L'Europa e il Carcere
Una Casa d’accoglienza immersa nel verde della campagna romana, La “Fraterna Domus”, il luogo dove si è svolto il 37° Convegno Nazionale SEAC. Rappresentanti da tutta l’Italia, dalla Sicilia al Trentino. Una rappresentanza “sparuta, ma non sprovveduta”, come ha esordito il Presidente del SEAC (Coordinamento Enti e Associazioni di Volontariato Penitenziario), Piergiorgio Licheri. Rappresentanti del SEAC venuti da tutta la Penisola per riflettere su un tema che, se non s’interverrà in tempo con politiche avvedute e sapienti, rischia di diventare “esplosivo”.
Gli altri Cappellani del Carcere di Poggioreale mi avevano invitato caldamente a partecipare al convegno: “Ci devi andare per rappresentarci, sarà un meeting molto interessante”.
E’ così è stato!
L'immigrazione non deve far paura
Il vice Capo dell’Amministrazione Penitenziaria, dott. Emilio Di Somma ha affermato che il nostro sistema di Amministrazione Penitenziaria resta un esempio anche per altre nazioni che mandano, periodicamente, dei delegati per approfondirlo e studiarlo. Il dott. Di Somma ha però confessato che molto ancora resta da fare. Per quanto riguarda i detenuti stranieri essi stanno aumentando attualmente sono 17.000 su 56.000 detenuti, un numero, quindi, abbastanza considerevole.
Il Presidente della Magistratura democratica, dott. Livio Pepino ha esordito dicendo che la migrazione è un fenomeno tipicamente umano. Dagli albori dell’umanità l’essere umano è un “migrante”. Questo è un fatto che non può essere messo in discussione. Ha citato a questo proposito l’America, la più grande potenza mondiale che è, di fatto, un laboratorio di integrazione di tutte le stirpi della terra.
L’immigrazione è un fenomeno che non deve far paura ha detto mons. Giancarlo Perego della Caritas, anzi ha aggiunto che la diversità è una ricchezza. Lo spirito evangelico ci spinge ad accogliere lo straniero come se accogliessimo Cristo in persona.
I limiti della politica sull'immigrazione
La mancanza di una politica efficace sull’immigrazione sta portando pero, ha continuato mons. Perego, molti problemi, il fenomeno corre il rischio di essere legato all’illegalità e alla criminalità. Occorre tenere sempre presente che l’immigrato clandestino non è un criminale, ma una “persona” che viene in Italia per cercare di trovare situazioni migliori per sè e la sua famiglia. Franco Bilbao, referente scientifico della Caritas ha ricordato tutti gli Italiani che agli inizi del ‘900 hanno lasciato l’Italia portando un grande contributo di benessere nei paesi che li accoglievano.
Il dott. Rocco Canosa, Direttore del Dipartimento di Salute mentale di Matera, ha però invitato i convegnisti a riflettere sul fatto che i centri di accoglienza per gli stranieri (Cpt = Centro di permanenza temporanea) rischiano di diventare una sorta di circuito carcerario parallelo. E’ vero che fino a adesso la permanenza non può superare i sei mesi, ma come ha ricordato Mauro Palma, (rappresentante italiano nel comitato europeo per la prevenzione della tortura) in alcuni paesi, per esempio nell’Isola di Malta, ha trovato immigrati che erano presenti nei Cpt da più di tre anni. Il dott. Palma ha anche fatto presente la difficoltà che si trovano a dover affrontare oggi gli organismi internazionali di prevenzione della tortura: “molti stati commettono delle violazioni contro i diritti umani “giustificandoli” con la minaccia terrorista. La congiuntura globale attuale giustificherebbe le violazioni. In questo contesto qualsiasi “raccomandazione” fatta da questi organismi risulta vana. In questo contesto la violazione non solo non è nascosta ma è esibita come prova di forza.”
Lo slogan vincente: alternativa!
Il problema fondamentale è, come ha affermato con forza Angelo Caputo (Responsabile immigrazione Magistratura democratica) che il detenuto straniero è considerato una “non persona”, non ha nessun diritto, sia pur minimo, e, dopo la detenzione è destinato all’espulsione. Tutto questo fa saltare il discorso sul trattamento, così si esprime Luisa Prodi, coordinatrice Seac della regione toscana, “il trattamento si giustifica come accompagnamento di un cittadino detenuto nel processo di presa di coscienza delle proprie responsabilità in vista della riparazione e di un eventuale reinserimento nella società. Questo obiettivo del trattamento non si può realizzare per il detenuto immigrato, proprio perché per la società è come se non esistesse”
A questo proposito mons. Perego ha sostenuto che la “parola slogan” che dovrebbe essere un programma per tutti è “Alternativa”
Occorre trovare un’alternativa alla pena, Il carcere deve diventare l' "estrema ratio"
Occorre tentare nuove alternative politico-sociali,
Occorre inventare nuove alternative per riabilitare i cittadini detenuti
Occorre trovare un’alternativa alle espulsioni.
Potere al Diritto e non al Terrore
Il prof. Salvatore Palidda, (sociologo all’università di Genova) è andato alla radice del problema quando ha identificato nel sistema liberista globale, la causa prima dell’esodo di milioni di persone che dai loro paesi si muovono verso altre terre per trovare lavoro, dignità per se stessi e per le loro famiglie. E’ questo sistema che permette al capitale globale di varcare i confini degli stati senza nessun controllo, arricchendo sempre di più i ricchi e impoverendo sempre di più nazioni e popoli di per sé già poveri.
Occorre che si dia una svolta nella concezione e nell’attualizzazione della globalizzazione, che la renda più “umana”. Occorre che il potere sia dato al diritto internazionale e non al capitale o, peggio ancora, al terrore.
La Pastorale carceraria al primo posto nella riflessione dei vescovi Italiani
Livio Ferrari, Presidente della Conferenza Nazionale Volontariato Giustizia, che unisce gruppi di volontariato nell’ambito della Giustizia dell’area cattolica e laica, ha affermato con forza il ruolo del Seac come promotore di atteggiamenti culturali, sociali, e politici ispirati al Vangelo.
Mons. Domenico Mogavero, sottosegretario CEI-Conferenza Episcopale Italiana, nel suo intervento ha anticipato che nel prossimo sinodo dei vescovi che si terrà a Ottobre, uno dei punti di discussione sarà “La Pastorale Carceraria”. Un grande segno dei tempi che attesta la presenza della Chiesa al fianco di coloro che soffrono, specialmente degli ultimi tra cui sono annoverati i detenuti. Mons. Mogavero parafrasando un passo della lettera di S. Paolo agli Efesini ha così concluso : “Al Volontariato Seac insieme a tutti i cristiani impegnati nell’ambito della giustizia e in comunione con i cappellani delle carceri, il compito e la missione di portare la liberazione di Cristo ai nostri fratelli e sorelle ospitati negli Istituti di pena e, contemporaneamente, sensibilizzare la comunità ecclesiale e la società tutta per far sì che crolli il muro di separazione che era frammezzo cioè l’inimicizia, per fare dei due un popolo solo” (cfr. Ef 2,14)
Don Bruno
Oliviero