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Giustizia tra Vendetta e Perdono
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Bisogno di sicurezza
Di fronte a tanti crimini e a tante efferatezze che quotidianamente avvelenano la convivenza civile la società avverte un’esigenza di maggiore sicurezza e il desiderio di una giustizia più giusta, più efficiente e più rapida, più certa!
Quale strategia perseguire per realizzare questa esigenza di sicurezza e questo desiderio di giustizia?
La strada della repressione e della vendetta, o quella della riabilitazione e del Perdono?
Ogni volta che viene commesso un crimine, l’opinione pubblica si divide in due correnti: Coloro che vogliono per l’agente del reato una punizione esemplare e coloro che sono piuttosto inclini al perdono e alla riabilitazione di coloro che delinquono.
Due concezioni di Giustizia
Nella mente dei più queste due concezioni della Giustizia: da
una parte la Giustizia Retributiva e dall’altra la Giustizia
Riabilitativa sono nettamente contrapposte.
Da un lato infatti coloro che intendono la Giustizia come un “far pagare” per i
crimini commessi intendono “questo far pagare” come l’inflizione di una
punizione, di una sofferenza che deve essere l'equivalente della sofferenza che
il criminale ha inflitto alle vittime dei suoi crimini e alla società in genere:
“deve soffrire come ha fatto soffrire gi altri”.
Giustizia Retributiva
Il Carcere, in questa concezione, è l'unica pena prevista, è il luogo dove l'agente del reato privato della libertà, con tutto quello che è insito nella pena detentiva, "paga" per quello che ha fatto. (La famosa legge del taglione: occhio per occhio e dente per dente).
Costoro che esigono l’esemplarità e la certezza della pena, non vedono di buon occhio coloro che invece parlano di perdono e di riabilitazione, quasi che questo significasse per l’agente del reato un “farla franca”, quasi che il perdono facesse spazio a un “buonismo” che chiude gli occhi davanti alla gravità del crimine e favorisce l’impunità e la reiterazione del crimine. In questa concezione della Giustizia, il perdono viene ridotto a un atto personale della coscienza individuale della persona, ma che non deve avere nessun impatto reale con l’applicazione della giustizia che deve, in ogni caso,… “seguire il suo corso”.
Giustizia Riabilitativa
Dall’altra parte ci sono quelli che sentono nel più profondo del cuore
l’esigenza del Perdono e della Riconciliazione e credono fermamente che una
Giustizia che sia veramente tale debba concedere una seconda chance a coloro che
commettono reati.
In questa concezione della Giustizia bisogna dare ampio spazio, per i reati non gravi, a pene alternative al carcere (Il carcere non può essere l'unico modo di "punire" l'agente del reato) e riservare la pena detentiva solo a chi commette crimini che destano maggiore allarme, che ledono gravemente valori e interessi preminenti e intangibili secondo le sapienti parole pronunciate dal Capo dello Stato, Giorgio Napolitano nella sua visita al carcere di Rebibbia l'8 Maggio 2007.
Sempre secondo questa concezione di Giustizia riabilitativa, la "punizione" deve essere intesa sempre di più come un percorso, faticoso, sofferto, verso la riparazione e la piena riabilitazione del detenuto. La difficoltà nell’armonizzare queste due esigenze tra loro dipende proprio dal non conoscere il significato profondo di entrambe.
In realtà l'agente del reato deve "pagare" per il crimine commesso, ma è proprio il significato del "pagare" che va rivisitato. Non significa "pagare" proprio la fatica, lo sforzo, la sofferenza che l'agente del reato deve affrontare per "cambiare" il proprio modo di vivere e imparare a vivere nella legalità?
Prevenire e riabilitare produce la vera sicurezza
In realtà quello che le vittime del reato esprimono è proprio questo: "non doveva accadere, non dovrà più accadere". E' il grande impegno della prevenzione nel quale la società civile deve investire:
1) Più aiuto alle famiglie (secondo le ultime statistiche e all'interno del nucleo familiare che si verificano il maggior numero di crimini contro la persona);
2) una scuola più qualificata e attrezzata per affrontare le sfide della postmodernità (tra le varie sfide il fenomeno del bullismo è sotto gli occhi di tutti);
3) più aiuto ai giovani "esasperati" dell'eterna precarietà...(Come si può vivere sicuri nella società, quando la “sicurezza” dei diritti è precaria?):
4) Globalizzare la solidarietà...(Come possiamo pensare di vivere sicuri nel nostro paese, quando milioni di nostri fratelli e sorelle vivono nella fame e nell'abbandono più assoluto?)
Scommettere sull'uomo
Come cristiano, come sacerdote e come Cappellano del Carcere di Poggioreale, credo fermamente nella possibilità dell'essere umano di cambiare la sua condotta malvagia e perseguire un cammino di onestà e rettitudine all'interno della Società civile. E' un ottimismo legato alla fede nel Dio che si è fatto uomo, che è morto e risorto per redimere l'umanità intera "chiusa" nella "Prigione" dell'egoismo.
Gesù, il Figlio di Dio, ha scommesso (e per questa scommessa ha dato la vita) che anche il più perduto tra gli uomini può, se si apre all'amore di Dio, diventare un "Campione" di umanità.
Credo che tutti quelli che si professano cristiani dovrebbero permettere a questa fede di rivoluzionare l'idea che hanno della Giustizia.
Don Bruno Oliviero