Detenuti e Solidarietà
Intervista ad Antonella Iavarone,
Insegnante elementare al Padiglione “Italia” della C.C. di Poggioreale
S
ono le 18,30 del 28 settembre 2004 mi appresto ad uscire dalla Casa Circondariale di Poggioreale dopo aver fatto la catechesi al Padiglione Genova di alta sicurezza quando m’imbatto nella Signora Antonella Iavarone, una delle Insegnanti di scuola elementare, che presta il suo servizio nel Padiglione Italia (in questo Padiglione sono presenti i cittadini detenuti che lavorano all’interno del carcere).
Una Missione che dura da 17 anni
La Signora Iavarone lavora nel carcere di Poggioreale da circa 17 anni. Le circostanze che la portarono a lavorare nel Carcere sono alquanto originali. Così mi racconta lei stessa: “ Padre Bruno devi sapere che nell’estate del 1986, mentre mi trovavo in vacanza, casualmente vidi un annuncio su un corso di specializzazione per insegnare nelle Carceri: feci subito la domanda!
Ricordo ancora la faccia di mia madre quando un magistrato chiamò a casa invitandomi a presentarmi per convalidare la mia assunzione. Non essendo a conoscenza della mia decisione di lavorare nel carcere e non avendo capito le parole del magistrato pensò che avessi commesso qualche reato. Quando rientrai mi disse: che cosa hai combinato? Sei sempre stata un pò ribelle, ma non fino a questo punto.
Un Progetto "nuovo"
Capisco subito che la Signora Antonella è una “esperta” del pianeta carcere e le faccio qualche domanda:
D. Signora Antonella a che cosa sta lavorando attualmente?
R. Sto lavorando a un progetto bellissimo. Ho voluto mettere in crisi il solito luogo comune che deve essere sempre la Chiesa o la Comunità Civile a fare qualcosa per i detenuti. Di solito la solidarietà è vista sempre a senso unico “dall’esterno verso l’interno”, ma io insieme ai miei ragazzi abbiamo deciso di andare contro corrente. Con l’appoggio della Direzione Didattica, della Direzione del Carcere di Poggioreale, della Circoscrizione Napoli Poggioreale e con il patrocinio del Club dei Lions, stiamo portando avanti il progetto “Cittadini Detenuti per la Società”. Il fulcro di questo progetto è che il ricavato dei fondi raccolti dai lavori artistici dei detenuti del Padiglione Italia vada distribuito ai poveri e gli indigenti del quartiere di Poggioreale.
D. Come si struttura questo progetto?
R. Dopo aver ricevuto il “via libera” dalla mia Direzione Didattica, mi sono messa in contatto con il Presidente della Circoscrizione di Poggioreale e finalmente ho inviato, lo scorso marzo, il progetto ai responsabili del Club dei Lions con sede a Napoli. A Maggio il progetto è stato approvato e a Giugno una delegazione dei Lions insieme con il presidente della Circoscrizione ha visitato il carcere di Poggioreale e ha preso visione dei lavori dei detenuti del padiglione Italia. Il loro proposito è fare una mostra per ottobre alla Galleria Principe Umberto, per far conoscere le opere, dopodiché indire un’asta per raccogliere i fondi.
Una "nuova" concezione della Giustizia
D. Come è nata quest’ idea?
R. Alla Base c’è la convinzione che i detenuti sono delle “Persone” che, certamente, possono aver sbagliato, ma che possiedono anche talenti e qualità rimaste per lo più nascoste (la bellezza delle loro opere lo dimostra”. Io sono sicura che la “scommessa” della loro riabilitazione passa attraverso la scoperta e la valorizzazione delle loro abilità e capacità. Occorre che riconquistino (o acquistino per la prima volta) la stima in loro stessi.
Il background del Progetto
Devi sapere anche che questo progetto ha un retroterra. Circa tre anni fa sempre in accordo con la Direzione Didattica facemmo un gemellaggio tra una quinta elementare e i detenuti del Padiglione Italia per portare aventi un progetto di educazione alla legalità. Il progetto si articolava in uno scambio epistolare tra i bambini e i detenuti, i quali oltre alle lettere inviarono anche dei disegni. Ai bambini questi disegni piacquero tantissimo e questo diede loro un’idea: perché non chiedere ai detenuti di contribuire a un altro progetto, ispirato da un Missionario Camilliano, destinato ad aiutare i bambini dello Stato del Benin in Africa? Inutile dire che i detenuti aderirono con gioia. Il risultato di questo progetto, al di là della quantità di denaro raccolta, accese una luce nell’animo dei detenuti che sempre mi chiedevano: Signora Antonella facciamo qualcosa per coloro che soffrono. Ecco padre Bruno in breve il background del progetto “Cittadini Detenuti per la Società”.
Mentre saluto la Signora Antonella e mi dirigo verso l’auto in sosta che mi riporterà a casa penso: se ci fossero più persone con gli stessi sentimenti e valori che animano il cuore della signora Antonella, persone meno preoccupate per loro stesse, meno chiuse in se stesse e nelle loro beghe quotidiane, se ci fossero persone come la Signora Antonella più libere, con un orizzonte più vasto, come sarebbe differente il nostro mondo.
La Giustizia Riparativa
A Giugno di quest’anno il D.A.P. (Dipartimento di Amministrazione Penitenziaria ) ha tenuto un Seminario di studi sulla Giustizia Riparativa e in particolare su uno strumento, forse il più importante, che cerca di renderla concreta: La Mediazione Penale.
Questo per rispondere alla “Raccomandazione” che il Consiglio d’Europa ha fatto a tutti gli Stati membri, in particolare ai rispettivi Ministeri di Giustizia, di collaborare per cercare nuove vie nell’applicazione della Giustizia. Un gruppo di studio delle Nazioni Unite ha adottato per giustizia riparativa la seguente definizione: “ La giustizia riparativa e’ un processo dove tutte le parti coinvolte in un reato si mettono insieme per risolvere collettivamente I problemi immediate e future connessi al reato particolare” (www.restorativejustice.org).
Perdono e Giustizia devono camminare insieme
La Giustizia Riparativa cerca soprattutto di “riparare” il danno inferto dal reato al tessuto della società , e “riconciliare” l’agente del reato con la vittima del reato. Così si esprime Giovanni Paolo II nel messaggio per la Giornata Mondiale della pace 1997, a proposito della Giustizia riconciliativa: “Non sussiste nessuna contraddizione fra perdono e giustizia. Il perdono non elimina, né diminuisce l’esigenza della riparazione, che è propria della giustizia ma punta a reintegrare sia le persone e i gruppi nella società, sia gli Stati nella comunità delle Nazioni. Nessuna punizione può mortificare l’inalienabile dignità di chi ha compiuto il male. La porta verso il pentimento e la riabilitazione deve restare sempre aperta.” (n. 5). L’accento quindi non viene posto tanto sulla “certezza della pena” ma sulla riconciliazione tra l’agente del reato e la società civile nella persona delle vittime del reato e sulla riabilitazione dell’agente del reato che resta sempre membro della società. Questo processo avviene attraverso un percorso riabilitativo e riparativo. Una riparazione che viene concordata tra la stessa vittima del reato e l’agente del reato con l’assistenza di personale specializzato, esperto in mediazione. La Mediazione Penale può essere raggiunta attraverso uno sforzo di cooperazione da parte della comunità e dello Stato. Di modo che come afferma il Card. Martini : “la carcerazione va vista come un intervento di emergenza, un estremo rimedio per arginare una violenza gratuita e ingiusta, impazzita e disumana;….” (Colpa e Pena, per una nuova cultura della giustizia, atti del convegno, Bergamo 2000, pag. 31)
Don bruno