Giustizia Riparativa.”
In
questo contesto il dott. Vetere spera “che la Carta dei Diritti
Fondamentali dei Prigionieri sia adottata dal’11°
Congresso delle Nazioni Unite.”
Infine
il dott. Vetere ha concluso il suo intervento con un auspicio: “Per questo
per il bene di tutti gli esseri umani che vivono nelle carceri di tutta la
terra, io spero, sinceramente, che lo spirito di questo Seminario sia portato a
Bangkok e che Bangkok possa
rappresentare un passo
avanti sulla strada verso una umanizzazione maggiore delle carceri in
tutto il mondo.”
I
diritti dei Prigionieri sono a rischio?
Dopo
l’intervento principale si è tenuto un panel di discussione riguardo ai
rischi che i prigionieri corrono di non vedere osservati i loro diritti. Questo
dibattito è stato portato avanti da esperti internazionali in questo campo
come: Il vescovo Vives Sicilia,
dalla Spagna; La Signora Silvia Casale, presidente del Comitato Europeo
per la prevenzione della tortura e di qualsiasi trattamento inumano o degradante
della dignità umana (CPT); il Dott. Jean Paul Laborde, Direttore
dell’area della prevenzione
contro il terrorismo delle Nazioni Unite; La Baronessa Vivien Stern,
Segretaria per la Riforma Penale
Internazionale; Il Signor Joseph Etima, Responsabile Generale delle
prigioni in Uganda.
Vedere
il volto di Cristo nei nostri fratelli e sorelle detenuti in carcere.
Il
principale intervento del secondo giorno del Seminario è stato tenuto da S.E.
il Card. Dario Castrillòn
Hoyos, Presidente della
Congregazione Vaticana per il Clero.
Il Card. Castrillòn ha cominciato il suo intervento ricordando il gesto inatteso del
Santo Padre Giovanni Paolo II, il quale volle visitare nel carcere di Regina
Coeli, colui che lo aveva colpito con alcuni colpi di arma da fuoco in Piazza S.
Pietro il 13 Maggio 1981. Il nome del suo assalitore è
Mehmet Alì Agca. Il Santo Padre volle incontrarlo per …perdonarlo!
Le
immagini di quest’ incontro trasmesse attraverso I Mas Media commossero tutto
il mondo e furono il più grande insegnamento che il Papa potesse dare riguardo
al perdono.
Il Card. Hoyos ha
ricordato questo evento con l’intento di riaffermare la nostra fede. Noi cristiani abbiamo la capacità di scoprire il volto di Cristo in ogni
essere umano, anche se, per colpa del peccato,
è sfigurato.
-
Prima di tutto la Chiesa ha la missione di annunciare il Vangelo dovunque,
anche in prigione.Gesù Cristo è il Salvatore
dell’umanità, specialmente dei più bisognosi della sua misericordia.
Egli venne nel mondo per donarci la libertà dal peccato.
-
Secondo, il Cardinale Hoyos,
è convinto che una vera pastorale carceraria dovrebbe servire realizzare un
incontro personale tra i detenuti e Gesù Risorto. Cioè una pastorale che
permetta al detenuti di fare una vera esperienza di fede.
-
Terzo, il Cardinale ha sottolineato che il Cappellano non è tanto il
Cappellano del carcere, ma il
Cappellano di Coloro che “vivono in carcere”, Grande è il pericolo quando
ci si trova in strutture del genere di dimenticare che il sacerdote è
innanzitutto al servizio delle persone.
Il
Cappellano è un “altro Cristo” e deve ricercare il volto del Cristo nelle
persone che incontra tutti i giorni nelle prigioni.
I Cappellani non devono dimenticare che l’obiettivo della loro vita è la santità: “Il cappellano è l’uomo che vede Cristo in tutti I fratelli e sorelle e cerca di modellare in loro l’ideale dell’uomo nuovo, creato da Dio nella giustizia e nella santità, creato a Immagine e somiglianza di Dio.”
Commissione
Internazionale per la Pastorale Penitenziaria Cattolica (ICCPPC).
Il
Dott. Kuhn, Presidente
del ICCPPC, ha poi descritto brevemente l’impegno che la Chiesa ha preso sin
dall’inizio per la cura dei detenuti e ha affermato che: “Il ministero
della Commissione si basa sulla missione centrale della Chiesa: portare la buona
notizia di Gesù Cristo in tutto il mondo.
Con questa chiara attitudine evangelica la Commissione intende
contribuire a preservare e promuovere la dignità della comunità carceraria,
sia I residenti che il personale, come anche a lavorare per il
loro pieno sviluppo sia
umano che religioso.” Quindi ha riassunto la storia della Commissione fin
dalla fondazione nel 1950. Fu S.E. il Card. Montini, più tardi Papa Paolo
VI, che diede l’ input per la creazione della Commissione.
“Essa quindi esiste da più di 50 anni, anche se il suo nome è cambiato molte
volte..”
Nel suo
intervento il dott. Kuhn ha voluto
focalizzare il ministero della Commissione, il modo in cui essa lavora e le
sfide che sta affrontando.
Per
quanto riguarda il ministero Il dott. Kuhn
fa ricorso ad alcuni aspetti teologici fondamentali:
“La
riconciliazione vista nelle sue tre dimensioni: riconciliazione con se stessi;
riconciliazione con gli altri; e riconciliazione con Dio. La riconciliazione,
nelle sue tre dimensioni, è la
prospettiva nella quale si svolge il nostro lavoro quotidiano, tenendo presente
che queste tre dimensioni sono strettamente legate tra loro e non possono essere
separate.”
Per
quanto riguarda i principali obiettivi della Commissione essi sono:
-
“Incoraggiare nella Chiesa
universale e in tutte le nazioni una coscienza più profonda dell’importanza
della pastorale carceraria…
-
Organizzare
corsi di formazione per cappellani
e volonatari cattolici che lavorano in carcere
Riguardo
alle sfide che la Commissione sta affrontando il dott. Kuhn ha elencato le
seguenti:
-
Il
sovraffollamento: “Siamo convinti che molti di coloro che si trovano in
carcere non dovrebbero di fatto esserci.
Molto spesso il carcere diventa la risposta inappropriate per ogni sorta di
problema sociale …non c’è nessun dubbio che una delle maggiori cause del
crimine e dei comportamenti criminali è la povertà e gli svantaggi sociali…”
-
La violazione dei diritti umani
dei detenuti: Il titolo del panel
di discussione di ieri è stata una domanda: I diritti umani dei prigionieri
sono a rischio? Dopo tutto quello che abbiamo ascoltato e quello che i
cappellani delle carceri hanno detto noi dobbiamo rispondere “sì!”. In
troppi luoghi nel mondo I diritti umani dei detenuti sono a rischio! Questo è,
grazie a Dio, non dovunque e in qualsiasi situazione…Riferirò solo alcuni
esempi:
a)
Ci sono prigioni dove non sono garantiti i diritti fondamentali dei
prigionieri in termini di cibo, salute, o addirittura strutture. Questo è
specialmente il caso di prigioni che si trovano in paesi poveri…
b)
Il problema delle minoranze nelle prigioni deve essere preso in seria
considerazione…
c)
Un altro problema riguarda coloro che devono vivere lunghi periodi di
detenzione in attesa di giudizio o senza avere
accesso al diritto alla difesa.
d)
Non posso parlare della questione dei diritti umani dei prigionieri senza
parlare dell’orrore della tortura…
e)
In questo contesto non dobbiamo mai dimenticare coloro che sono in
prigione per la loro opinione politica o religiosa.
f)
Vorrei anche aggiungere il
diritto che i prigionieri dovrebbero avere a un futuro produttivo nella società
una volta espiata la loro pena.
g)
La nostra Commissione si
oppone fermamente e chiaramente all’uso della pena di morte...
h)
Un’altra sfida è il rapporto con i svariati gruppi di chiese
Evangeliche che entrano nelle carceri per compiere la loro missione…
Lasciatemi
concludere, ha detto il dott.
Kuhn, con le parole del Santo
Padre Giovanni Paolo II quando rivolgendosi ai detenuti in occasione del
Giubileo dell’anno 2000 afferma: “Possa il Signore Risorto, che entrò nel
cenacolo a porte chiuse, entrare in tutte le prigioni del mondo, e trovare un
benvenuto nei cuori di coloro che vi si trovano reclusi, portando pace e serenità
a tutti”.
L’intervento
del dott. Kuhn è stato seguito da un panel di discussione che ha dato
l’opportunità ai cappellani di condividere le loro esperienze. Il panel è
stato portato avanti da Suor Van Baalen proveniente dagli Stati Uniti;
dal Rev. Elie Nasr proveniente dal Libano; dal Rev. Andres Fernandez
proveniente dalla Colombia; dal Sign. Diamante proveniente dalle
Filippine; dal Rev. Dr. Waliggo proveniente dall’Uganda e dal Diacono
Peter Echtermeyer proveniente dalla Germania.
Dopo Il Dibattito generale il Card. Martino ha esposto a tutta l’assemblea le sue conclusioni.
Don Bruno