Incontro dei Cappellani di carcere a Nisida
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Raggiunta quota 62.057
Il giorno 12 Maggio 2009 si è svolto nel Carcere minorile di Nisida l’incontro annuale tra i Cappellani della Regione Campania e l’Ispettore Generale dei Cappellani d’Italia, Mons. Giorgio Caniato. E’ un incontro molto importante che si svolge annualmente e che cerca di tradurre nella realtà della regione, i temi che si discutono a livello nazionale. Esiste infatti un Consiglio Nazionale dei Cappellani di Carcere che annualmente affronta le problematiche più scottanti del momento. Secondo gli ultimi dati del Dap al 4 Maggio 2009, nelle 207 Carceri Italiane risultano essere presenti 62.057 detenuti a fronte di una capienza regolamentare di 43.201 posti e di un limite tollerabile di 63.702. I detenuti in attesa di giudizio sono 30.892, mentre quelli condannati in via definitiva sono 29.317. Il tema dell’incontro è stato la crescita vertiginosa di detenuti stranieri nelle Carceri Italiane: attualmente sono presenti in esse 22.837 detenuti stranieri, il 37,17%. Nel dettaglio 8.441 detenuti europei, 11.986 africani, 1.109 asiatici, 1.201 americani. Anche la sensibile crescita dell’aumento degli atti di violenza perpetrati ai danni di agenti penitenziari (circa 670 negli ultimi 12 mesi) è direttamente proporzionale alle presenze dei detenuti stranieri. Le domande che si è posto il Consiglio Nazionale dei Cappellani riguardano il ruolo del Cappellano in un contesto così variegato di religioni, lingue, culture differenti dalla nostra. Il provveditore del DAP, Dott. Contestabile, ha fatto, tra l’altro, chiaramente notare come queste problematiche tocchino solo marginalmente la situazione del sud, visto che la percentuale di presenze straniere nelle carceri del sud è di appena il 13 % , mentre in alcune carceri del nord si arriva anche al 34% e al 50%. Giustamente il dott. Contestabile ha fatto notare che i problemi che la nostra regione deve affrontare sono altri, e ha inoltre espresso pubblicamente la sua stima nei confronti della Chiesa e della sua azione nel mondo delle carceri.
Anche se l’osservazione del Dott. Contestabile è vera, io credo che, fondamentalmente, sia la forte presenza di stranieri nelle carceri del nord, sia la forte presenza di detenuti Italiani nelle carceri del sud hanno, paradossalmente, un minimo comune denominatore.
Nell’attuale sistema economico mondiale, così come si sviluppa nell’epoca attuale definita post-moderna, c’è un, per così dire, sovrappiù di umanità tagliata fuori dai circuiti del lavoro, dell’istruzione, etc. Per spiegare meglio a cosa mi riferisco, vorrei citare un passo tratto dal libro, “Il Business Penitenziario” Elèuthera Editrice 1993, di Nils Christie, Criminologo, docente all’università di Oslo. Così si esprime Christie a pag. 9 : “Le società di tipo occidentale si trovano ad affrontare due problemi principali: la ricchezza è distribuita ovunque inegualmente; così pure l’accesso al lavoro retribuito. Entrambi i problemi sono in potenza fonte di conflitti. L’industria del controllo del crimine è adatta ad affrontarli entrambi. Questa industria da una parte fornisce profitto e lavoro e dall’altra produce il controllo di coloro che altrimenti potrebbero disturbare il processo sociale …”
Il lato oscuro della globalizzazione
Jeremy Rifkin, autore del libro “L’era dell’accesso” Mondadori 2000 e presidente della “Foundation on Economic Trends” con sede a Washinton D. C., in un articolo pubblicato sul settimanale “Panorama” del 27 settembre 2001 così descrive il “lato oscuro” della globalizzazione: “Basti pensare al fatto che oggi il patrimonio totale dei 356 individui più ricchi del mondo supera il reddito annuo complessivo del 40% dell’umanità. Mentre parliamo in toni entusiastici di globalizzazione, e-commerce e rivoluzione della telecomunicazione, ben il 60% della popolazione mondiale non ha mai fatto neppure una telefonata e un terzo non ha l’elettricità. Nell’era dell’economia sempre più globale, quasi 1 miliardo di persone sono disoccupate o sottoccupate, 850 milioni malnutrite e centinaia di milioni non hanno sufficiente acqua potabile o abbastanza carburante da riscaldare le proprie case. Metà della popolazione mondiale è irrimediabilmente esclusa dall’economia ufficiale, obbligata a lavorare sul mercato nero o per la criminalità organizzata. Per non parlare dell’attacco spietato della globalizzazione alla diversità e identità culturale.”
Riferendosi all’attuale crisi economica che attanaglia tutto il mondo occidentale, il Santo Padre Benedetto XVI, durante la santa Messa del 1 gennaio 2009, ebbe a dire che la crisi economica deve condurre ad una “revisione profonda del modello di sviluppo dominante” per dare spazio alla “sobrietà e alla solidarietà”. Lo esige “… più ancora che le difficoltà finanziarie immediate, lo stato di salute ecologica del pianeta e, soprattutto, la crisi culturale e morale, i cui sintomi da tempo sono evidenti in ogni parte del mondo”. Secondo Benedetto XVI “per combattere la povertà iniqua, che opprime tanti uomini e donne e minaccia la pace di tutti, occorre riscoprire la sobrietà e la solidarietà, quali valori evangelici e al tempo stesso universali”.
La risposta del G20 di Londra
L’appello di Benedetto XVI sembra essere stato raccolto da i grandi della terra radunatisi a Londra lo scorso Aprile. Per la prima volta il tema della giustizia sociale è emerso, non come una concessione da fare a margine del discorso più serio di come uscire dalla crisi, ma come chiave di volta proprio per uscire dalla crisi. Il mondo oggi è sempre di più un “villaggio globale” e nessuno stato può credere di svilupparsi da solo a scapito degli altri. Vorrei riportare alcune espressioni del Presidente Barak Obama nella conferenza stampa da lui concessa alla fine del Summit. La chiave per risolvere i problemi, secondo il Presidente degli Stati Uniti, è solo quella dell' approccio multilaterale: “Se una persona dieci anni fa avesse immaginato di vedere seduti insieme Germania e Francia, Cina, Russia, India e un presidente americano con il nome Obama, se avesse immaginato ex avversari e anche ex nemici uniti per mettere a posto l' economia mondiale avrebbero detto che era pazza”. E, dopo aver annunciato che l' aiuto alimentare degli Stati Uniti ai Paesi più poveri sarà raddoppiato ad oltre un miliardo di dollari, ha aggiunto: “Il tipo di leadership che abbiamo bisogno di conoscere ora è quella che dà ai paesi emergenti nuove opportunità e nuove vite”.
Don Bruno Oliviero