Persone "dentro" e Volontari "fuori"
Padova, Carcere Due Palazzi, Giornata di studi sul Volontariato penitenziario e l’informazione, 26 Ottobre 2001
E' stato questo il tema della giornata di studi sul Volontariato e l’informazione organizzata dal Centro Documentazione Due Palazzi di Padova, dalla Conferenza Nazionale Volontariato Giustizia e dalla Casa di Reclusione di Padova. La giornata di studi si è svolta proprio all'interno di quest'ultima il 26 Ottobre 01.
Coordinato da Stefano Transatti, Direttore di "Redattore sociale”, il convegno si è arricchito degli interventi di vari relatori tra cui Livio Ferrari, presidente della CNVG, il dottor Emilio Di Somma, vice direttore del Dipartimento di Amministrazione Penitenziario (DAP) e don Luigi Ciotti, fondatore del Gruppo Abele.
Stefano Transatti ha sottolineato che non è scritto da nessuna parte che, coloro che sono sottoposti a indagine da parte delle autorità costituite; che sono in prigione per la custodia cautelare in attesa di giudizio o per scontare una pena comminata dalla giustizia italiana, debbano perdere alcuni dei diritti fondamentali sanciti dalla Carta dei diritti dell'uomo proclamata a Bruxelles, quale per esempio: il diritto alla salute. Secondo il Presidente dell'associazione dei medici che lavorano negli Istituti penitenziari, 1'80% dei detenuti entra sano ed esce ammalato.
L' Informazione deve essere corretta
Ornella Favero coordinatrice del periodico “RISTRETTI ORIZZONTI” e responsabile del Centro Documentazione ha richiamato l'attenzione sull'esistenza di un'informazione scorretta e sensazionalistica (almeno nei titoli) portando un esempio di grande efficacia. Sul quotidiano La Repubblica di qualche tempo fa si sosteneva che, tra gli immigrati, uno su dieci era ammalato di AIDS: facendo i calcoli risultava che 170.000 immigranti erano ammalati di AIDS. In realtà la vera notizia era che su dieci ammalati di AIDS uno solo era immigrato, quindi circa 4.700 invece 170.000 .Una bella differenza, non è vero?.
Ornella Favero ha dunque ribadito l'importanza di lavorare ad una cultura dell' informazione che sia vera, reale, che non nasconda le problematiche, che aiuti a creare quello che il rappresentate dell'Associazione Antigone ha definito Carcere Trasparente
Non solo ma, sempre secondo Ornella, "Noi crediamo che i detenuti non debbano più farsi delegare dal volontariato nel far conoscere la loro realtà. Essi stessi debbono informare l'opinione pubblica sulla loro realtà"
I Mass Media non devono essere a servizio dell' esclusione
A questo riguardo durante la giornata è stato trasmesso più volte il Notiziario TG 2 Palazzi realizzato interamente dal centro televisivo del Carcere Due Palazzi sotto la guida di Antonella Barone, educatrice con un passato di giornalista e responsabile della redazione del notiziario
"Il TG 2 Palazzi è, nel suo genere, un' iniziativa unica: attività redazionale, riprese e montaggio si svolgono interamente nello studio interno all'Istituto, mentre per i servizi esterni si avvale dei reportage anche di inviati in permesso o misura alternativa. Il notiziario, trasmesso fino a poco tempo fa nel circuito televisivo del carcere, documenta incontri, convegni, seminari, manifestazioni sportive, spettacoli ed altri momenti di una vita culturale interna spesso intensa; fornisce indicazioni ai detenuti sulla normativa vigente nell'Istituto, su corsi scolastici, di formazione e altre opportunità; affronta temi riguardanti il disagio e l' emarginazione; informa su iniziative volte al recupero e al re inserimento promosse da enti locali, istituzioni e volontariato sociale; dibatte e approfondisce, grazie anche alla consulenza di avvocati e giuristi, argomenti di carattere legale e penitenziario”.
Da oltre un anno si è affiancata, all'attività del TG 2 Palazzi,quella del D. V.DEO, laboratorio multimediale e di regia digitale, realizzato grazie al contributo didattico dell’'associazione Art Rock Café di Abamo.
All'attivo: documentari sulle attività interne e sulla condizione degli stranieri in carcere (Oltre le sbarre e United Colors of Ristretti), il corto Frescomoda (Premio FEDIT- AGIS 2000), “Un’ idea in cinque minuti" e la nomination per l 'Italia al festival " Potokina " di Colonia.). In cantiere: una fiction, "L 'importanza di chiamarsi Totò " e tra i progetti, quello di avviare una attività di produzione di elaborati videodigitali (spot, smart cards, cerimoniali, videoclips, etc.) e di formare cameraman, tecnici di montaggio e altri professionisti del settore, in grado di trovare un inserimento qualificato nel mondo del lavoro.
Da settembre 2001 il TG 2Palazzi, che ha all'attivo oltre 100 numeri, viene trasmesso, dall'emittente televisiva RTR, ogni venerdì alle 18,33, con replica la domenica alle 12,30.
A spettatori "liberi” ci si propone di mostrare momenti sconosciuti della vita in carcere, momenti insospettabili e ignorati dai media “esterni”, ma anche di rimandare l’immagine della vita “fuori”, così come è vista o immaginata da chi sta dentro.”
Senza il volontariato non possiamo sopravvivere
Alcuni importanti esponenti delle Istituzioni hanno, ancora una volta, affermato l'importanza del volontariato "senza del quale - cosi si è espresso il dott. Ettore Ziccone - non possiamo sopravvivere”. "Dobbiamo riconoscere onestamente che il volontariato supplisce - così il dott. Giovanni M. Patarini - lo Stato, nel far sì che certe leggi vengano realizzate (vedi il trattamento). La verità è che non siamo organizzati, non siamo capaci di realizzare quello che la legge afferma fin dal 1975"
L'urgenza di comunicare
Uno degli interventi più significativi è stato quello del cittadino detenuto Francesco Morelli, redattore di RISTRETTI ORIZZONTI e web master del sito WWW.RISTRETTI.IT, il quale nel suo intervento ha notato come ci sia, paradossalmente, poca propensione, poca volontà di comunicare perfino tra i volontari e tra le associazioni del volontariato. E' molto importante capire che oggi sono i Mass Media a decidere chi esista e chi no: Comunicare e comunicare bene nella verità è un'urgenza per tutti coloro che spendono la loro vita nel campo del volontariato specialmente quello che lavora nell'ambito della giustizia.
Francesco ha proseguito considerando che,a proposito di un questionario consegnato a tutti i detenuti sul tema della "salute" nel carcere, il 2/3 di quelli che hanno risposto sono recidivi. Allora, se dopo un giorno, un mese, un anno un detenuto ritorna in carcere è sensato porsi la domanda: " A che serve il Carcere? A che serve il Volontariato?
A proposito del Volontariato, ha continuato Francesco, il detenuto dovrebbe essere seguito quando esce, dovrebbe essere aiutato e reinserirsi e in questo il Volontariato potrebbe fare molto. Sconcerta a questo riguardo il fatto che su 6500 volontari che lavorano nel campo della giustizia sono solo 32 quelli che collaborano con i CSSA, ovvero un volontario e mezzo per ogni regione (ma in realtà nel sud nessun volontario collabora con i CSSA)
Francesco Morelli inoltre ha raccontato la sua esperienza di quando ha cominciato a lavorare nella redazione di Ristretti Orizzonti era tutto preso dai suoi problemi, però lentamente è avvenuta una trasformazione: "ho cominciato a interessarmi ai problemi degli altri. Penso che questa esperienza sia importante se un detenuto comincia a liberarsi dal proprio io e comincia a interessarsi degli altri è probabile che quando esca si interessi dei problemi della comunità.”
Una nuova concezione del Volontariato
Il presidente della CNVG, Livio Ferrari, ha esordito dicendo che, su 206 Istituti, in ben 76 non esiste nessun tipo di volontariato.
Le cause sono da ricercarsi sia in forme di gestione autarchica degli stessi Istituti sia in deficienze dello stesso volontariato che non dimostra la professionalità necessaria per collaborare con le amministrazioni degli Istituti.
“Certo, ha proseguito Ferrari, un conto è la realtà di Padova, ricca di esperienze di volontariato, un conto è la realtà di Palmi, dove non esiste volontariato perché la vita è gia così difficile, è così faticosa”.
Ha concluso affermando la necessità di un’inversione e di un nuovo modo di porsi come volontario.
“ Da un volontariato che è ancora " Assistenzialismo", a un volontariato che sia assunzione di responsabilità da parte di tutti; dal superamento di una concezione della pena che si basa ancora sull’ occhio per occhio (così tutto il mondo diventerà cieco, affermava il Mahatma Gandhi), dove non c'è spazio per la restituzione e per la riconciliazione, all’ acquisizione, da parte di tutta la società civile, del proprio coinvolgimento nella genesi del crimine e quindi nella diffusione della cultura della prevenzione”.
Occorre che tutti facciano il proprio dovere
Il dottor Di Somma, Vice Direttore del DAP, prendendo spunto dalla sua esperienza, ha detto che, dopo aver lasciato il carcere di Poggioreale, dove era stato vicedirettore, era scettico sulla possibilità reale di recupero dei detenuti.
L’ esperienza del Carcere di Rebibbia, a Roma, lo ha però definitivamente convinto che, dove il trattamento è attuato secondo le leggi che già ci sono, i risultati sono incredibili.
La conclusione amara è che, nonostante ci siano delle leggi che vanno nella direzione giusta, nonostante ci sia un volontariato che negli ultimi anni è cresciuto in un modo incredibile in numero e in efficacia, ancora ci si ritrovi per dire che le cose non vanno bene.
Dare una risposta , purtroppo, non è semplice. la causa è complessa, ha proseguito il dott. Di Somma, come è complessa la realtà.
Se da una parte è inumano tenere degli esseri umani dietro delle sbarre, è anche vero che, purtroppo, la cronaca di tutti giorni ci mette sotto gli occhi efferati crimini che non possono non avere una risposta.
“Detto questo, ha proseguito il relatore, indicherei come prima pista percorribile l’esortazione a fare tutti il proprio dovere. Se tutti facessero la loro parte le cose potrebbero andare meglio”.
“Il progetto c'è - ha concluso Di Somma - ma ci vogliono mezzi economici, persone giuste nei posti giusti, personale penitenziario che svolga il proprio lavoro nella tranquillità, gratificato e non come spesso accade sottoposto a stress e superlavoro”.
Occorre essere "Voce" di chi non ha voce
Don Ciotti ha evidenziato quel che di positivo c'è stato dal 1975 ad oggi sia fuori e sia dentro le carceri.
Da una parte la sensibilità sempre maggiore da parte dell’ Amministrazione penitenziaria verso una pena che sia davvero rieducativa e dall’altra la ricerca sempre più convinta di una collaborazione col volontariato, che è anch'esso cresciuto negli ultimi anni.
Le leggi che hanno funzionato e che riguardano le pene alternative e il trattamento, sempre più finalizzato al reinserimento del detenuto, ha detto don Ciotti, devono diventare quotidianità in tutti gli Istituti e non solo in alcuni.
E’ necessario credere nella prevenzione, nel trattamento e nell'informazione.
Come tutti i ministeri hanno a disposizione delle campagne di informazione attraverso i Mass- media, così anche il Ministero della Giustizia e il DAP dovrebbero avere la possibilità di produrre campagne di sensibilizzazione, per permettere all’ opinione pubblica di sapere che il Carcere che fa del trattamento la sua preoccupazione principale rende la società più sicura, perché riduce la recidività. L’opinione pubblica deve sapere che, quando ci sono persone idonee e qualificate nella direzione degli Istituti o come operatori penitenziali; quando c' è un volontariato professionalmente preparato; quando c' è un territorio sensibile alle problematiche sociali , il trattamento funziona e la recidività si riduce di molto.
In conclusione è stato rivolto un accorato appello, accolto con un ' ovazione dai presenti, perché la richiesta del Santo Padre di un gesto di clemenza per tutti i detenuti, a prescindere dal reato commesso, rivolto durante l’Anno Santo e ignorata dal mondo della politica, trovi spazio:
“ In un tempo in cui tutti si autoassolvono: le nuove leggi sul falso in bilancio; sulle rogatorie internazionali, sul rientro dei capitali dall’estero etc. In questo tempo, quindi, che trovi spazio il grido di tanti poveri nostri fratelli che non hanno né la “possibilità” né il “potere” per far giungere la loro voce.”
Don Bruno Oliviero