Le nuove generazioni educate dal... "flusso mediatico" ?
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Educare alla vita buona del Vangelo
Giovedì 28 Ottobre scorso è stato pubblicato il documento programmatico della Pastorale della Chiesa Cattolica in Italia per i prossimi dieci anni preparato della CEI, dal titolo “Educare alla vita buona del Vangelo” come risposta alla sfida educativa che la Chiesa e le altre agenzie dell’educazione sono chiamate ad affrontare. Il Documento, pur non minimizzando queste sfide, è attraversato da un afflato di ottimismo derivante dalla “riserva escatologica” alla quale quotidianamente attingere la speranza che non delude (cfr. Rom. 5,5) N° 7. Impossibile sintetizzare questo documento al quale rimando come a testo guida che ci deve orientare nei prossimi anni. In questo contesto vorrei solo comunicarvi un aspetto, quello che mi ha colpito dopo una prima lettura.
Il documento riconosce che le Agenzie educative tradizionali, Famiglia, Scuola, Chiesa, sono state in parte soppiantate dal flusso mediatico, per cui l’impegno educativo sul versante della nuova cultura mediatica dovrà costituire, negli anni a venire, un ambito privilegiato per la missione della Chiesa (n°51)
Credo che dovremmo dare la giusta importanza a questa affermazione che i vescovi fanno quasi alla fine del documento, ma che nella loro “mente” è, a mio modesto parere, in cima alle loro preoccupazioni, tanto che subito dichiarano che a questo ambito sarà dato un posto “privilegiato” nel futuro dell’impegno educativo. Certo l’affermazione è “forte”: “Il flusso mediatico ha in parte soppiantato le agenzie educative tradizionali.” A volte l’impressione è che il flusso mediatico vada oltre: non solo soppianta, nell’opera educativa, le agenzie tradizionali, ma le ostacola, le denigra fino a distruggerle. Non è arbitrario, dopo quello che fra poco diremo, sospettare che le Multinazionali, che hanno fatto dei media lo strumento per eccellenza per incrementare il consumo dei loro prodotti, abbiano tutto l’interesse a disintegrare ogni tipo di relazione tra le nuove generazioni e gli adulti.
Mi ha impressionato molto quello che ho letto riguardo all’uso, a mio parere, spregiudicato della propaganda per distruggere il rapporto di fiducia tra bambini e adulti. Per l’approfondimento rimando al testo di Juliet B. Schor, (Juliet B. Schor, economista di formazione è docente di sociologia al Boston College) “Nati per comprare” Apogeo 2005, dal significativo sottotitolo: Salviamo i nostri figli, ostaggi della pubblicità.
Infanzia rubata?
L’impressione è che stia succedendo qualcosa di più grave di quello che i vescovi descrivono come «“infanzia rubata”, cioè di una società che rovescia sui bambini messaggi e stimoli pensati per i grandi.» (n°31)
In genere tutto ciò è conseguenza del numeroso tempo che i bambini trascorrono davanti alla televisione, strumento che nel tempo è diventato la primaria fonte di apprendimento e, quindi, luogo di formazione del minore come consumatore. Juliet B. Schor afferma come già ad un anno di età i bambini guardano in televisione i Teletubbies, già a diciotto mesi riescono a riconoscere i marchi dei vari prodotti e prima dei due anni sono in grado di chiedere le cose chiamandole con il proprio termine commerciale (ad esempio una Bratz o un Burger King al posto di una bambola o di un panino). Tale autrice dichiara inoltre che già dai tre anni ai tre anni e mezzo di età i bambini iniziano a credere che i marchi abbiano la capacità di comunicare ed esprimere le loro caratteristiche personali, ovvero il loro essere cool, strong o smart. I bambini a tredici anni hanno già visto circa quarantamila spot pubblicitari ogni anno e, così, una volta adolescenti, cercano sempre più di assomigliare agli stereotipi comportamentali proposti dai media.
Primo comandamento (del Marketing): essere “Figo”!
All’interno del terzo capitolo (p.43), dal titolo “Da Tony Tigre a Slime Time Live”, c’è il paragrafo titolato “il marketing del cool” ( noi in Italia diremmo Il marketing dell’essere “figo”). In questo paragrafo l’autrice evidenzia come il concetto di cool sia stato trasformato dai venditori come “la chiave del successo sociale, ciò che determina l’appartenenza di gruppo, la popolarità e l’accettazione sociale. Non c’è alcun dubbio che il desiderio di essere accettato è un tema centrale della crescita, ma i venditori lo hanno elevato al sine qua non della psiche dei bambini.” (p.52)
A pag. 53 l’autrice afferma che da una inchiesta “condotta su 4.002 bambini dalla quarta elementare alla terza media emerge che il 66% sostiene di essere cool. E in parte questo è dovuto al fatto che l’essere cool è diventato il tema dominante del marketing rivolto ai bambini.”.
L’autrice espone le caratteristiche fondamentali che il marketing ha attribuito all’essere cool. (Vorrei davvero invitare caldamente tutti coloro che hanno a cuore il futuro dei loro bambini di comprare questo libro e leggerlo con attenzione).
1) Il cool è qualcosa di esclusivo, vale a dire costoso. “Essere cool significa possedere qualcosa che gli altri non hanno. Questo fa sentire il bambino speciale ed è anche la scintilla che lo spinge a cercare l’ultimo prodotto cool” (Pag 53) (questo insinua nella mente del bambino anche l’idea che la ricchezza, e l’aspirazione alla ricchezza sono cool).
2) Sei cool quando sembri più grande della tua età. “I venditori si appropriano di questo desiderio comune dei bambini e lo ripropongono in una varietà di modi” (pag 54)
3) Il cool “è anche associato a una sensibilità anti-adulta, dal momento che le pubblicità ritraggono bambini che battono in astuzia gli insegnanti o imbrogliano i loro genitori” (pag 54)
4) Cool è anche qualcosa che parla del proibito, del pericolo, del tabù. “Tra i pubblicitari, “limite” è stata e rimane la parola del momento – non ‘oltre’ il limite, perché sarebbe troppo pericoloso, ma ‘al limite’, ‘forzando il limite’. (pag 54)
Qualcosa a proposito di Nickelodeon
A pag 57 Juliet B. Schor si chiede:
“cos’altro è cool? Basandoci su quello che si vende nella cultura del consumo, dovremmo concludere che i bambini sono cool e gli adulti non lo sono. Eccoci arrivati al punto … L’America ha una lunga storia di conflitti generazionali e di ribellioni giovanili … Più di recente, è stata Viacom la maggiore responsabile della strumentalizzazione della ribellione giovanile in pubblicità. Una tendenza che è cominciata con MTV e il suo pubblico di adolescenti, quando questo network estremamente popolare ha investito sul desiderio degli adolescenti di allontanarsi e ribellarsi ai propri genitori. MTV ha permesso loro di immergersi in una cultura sempre più rarefatta con le proprie mode, linguaggi e atteggiamenti. Con il tempo, parte di questa sensibilità si è diffusa tra il giovane pubblico di Nickelodeon.
Nickelodeon è stata fondata nel 1979 come televisione via cavo (In Italia nel 1997 Rai Sat 2 comincia trasmettere tre ore al giorno, ma il 1 1novembre 2004 parte sul satellite. Nel 2009, il canale ha subito un restyling e dal 31 luglio 2009 è disponibile sul canale 602 e 605 di SKY. Vedi http://it.wikipedia.org/wiki/Nickelodeon_(rete_televisiva ), ma da allora si è trasformata in un’identità di marchio trascendente, che vende un’enorme gamma di prodotti, nonché il suo rapporto diretto con i bambini. Alla fine Nickelodeon dominerà i media per i bambini. Domina l’80% di share, i canali televisivi via cavo per i bambini … Il segreto del successo di Nickelodeon è la sua filosofia di base: comandano i bambini … è sempre dalla loro parte in un ambiente spesso ostile … Tendenze simili sono osservabili nei programmi televisivi. La giornalista Bernice Kanner nota che ‘i papà televisivi’ – e in minor misura le mamme - una volta erano descritti come amorevoli e saggi; oggi sono descritti come negligenti, incompetenti, violenti o insignificanti …“.
E Nikelodeon non è l’unica, nel mondo del marketing ad agire in questo modo … la Schor, quindi, mette in guarda: “E’ importante riconoscere la natura del messaggio della Corporation: i bambini e i prodotti stanno insieme, in un grande universo divertente, mentre i genitori, gli insegnanti e gli altri adulti vivono in un mondo oppressivo, monotono e triste. Ciò che viene trasmesso ai bambini è che il prodotto, e non i genitori, è davvero dalla loro parte.”
Certo Il marketing con il suo flusso mediatico non è il solo responsabile, ma io mi chiedo: dopo un simile indottrinamento, che comincia dalla nascita, c’è da meravigliasi se siamo in piena “emergenza educativa”?
Alleanza educativa
I vescovi Italiani negli orientamenti Pastorali per il prossimo decennio, invocano un’alleanza educativa in questo campo: “fra i diversi soggetti. Perciò sarà importante aiutare le famiglie a interagire con i media in modo corretto e costruttivo, e mostrare alle giovani generazioni la bellezza di relazioni umane dirette. Inoltre, si rivela indispensabile l’apporto dei mezzi di comunicazione promossi dalla comunità cristiana (tv, radio, giornali, siti internet, sale della comunità) e l’impegno educativo negli itinerari di formazione proposti dalle realtà ecclesiali. Un ruolo importante potrà essere svolto dagli animatori della comunicazione e della cultura, che si stanno diffondendo nelle nostre comunità, secondo le indicazioni contenute nel Direttorio sulle comunicazioni sociali” (Vescovi Italiani, Educare alla vita buona del Vangelo, n° 51)
P. Elia del M.C.