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L'esercito di cui Napoli ha bisogno!
L’ora della paura? “Morte e terrore, l’angoscia di Napolitano”, “Tre morti in un’ora è strage quotidiana”, “Camorra scatenata, coro di sì all’esercito”, “Napoli violenta, uccide a sedici anni per gelosia”, “Meglio l’esercito che l’eterna paura”. Sono questi i titoli a caratteri cubitali che appaiono sulle prime pagine dei quotidiani di questi giorni. Napoli è ormai una città prigioniera della paura! Come, però, ha giustamente richiamato il presidente Napolitano, l’emergenza non è soltanto criminale, ma anche ambientale, sociale e culturale. Per questo nella sua prima visita a Napoli il Presidente, incontrando le cariche più importanti delle Istituzioni locali non tralasciò nessun problema: dalla criminalità all’emergenza rifiuti, dall’economia sommersa alla disoccupazione. Il rischio che corrono i napoletani e quello atavico della rassegnazione del “non si può fare niente”, che “le cose andranno sempre così”, che “è meglio rassegnarsi”, che “è meglio farsi i fatti propri”, insomma il rischio di “chiudersi dentro la prigione del proprio egoismo” e aspettare che qualcun altro si muova, o che la tempesta passi per chissà quale azione miracolosa…
L’ora del coraggio! Il nostro cardinale Arcivescovo, Mons. Crescenzio Sepe, in un intervento fatto proprio in questi giorni ha ribadito ancora una volta la sua speranza incrollabile nella rinascita della città nonostante tutti drammi nei quali si trova a vivere la sua gente. Tra l’altro ha detto che: “…il primo dramma da tenere lontano è quello della rassegnazione del cedimento… da parte sua la Chiesa è pronta a fare ogni giorno di più ciò che ha già fatto. Lo stato di mobilitazione, tra le file dei suoi sacerdoti e dell’intera comunità ecclesiale, è una condizione ordinaria del suo operare tra la gente. I suoi “agenti” sono gia schierati e indossano la divisa mai usurata della speranza…”
Non “chiudersi dentro”, ma “uscire fuori”. Gesù Cristo, il Figlio di Dio, ci dà l’esempio di questo coraggio che non ha paura di “esporsi”, non ha paura di impegnarsi nella lotta contro il male usando, però le “armi” del bene, anche a rischio di essere considerato “insano di mente”. Nel Vangelo di S. Marco al capitolo terzo si racconta che mentre Gesù si trova a casa di Pietro i suoi parenti vorrebbero che uscisse dalla casa per impadronirsi di lui perché dicevano: "E' fuori di sé" (Mc.3,21). Perché i parenti pensavano una simile cosa di Gesù? Per capirlo bisogna approfondire gli eventi precedenti e che sono descritti nei primi capitoli del vangelo. Appena dopo il battesimo per opera di Giovanni Battista (cfr. Mc. 1,9 ss) come in un crescendo l'evangelista mette in risalto la potenza che si manifestava in Gesù e che faceva esclamare alle folle: "Non abbiamo visto mai niente di simile" (Mc.2,12). Cosa stava succedendo? In Gesù si manifestava una potenza incredibile che faceva vedere i ciechi, camminare gli zoppi, risuscitare i morti...Gesù era anche più forte delle potenze demoniache al punto che bastava una sua parola per metterli in fuga.
L’arma della solidarietà Tutto questo avrebbe anche potuto far piacere ai suoi parenti, avrebbero anche potuto sentirsi orgogliosi di Lui, ma la cosa che non riuscivano a capire era che Gesù faceva tutto questo...gratuitamente! Non prendeva nessuna ricompensa! Anzi siccome la sua fama si era diffusa in tutta la regione, veniva gente da tutti i luoghi nella speranza di essere guariti dalle loro infermità tanto che sia Gesù, sia i suoi discepoli non avevano più nemmeno il tempo di mangiare (cfr. Mc.1,45. 6, 30 -32)
Amico dei delinquenti e delle prostitute Non solo. Quello che più li stupiva e che li faceva diagnosticare una sorta di infermità mentale era l'abitudine che Gesù aveva di frequentare compagnie dubbie: pubblicani, peccatori, delinquenti e prostitute. E anche se Lui stesso aveva risposto, a coloro che gli avevano domandato il perché di quella scelta, che erano i malati che avevano bisogno del medico e non i sani e che Lui era venuto a chi-amare i peccatori (cfr. Mc.2,17), i parenti si stavano convincendo sempre più che Gesù era matto tanto che si erano recati a casa di Pietro e volevano impadronirsi di lui perché dicevano: " E' fuori di sé" ( Mc.3,20)
L‘esercito di cui non solo Napoli, ma il mondo intero ha bisogno! Come è importante per la generazione del terzo millennio questa "follia di amore” che fa "uscire fuori di sé"… Quanti "sani" chiusi dentro se stessi, prigionieri nel carcere del loro egoismo! Incapaci di guardarsi attorno per "vedere" le sofferenze dei fratelli, tutti occupati nella ricerca dei loro interessi, del loro tornaconto, pronti a tutto pur di vedere accresciuto il loro conto in banca, tutti preoccupati della loro "sicurezza" pronti ad alzare "muri" di difesa contro quella parte di umanità affamata che potrebbe mettere in pericolo la loro ricchezza, la loro “sicurezza”. E se questa umanità si ribellasse contro lo strapotere dei "sani"? E' pronto l'esercito, sono pronte le prigioni per ridurre a più miti consigli i "facinorosi"...Una sanità questa che moltiplica gli zoppi, i ciechi, i morti fisici e i morti "dentro". I nemici di Gesù festeggiarono e pensarono di aver risolto il "Caso Clinico" chiamato Gesù quando lo appesero a una croce... Si resero conto solo dopo tre giorni che Gesù era più vivo e più "fuori di sé" di prima e che la sua "follia" era... contagiosa... In trecento anni la “follia” di Gesù conquistò l'Impero romano. Continua ad effondere la tua “follia” Gesù anche nei nostri tempi, anche in questa nostra città di Napoli, tanto martoriata. Liberaci dalla “prigione” del nostro egoismo perché ancora oggi la speranza cammini con noi, con i passi di coloro che, credenti o non credenti, hanno il coraggio di uscire “fuori di sè”, e inoltrarsi per i vicoli di Napoli come per le strade del mondo per contrastare il male con la potente arma della solidarietà.
Don Bruno Oliviero
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