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Il declino delle subculture della droga, nei mercati della droga e della violenza a New York negli anni '90

Di Marzio Barbagli

 

1. Introduzione

In questo studio esaminiamo ricerche, dati quantitative, ma soprattutto qualitative, riguardanti I cambiamenti radicali delle droghe usate  e I modelli di uso dell’eroina, della cocaine, del crack e della marijuana nella inner city. L’analisi si concentra soprattutto sul consumo di droga tra i residenti della inner city di Manhattan tra il 1985 e il 1998. La natura di questi cambiamenti e il momento in cui sono avvenuti inducono a ritenere che siano in relazione con la diminuizione sia della violenza sia di altre forme di criminalita’.

Una delle nostre principali tesi e’ che le subculture della violenza e dell’uso di droga possano essere concettualizzate indipendentemente, pur essendo legate sotto aspetti importanti che bisogna specificare  accuratamente. Gli autori di questo saggio hanno studiato la natira delle subculture della inner city e I modelli di uso delle varie droghe nel corso degli ultimi trent’anni. Generalmente, gli individui tendono a persistere nelle loro pratiche e nella loro identificazione subculturale, interagendo con le persone che condividono I loro stessi stili di vita, cosicche’ un dato modello di uso di droga (ad esempio, fumare il crack) tende a durare in tutte le fasi della vita di un individuo. Una subcultura e’ infatti definite sia dalla droga preferita sia dal fatto che essa costituisce un modo appropriato per riferirsi ad una intera coorte che organizza il proprio stile di vita attorno al consumo di quella droga.

Il legame tra droghe e criminalita’ e’ stato documentato da vari studiosi. Per capire come i trend della popolarita’ di varie droghe influenzino la criminalita’ in generale, e in particoplare la violenza, e’ importante comprendere perche’ droga e criminalita’ possono esdsere interrelate. Goldstein presenta un elegante modello tripartito per analizzare il modo in cui le groghe possono portare alla violenza, modello che ha ispirato gra parte dei lavori successivi svolti a dipanare le numerose relazioni tra droghe e criminalita’. Egli sostiene che i legami tra droga e criminalita’ possono essere di natura psicofarmacologica, economico-compulsiva  e sistematica.

In uno studio successivo, Bellucci, Brownstein, Goldstein e Ryan [1977] hanno impiegato questo modello per esaminare le circostanze in cui sono stati commessi 218 omicidi legati alla droga su cui ha indagato il Dipartimento di polizia di New York nel 1998, all’apice dell’epidemia di crack. Essi hanno mostrato che la natura di quasi tre quarti di questi omicidi era sistematica. Nel nostro saggio utilizziamo il modello tripartito per esaminare i modi in cui i cambiamenti dell’uso di droghe illegali e dei mercati della droga sono collegati al drammatico aumento della violenza avvenuto nell’era del crack, e anche al recente calo della criminalita’ violenta legato alla droga che si registra nell’era dei blunts. In questo contributo analizziamo la natura di varie forme di interazioni violente, e non solo quelle che portano all’omicidio.

 

2. Metodi

Questo saggio costituisce una sorta di distillato di trent’anni di ricerche diu uno degli autori che hga studiato l’uso e l’abuso di drog e i mercati della droga a New York (soprattutto in Manhattan) partecipando a 15 diversi progetti di ricerca. Il presente contributo si bvasa prevalentemente su quattro grandi progetti realizzati negli ultimi vent’anni, che descriviamo brevemente.

 

    1. The Crack/Crime and Careers in Crack Project (1988-1993)

 

Tra il 1984 e il 1986, a New York e in altre parti della nazione esplosero l’uso e l’sbuso di crack e cocaina. Il National Institute of Justice finanzio’ una ricerca volta a raccogliere dati quantitativi da 1003 spacciatori e consumatori di droghe pesanti in vari contesti dell’area settendrionale di Manhattan tra l’agosto del 1988 e il luglio del 1989. La metodologia del progetto e’ descritta in Dunlap et al.[1990] e in Lewis et al.[1992]. Il lavoro di analisi dei dati, durato due anni, e’ stato finanziato dal National Institute od Drug Abuse.Fagan, Golub e Johnson [1995] hanno sintetizzato i principali risultati di questo studio. Il progetto ha fornito molte informazioni prima d’allora non disponibili sulla criminalita’ e i modi di distribuzione del crack,e in particolare sul coinvolgimento di consumatori nello spaccio del crack.

 

    1. Arrestee Drug Abuse Monitoring (ADAM) (in precedenza, Drug Use Forecasting) (1987-1998)

 

In questo progetto sono stati intervistati 350 arrestati in ciascuno dei quartieri di Manhattam in un arco di tempo di piu’ di 11 anni. Piu’ di 13.000 interviste quantitative complete, accompagnate dai risultati degli esami delle urine, possono finalmente essere analizzate, Golub e Johnson [1994; 1997; 1998 a e b]; Johnson e Golub, Golub [1998]; Johnson and Thomas [1998]; hanno sistem,aticamente documentato importanti cambiamenti nelle droghe preferite tra gli arrestati a Manhattan appartenenti a differenti coorti di nascita (i risultati sono brevemente esaminati sotto).

 

    1. Natural History of Crack Distribution/Abuse (1989-1996)

 

Questo e’ un importante studio qualitativo sui distributori e gli spacciatori di crack nella citta’ di New York. Piu’ di 300 soggetti sono stati intervistati estensivamente e oltre 1.000 spacciatori di droga sono stati osservati al lavoro in luoghi pubblici e privati della citta’. I risultati princip[ali indicano che l;a maggior parte dei soggetti che usavano il crack lo vendeva solo in modo saltuario ed erano per lo piu’ distributori di basso livello che aiutavano altri a spacciare crack o altre droghe. Questo progetto fornisce dati interessanti e discussioni trascritte su una serie di modi di comportamento ed episodi violenti.

 

    1. Violence in Drug Abusing Households/Co-occurring Drugs and Violence in Distressed Househlds (1994-oggi: la ricerca e’ diretta da Elois Dunlap)

 

Questo progetto e’ uno studio qualitativo intensivo di famiglie appositamente selezionate (dove il capofamiglia e’ donna) in cui uno o piu’ adulti sono dediti all’uso di droghe pesanti. Piu’ di 25 famiglie sono state sel;ezionate, e oltre 140 ,e,bri hanno partecipato ad interviste in profondita’ che sono state poi trascritte a analizzate. Sono state raccolte ampie informazioni sul consumo e lo spaccio di droga, la prostituzione, la violenza domestica,. La rapina e altre forme di violenza all’interno della stessa generazione e tra generazioni diverse.

E’ importante notare che molti dei dati qualitativi tratti dagli ultimi due progetti non sono stati finora adeguatamente analizzati, e in alcuni casi i loro risultati non sono stati ancora pubblicati. Comunque, essi ci consentono di avanzare alcune ipotesi sui comportamenti dei residenti della inner city e costituiscvono il; fondamento su cui si basano le interpretazioni che proponmiamo in questo saggio.

 

 

3. Risultati

Prima di considerare le ragioni della diminuizione dei comportamenti violenti legate alla droga, esaminiamo due importanti fattori che definiscono il contesto in cui la violenza prima e’ aumentata e poi diminuita: a) le difficili condizioni in cui si trovavano a vivere gli individui che crescono nella inner city di New York, e b) i principali mutamenti nella popolarita’ di particolari sostanze presso gli individui diventati maggiorenni negli anni ’90.

 

    1. Famiglie gravemente disagiate nella inner city (1965-1998)

 

La maggior parte dei residenti della inner city che usano droghe pesanti  e che commettono violenze cresce in famiglie gravemente disagiate. Per lo piu’ il capofamiglia e’ una donna (spesso una nonna) che vive di assistenza pubblica, che non ha un lavoro legale, con scarse capacita’ lavorative; talvolta il capofamiglia fa un uso cosi massiccio di droga che quasi tutti gli sforzi volti a fornire assistenza vengono vanificati. I figli che crescono in tale famigl;ia non conoscono nessuno che faccia un lavoro legale. Di rado completano la high school, e non imparano quei requisiti (leggere e scrivere, far di conto, la puntuaita’, la capacita’ di accettare ordini e di mettersi in relazione secondo gli standard culturali predominanti) necessari per trovare un lavoro legale; raramente ottengono o mantengono un impiego stabile, anche al minimo salariale. Al contrario, essi hanno molti parenti (genitori inclusi) che sopravvivono nell’economia della strada e della droga, talvolta disponendo di un sostegno pubblico, ma spesso senza avere alcun reddito legale. Querste osservazioni sono sostanzialm,ente confermate dalle ricerche di molti altri studiosi di chiara fama coime Williams Julius Wilson [1996], Philip Bourgois [1995] e Greg Duncan e Heanne Brooks-Gunn [1997]. Questi giovani diventano invece abilissimi a vendere droghe o a collaborare a tale vendita, nonche’ a evitare la polizia , e abitualmente si impegnano in svariate e febbrili attivita’ volte a procurarsi denaro [Dunlap, Johnson e Maher 1998; Dunlap e Johnson 1996]. Laprobabilita’ che da adulti che ottengano un impiego legale sembra sia piuttosto scarsa e, rispetto ad anni precedenti, e’ anche meno facile che ottengano sussidi pubblici.

 

    1. Il cambiamento delle sostanze predominanti in differenti coorti di eta’

 

L’analisi estensiva dei dati raccolti su piu’ di 13.000 arrestati tramite il progetto ADAM ha individuato tre principali fasi della droga nella inner city di Manhattan negli ultimi trenta-quarant’anni [Golub e Johnson 1994°; 1994b; 1996; 1997; Fagan, johnson e Golub 1995; Golubm Johnson e thomas 1998]. Queste fasi sono state caratterizzate dal predominio di un’unica sostanza tra i consumatori di droghe illegali. Negli anni ’60 e all’inizio degli anni’70 tale sostanza era l’eroina, e la maggior prte dei consumatori abituali la usava iniettandosela. Queta fase e’ chiamata l’era dell’iniezione di eroina.

Durante gli anni’80, la droga preferiota era la cocaina. All’inizio degli anni ’80 veniva prevalentemente sniffata in polvere. Dal 1985 al 1989, invece, veniva piu’ frequentemente fumata e distribuita sul mercato come crack. Questa fase e’ denominata l’era della cocaina e del crack.

Negli anni ’90, tuttavia, i giovani della inner city cominciarono a disprezzare ed evitare l’uso di droghe pesanti.La loro droga preferita divenne la marijuna, fumata in forma di “blunt” (marijuana in un sigaro a basso costo). Questo periodo viene chiamato l’era del “blunt” di marijuana. L’anno di nascita di un individuo influisce quindi fortemente sul suo rapporto con la droga. In breve, i giovani che raggiungevano l’eta’ adulta (verso i 18 anni) durante ciascuna era della droga tendevano ad usare quella allora preferita.

La generazione dell’iniezione di eroina comprende i nati fra il 1945 e il 1954 per i quali il consumo continuativo di droga tramite iniezione, da loro stessi riferito agliintervistatori, raggiungeva i livelli massimi: la quota di questi soggetti che ne denunciavano l’uso andava infatti al 30% al 52%.Era assai meno probabile che gli arrestati studiati dal progetto ADAM- Manhattan, nati prima del 1945 riferissero di essersi iniettati eroina. Inoltre la proporzione di coloro che raccontavano di “bucarsi” diminuiva rapidamente tra gli arrestati nati dopo il 1954. I dati del progetto ADAM mostrano anche che il maggior numero di consumatori di eroina si trovava tra le persone nate fra il 1945 e il 1954, e questo in ogni anno del periodo 1987-1997 quando la loro eta’ andava dai 33 ai 52 anni.

Il tasso di consumo di crack, denunciato dai soggetti stessi, raggiungeva il massimo livello tra le persone nate fra il 1948 e il 1969: la quota di essi che ne ammetteva l’uso oscillava abbastanza stabilmente tra il 50% e il 55%. Tuttavia, tale tasso era molto alto anche tra individui nati prima del 1948. In effetti, i dati indicano chiaramente che, tra gli arrestati appartenenti alla generazione dell’iniezione di eroina, la cocaina e il crack divennero altrettanto popolari (se non di piu’) dell’eroina stessa. La maggior parte di essi, comunque, si “bucava” con l’eroina ma aveva usato anche il crack quando era divenuto facilmente disponibile sul finire degli anni ’80. Riteniamo che la generazione che la generazione della cocaina-crack inizi con la coorte dei nati nel 1955, il cui tasso utodenunciato di consumo di eroina tramite iniezione era notevolmente piu’ basso, per arrivare a quella del 1969, in cui i tassi autodenunciati di consumo di crack calavano radicalmente. La generazione della cocaina-crack include quindi principalmente le persone nate tra il 1955 e il 1969.

Gli arrestati nati apartire dal 1970 si distinguevano, rispetto alle coorti precedenti, per i tassi relativamente bassi di consumo di eroina tramite iniezione e di crack, ma alti invece per quanto riguardava la marijuana, come era dimostrato dalle analisi delle urine. La maggioranza degli arrestati, indipendentemente  dall’anno di nascita, raccontava di aver sempre fatto uso di marijuana. Tuttavia, il tasso di marijuana, segnalato dalle analisi delle urine, tra le coorti piu’ vecchie era in genere basso, coinvolgendio solo il 10-20% di questi soggetti. Cio’ fa pensare che molti degli arrestati piu’ vecchi, da giovani avessero provato o usato marijuana, ma attualmente non la consumassero piu’ o lo facessero saltuariamente. Tra gli arrestati nati a partire dal 1970, il tasso di consumo recente di marijuana, confermato nell’analisi delle urine, aumentava notevolmente: tra i nati nel 1970, infatti, esso riguardava il 33% dei soggetti, mentre tra i nati nel 1977 tale quota, gia consistente, saliva addirittura al 62%. Ulteriori analisi indicavano che queste coorti di nati negli anni ’70 consumavano marijuana tra i venti e i trent’anni molto piu’ frequentemente di quanto facessero i membri di precedenti coorti quando avevano la loro stessa eta’, i quali erano gia’ passati all’uso del crack o dell’eroina. Cio’ che caratterizzava il consumo della sostanza illegale dei membri di questa coorte non era il loro essere giovani al tempo dell’intervista, a il fatto specifico che essi, da un lato, evitavano l’eroina e la cocaina-crack e, dall’altro, presentavano un tasso maggiore di consumo di marijuana. La generazione del “blunt” di marijuana include tutti i nati dal 1970 fino al 1979, l’ultimoanno di nascita considerato nell’analisi.

Le questioni fondamentali affrontate nel resto del saggio sono le seguenti: questi cambiamenti delle droghe preferite nelle diverse coorti generazionali hanno influenzato i comportamenti violenti? E se cosi’, in che modo e perche’?

I dati quantitativi forniscono “prove” relativamente “forti”  su cio’ che e’ accaduto rispetto all’uso di droga tra gli arrestati, ma non ci fanno comprendere “perche’” sia cambiato da una generazione all’altra, ne’ come i modelli di uso di droga possano aver influenzato i comportamnenti violenti nelle varie epoche...

Nei seguenti paragrafi, descriviamo alcune delle norme di condotta di varie subculture e “ambienti di strada” newyorkesi, concentrandoci prevalentemente su due anni, il 1988 e il 1998. Parecchi dati inducono a ritenere che in questi anni si siano registrati i picchi delle ere di droga (crack and marijuana) documentate sopra. Le norme di condotta relative a ciascuna droga si erano ormai consolidate. Molti individui abitualmente tenevano comportamenti ad esse conformi e cosi’ avrebbero fatto per molti anni a venire della loro eta’ adulta.

Naturalmente, molte sono le possibili variazioni dei comportamenti conformi ai modelli subculturali; descriveremo quindi l’equivalente etnografico di un gruppo di riferimento cosi’ come usato nll’analisi della regressione con dati categoriali, cercando di i9dentificare quei fattori che sonoi associati a un maggiore o muinore coinvolgimento in ogni particolare comportamento. Il gruppo di riferimento etnografico, nel nostro caso, e’ costituito da un maschio di vent’anni appartenente a una minoranza etnica, cresciuto in una famiglia monogenitoriale dipendente dall’assistenza pubblica, che attualmente vive in una comunita’ ghetto della inner city (come per esmpio alcune zone di Harlem, East Hrlem, Bedford-Stuyvesant, South bronx), che dopo dieci anni di scuola l’ha abbandonata, che ha iniziato a bere alcolici e a fumare sigarette a circa 13 anni o ancor prima, e che non ha un lavoro legale stabile me’ un regolare sussidio.

Al fine di rendere piu’ efficace l’esposizione, i nomi delle droghe predominanti sono utilizzati, d’ora in poi, per identificare la droga e la coorte di eta’ primarie; essi sono sempre al plurale perche’ intendiamo mettere a fuoco le norme di condotta e i comportamenti strutturati dell’intera coorte generazionale, piuttosto che di singoli individui. Cosi, per esempio, la parola “stemmers” si riferisce ai consumatori di crack che rappresentano la generazione dell’era della cocaina e del fumo di crack (prevalentemente nati nel periodo 1964-1969 e che tripicamente consumano il crack in una pipa di vetro o “stem”); “blunts” si riferisce alla generazione della marijuana (o del “blunt”), ovvero ai nati negli anni ’70. I paragrafi seguenti descrivono molte norme di condotta legate alle tre ere, secondo specifiche subculture.

 

  4. L'era dell'eroina a New York

Questa fase e’ stata esaurientemente descritta in altri lavori, e pertanto verra’ trattata brevemente. Specialmente tra i giovani della inner city nati tra il 1945 e il 1954, l’eroina divenne la droga illegale preferita. Nel periodo 1964-1965, la cultura di strada era dominata dall’eroina. Ai ragazzi veniva assicurato che essa procurava lo “sballo” massimo, certamente migliore di quello della marijuana e dell’alcool. I membri del gruppo di pari erano in grado di introdurli presto all’eroina. Di solito era infatti un membro del gruppo a fornire loro le dosi iniziali. Altri consumatori introducevano e insegnavano ai novizi le norme di condotta della subcultura dell’eroina che possiamo cosi’ sintetizzare: L’eroina e’ il massimo “sballo”; usala sempre; inizialmente, non consumarla cosi’ spesso da diventare dip[endente; sniffare non produce uno “sballo” decente; prova l’iniezione sottocute; l’iniezione in vena e’ ancora piu’ efficace della sniffata o della iniziezione sottocutanea per “sballarsi” e ottenere il massimo effetto da ogni dose; gli “speedballs”, (miscele di cocaina ed eroina) sono straordinari, ti fanno raggiungere velocemente lo “sballo” e ti fanno “ritornare” lentamente; impara i rituali e pratiche di iniezione; condividi l’eroina e le siringhe quando non hai abbastanza droga; per iniettarti eroina vai alla “gallery”; prendi in prestito gli strumenti per bucarti; “paga” il proprietario della “gallery” dandogli un po’ della tua eroina; cerca prestiti e impegnati in varie “missioni” (hustles) per procurarti il denaro per comprare l’eroina; commetti vari reati per trovare il denaro necessario all’acquisto; spaccia eroina p[er farti un bel po’ di soldi, e vivi alla grande; se non sono disponibili grandi quantita’ di eroina, aiuta i venditori svolgendo vari ruoli; evita le spese in contante per le necessita’ elementari (cibo, casa, vestiti ecc.), se riesci a convincere altri a fornirti gratuitamente le stesse cose; impara varie strategie per evitare la polizia, riducendo il rischio di arresto o di sanzioni penali gravi; impara il modo di evitare che altri ti rapinino o derubino del denaro o della droga; individua lo spacciatore migliore.

Un alto numero di eroinomani commetteva rapine, furti in appartamenti e negozi per finanziarsi il consumo di droga. Ma questi reati venivano commessi soprattutto per procurarsi il denaro necessario per l’eroina; la loro motivazione era quindi “economica-compulsiva”. Le vittime dei consumatori di eroina erano soprattutto cittadini ordinari, le loro case o piccoli negozi. Una volta presi le merci o il denaro, raramente l’autore del reato procurava un danno fisico alla vittima. I consumatori di eroina che commettevano questi reati raramente portavano pistole e ancora piu’ di rado le usavano.

 

La subcultura della vendita di droghe illegali.

Questi adol;escenti e giovani della generazione dell’eroina erano talmente abili da percorrere brillanti carriere come consumatopri e (spesso) spacciatori di droga. Sul finire degli anni ’60 la loro attivita’ ha letteralmente contribuito a creare un mercato della droga illegale in espansione, con un giro di affari di parecchi milioni di dollari. Nonostante le sanzioni molto pesanti (ergastolo) della legge Rockfeller sulla droga o la detenzione negli Istituti della NACC, pochissimi consumatori di eroina hanno smesso di spacciare. Anzi, si sono sviluppati grandi “supermercati” di strada per la vendita di eroina in cui numerosi venditori servivano molti compratori.

 

Pratiche di polizia

Mentre a New York la subcultura dell’eroina si stava ormai istituzionalizzando, altre crisi distolsero le risorse della polizia da operazioni mirate ai controlli e agli arresti di consumatori e spacciatori di eroina. La corruzione della polizia nella sua attivita’ di repressione del traffico di stupefacenti era stata smascherata. Per evitare la corruzione, ai poliziotti di zona venne ordinato di non arrestare gli spacciatori. All’inizio degli anni ’80, i numerosissimi distributori e venditori di droga nei quartieri della inner city avevanop stratto una sorta di patto informale con la cittadinanza assediata – che sicuramente non contava sulla polizia per allontanarli. Esso prevedeva che i cittadini non chiamassero la polizia, ne’ denunciassero singoli spacciatori, e che i venditori, dal canto loro, non rapinassero, svaligiassero o derubassero i cittadini dell’isolato. In cambio, gli spacciatori potevano usare gli spazi pubblici (specialmente parchi e angoli di strada) per condurre i loro affari, facendo numerose transazioni,  epotevano usare la droga in luopghi isolati. Anche se alcuni spacciatori portavano armi da fuoco per proteggersi da rapine, erano in genere tenute nascoste e venivano usate di rado. La violenza sistematica era certo presente, ma non era cosi’ frequente come lo sarebbe divenuta negli anni seguenti.

La diffusa percezione che lo spaccio nei luoghi pubblici fosse ormai dilagante ha contribuito notevolmente al ritratto che i media fecero della citta’: la capitale della criminalita’ [Coles e Kelling 1996]. Dai “signori della droga” e dai “grandi trafficanti”, fino al piccolo spacciatore di strada e ad altri individui impegnati nella distribuzione della droga, tutti erano considerati pericolosi nemici pubblici. In effetti, il ritornello dei leader della comunita’ divenne: “ripulire le strade” dagli spacciatori di droga.

All’inizio degli anni ’80, l’amministrazione Koch lancio’ la campagna denominata Operation Pressure Point. Questa fu la piu’ mirata iniziativa mai intrapresa fino ad allora per controllare il business illegale della droga. A tutte le principali agenzie venne ordinato di cooperare con il Dipartimento di polizia di New York. La polizia faceva irruzioni, istigava reati legati alla droga per poi poter arrestare il malcapitato e cosi via; i vigili del fuoco e gli addetti all’edilizia, dal canto loro ispezionavano e demolivano gli edifici abbandonati per eliminare i luoghi di spaccio. Alla meta’ del 1995, l’Operation Pressure Point aveva sostanzialmente eliminato il “supermercato” dell’eroina e della cocaina nel Lower East Side, che aveva fatto di migliaia di compratori e venditori una stabile comunita’ a basso reddito.

Appena prima che iniziasse l’era del crack nel 1985, l’amministrazione e il dipartimento di polizia di NewYork stavano dando vita ai processi sociali che dovevano “ripulire le strade”, disperdendo i principali “supermercati” di droga e impedendo che si spostassero in massa verso altri isolati vicini. E proprio allora l’era del crack calo’ sulla citta’!

 

5. L'era del crack a New York

Al principio del 1984, lo staff di ricerca incomincio’ a sentir parlare della “rock” cocaine (cocaina con aggiunta di bicarbonato di sodio) e della crescente popolarita’ del fumare la pasta di coca (freebase) tra i consumatori di cocaina. A New York, tale cocaina “rock” o “pasta” iniziava ad essere distribuita in fiale, che originariamente altro non erano che campioni di profumo, che gli spacciatori chiamavano “crack” invece di “rock” (il secondo termine era usato a Los Angeles e a Miami). Un articolo del “New York Times” del novembre 1985 etichetto’ come “crack” la pasta di cocaina venduta al minuto; e nel 1986 vennero pubblicati innumerevoli altri articoli e resoconti sul crack.

Tra il 1985 e il 1986, a New York (e in altre grandi citta’) esplosero l’uso e l’abuso di crack. La nostra successiva ricerca [Fagan, Golub e Johnson, 1995] ha mostrato che praticamente tutti gli sniffatori di cocaina, tutti coloro che si iniettavano l’eroina, e molti fumatori di marijuana avevano ormai l’opportunita’ di consumare il crack. Anche se molte furono le persone che provarono il crack e decisero di non consumarlo piu’ una quota molto significativa di sniffatori di cocaina e di consumatori di eroina della inner city, sia giovani sia adulti, iniziarono a farne uso diventando consumatori abituali.

Gli anni cruciali dell’era del crack sono stati quelli tra il 1985 e il 1989, e l’uso di questa droga e’continuato, con molti problemi, per tutti gli anni ’90. Le coorti di nati nel 1964-1970 sono divenuti maggiorenni nell’era del crack; questi soggetti sono chiamati stemmers perche’ continuamente mettevano pezzi di crack in una stretta pipa (chiamata ‘stem’) che veniva poi riscaldata con un accendino; il vapore della pasta di cocaina che si sprigionava era inalato (‘fumato’) dal consumatore. Spesso gli stemmers erano figli di membri della generazione dell’eroina e da essa educati; durante l’infanzia e l’adolescenza avevano subito gravi privazioni –e inoltre, raggiunti i 18 anni alla fine degli anni ’80, erano ormai ben socializzati alla cultura di strada e agli affari della droga.

 

La subcultura dell’uso e abuso del crack.

Rispetto al consumo di eroina durante l’era eponima, l’uso del crack e’ stato caratterizzato da un maggior impegno di tempo ed energia da parte dei consumatori di questa droga, specialmente durante le cosidette ‘corse’ o ‘missioni’. Sia la psicofarmacologia sia le norme sociali di condotta hanno pesantemente contribuito ad aumentare la frequenza del sonsumo di crack, molto al di sopra di quella dello sniffamento di cocaina o del buco di eroina.

 

Farmacologia.

Molti studi hanno documentato che fumare la pasta di cocaina provoca rapidi aumenti deilivelli di questa droga nel sangue (creando lo ‘sballo’ euforico) entro cinque minuti dal consumo. Dopo circa un’ora i livelli calano radicalmente, producendo una disforia (una temporanea ma intensa depressione). Nel periodo di disforia, il consumo di ‘hit’ o fiale di crack da un lato allevia la disforia stessa e dall’altro determina un altro episodio di euforia. Cosi’ la psicofarmacologia del crack costringe a una rapida risomministrazione di nuova droga, spesso entro un’ora dopo il primo consumo. Il secondo importante effetto psicofarmacologico della cocaina e del crack e’ la paranoia: paura che la polizia ti sia direttamente alle costole, che altre p[ersone siano pronte a rapinarti o a ruberti e cosi’ via. La paranoia indotta da crack (che i consumatori conoscono e che si aspettano) spesso induce il consumatore ad attaccar briga e accusare gli altri, e talvolta provoca autentiche risse. Il terzo principale effetto e’ un’ eccellente stimolazione. Mentre consumano il crack, i soggetti sono fortemente eccitati, molto svegli, ttivissimi, e hanno difficolta’ a rilassarsi, a riposare o a dormire.

 

La subcultura del crack

Tanto importanti quanto la farmacologia, comunque, erano le aspettative e le norme di condotta del consumo del crack che si svilupparono verso la meta’ degli anni ’80. Le norme di condotta erano le seguenti: il crack e’ cocaina pura (le impurita’ sono rimosse). Il crack provoca ‘sballi’ migliori. Tutti fumano crack. Spendi tutto il tuo reddito per il crack. Dedica tutto il tuo lavoro e la tua abilita’ alla ricerca del crack. Vendi sesso in cambio di crack. Passa il tuo tempo soprattutto con altri consumatori di crack. Abbandona amici, figli e famiglia per il crack. Partecipa alle ‘missioni’ o ‘runs’ di uso del crack. Trova continuamente denaro e crack senza dormire o mangiare, fino a che non sei del tuttop esausto. Appena hai denaro acquista piccole quantita’ di crack. Scambia lavoro o prestazioni (sesso incluso) per piccole quantita’ di crack.

Dal punto di vista sociologico, inialmente queste norme di condotta erano nuove costruzioni sociali di comportamenti e aspettative informali condivise in molti gruppi ad alto rischio (usualmente sniffatori di cocaina e fumatori di pasta di cocaina). Ma attraverso la condivisione tra sottogruppi, esse divennero una sorte di luogo comune e furono efficacemente istituzionalizzate, creando una ‘subcultura’ del ‘consumo del crack’ interamente nuova. La combinazione tra psicofarmacologia e norme di condotta, quindi, provoco’ un’esplosione del consumo del crack che ancora oggi,a distanza di un decennio, sembra davvero incredibile.

Il risultato piu’ importante e’ stato il drammatico aumento della frequenza del consumo di crack dell’impegno dei consumatori per procurarselo. Mentre la dose tipica di un quotidiano consumatore di eroina era di 1-2 iniezioni al giorno, il tipico fumatore abituale di crack, alla fine degli anni ’80, fumava molte piu’ volte al giorno. Circa i due terzi dei consumatori di crack nel 1988 riferivano quattro o piu’ episodi di consumo al giorno e molti ne denunciavano una frequenza assai piu’ elevata. Gli stemmers di solito si impegnavano in ‘missioni’ che consistevano in un modello ciclico piu’ volte ripetuto (spesso di appena un’ora) di ricerca dei fondi per procurarsi il crack e del conseguente consumo. Cio’ significava, in pratica, un dispendio straordinario delle risorse fisiche, del tempo e delle capacita’ del consumatore – il tutto volto ad un maggior consumo di crack.

Spesso le ‘missioni’ duravano 48-72 ore, senza mai dormire o riposarsi. Il senso del se’, i propri fini, le proprie azioni, le capacita’ e l’impegno psicologico della persona erano letteralmente dedicati alla ricerca della successiva dose di crack.

Emergeva un modello ciclico molto comune. Il consumatore di crack commetteva un piccolo reato che fruttava pochi dollari (per esempio 10-20 dollari), l’intera somma veniva spesa quasi immediatamente per il crack che veniva rapidamente fumato. Il ciclo si ripeteva entro appena un’ora o due, e cosi via per moli cicli e per parecchi giorni. Questo significa che il tipico fumatore di crack faceva numerosi acquisti ogni giorno, anche durante le ore in cui la maggior parte delle persone normali dorme. Se pensiamo alle migliaia di compretori-consumatori di crack, il ciclo ripetitivo di reato-acquisto-consumo generava centinaia di migliaia di transazioni di acquisto e vendita. Cio’ si e’ tradotto in uno straordinario aumento della ‘domanda’ di crack (come la chiamano gli economisti) alla meta’ degli anni ’80 ( rispetto a quella di eroina o di cocaina in polvere). Tale aumento e’ stato veramente sensazionale: sembrava quasi che fosse stato inventato un prodotto interamente nuovo e fosse stato creato un nuovo formidabile mercato (che generava milioni di transazioni di vendita). Questo, inoltre, ha radicalmente cambiato anche i modelli di distribuzione e vendita di droga.

 

La subcultura della distribuzione del crack.

La grande espansione di acquisti ripetuti  (la domanda) di crack trasformo’ radicalmente la distribuzione e la vendita illegale della droga. Dato che la vendita di cocaina nel 1984-1985 era un reato grave (e la vendita di crack sarebbe stata sanzionata ancor piu’ pesantemente a partire dal 1989), l’ “industria delle droghe illegali” dovette trasformarsi profondamente, non solo per proteggersi dalla polizia e dal rischio del carcere, ma anche per rifornire i consumatori incalliti di crack tutte le volte che essi disponevano di denaro. Migliaia di giovani della inner city condussero i loro ‘esperimenti’ individuali di vendita di crack – con molti rischi (inclusi arresto e carcerazione). Entro una data area locale (un isolato della inner city), parechi spacciatori si osservavano e negoziavano con altri spacciatori cosi’ da sviluppare norme di condotta che funzionassero meglio. Anche se ciascun venditore le interpreteva in modo differente, parecchie strutture e norme di condotta chiave si trasformavano rapidamente nel periodo 1983-1986, istituzionalizzandosi a partire dal 1987.

Le norme di condotta riguardanti la vendita cambiarono e si svilupparono velocemente, e possiamo sintetizzarle cosi’: il; crack lo vendi in un baleno; il craclk ti fa fare ‘denaro a palate’; vendi nelle ore migliori (le sere dei weekend); sii il capo di te stesso; lavora le tue ore; impadronisciti di un luogo e vendi regolarmente in quel posto; mantieni buoni rapporti con la concorrenza; non vendere alla polizia e ad agenti infiltrati; informalmente maniteni buoni rapporti con i non copnsumatori che vivono nella comunita’; stai attento a non farti rapinare o derubare della droga.

Il rispetto di queste norme di condotta fece si’ che praticamente tutti coloro che vendevano droghe illegali incominciarono a spacciare crack. La frequenza delle vendite di crack e i loro profitti erano molto piu’ alti rispetto a quelli di marijuana, eroina o cocaina in polvere. Anche le persone che erano prevalentemente sniffatori di cocaina, fumatori di marijuana o consumatori di eroina divennero venditori di crack per procurarsi il denaro necessario all’acquisto della loro droga preferita. Durante il periodo 1984-1988, quasi l’intera forza lavoro impegnata nell’industria illegale della distribuzione delle droghe venne attratta verso vendite di crack, o aggiungendo il crack alle droghe che gia vendevano, oppure diminuendo le vendite di altre droghe (eroina, marijuana, cocaina in polvere).

 

La strutturazione dell’industria del crack.

Nella vendita del crack si svilupparono molti ruoli chiave: il venditore ‘freelance’, il venditore saltuario, il luongotenente, il grossista e, assai importante, i distributari di basso livello. Come in qualsiasi affare legale, il fattore chiave dell’intera industria del crack era il seguente: “stai sempre attento al denaro (e alle droghe)”. Gli individui che compravano all’ingrosso cocaina (o crack), e vendevano la maggior parte del prodotto in cambio di denaro contante (piuttosto che consumarlo), si guadagnavano una ‘buona reputazione nel giro’ e facevano un sacco di soldi. A Tali persone si aprivano carriere come quelle di venditori, luongotenenti di ‘crew’, grossisti,  e venditori all’ingrosso. Al contrario, la grande maggioranza dei potenziali venditori ‘erano sempre in ritardo con il pagamento e vendevano a prezzi troppo bassi’ Questo era vero specialmente per coloro che consumavano la maggior parte del prodotto destinato alla vendita. Essi si facevano rapidamente la reputazione di essere tipi inaffidabili; la maggior parte di essi non venivano piu’ considerati venditori di cui ci si poteva fidare, ed erano gia’ fortunati se riuscivano a svolgere occasionalmente ruoli di distribuzione di basso livello.

Specialmente  nel periodo 1984-1987, il; venditore ‘freelance’ era molto comune. In genere era una sorte di giocoliere (juggler) che acquistava (o p[rendeva a credito) 10-25 fiale (un bundle) di crack; se le vendeva tutte ad un prezzo al dettaglio standard (in media 10 dollari di allora), raddoppiava il suo investimento. Egli era quindi in grado di ‘reinvestire’ (ovvero, procurarsi altrettante, o piu’ fiale da vender) ritornando a rifornirsi dal suo fornitore. In parecchi cicli di vendita e nuovo rifornimento, il venditore freelance faceva da cinque a cinquanta transazioni al giorno ( a seconda di quante fiale i vai clienti acquistavano alla volta). Ma la grande maggioranza non guadagnava molto a causa della concorrenza, perche’ doveva pagare altri che li aiutassero a vendere, o perche’ vendevano a ‘prezzi stracciati’ (ricevedno meno al dettaglio), e, cosa molto importante, a causa del consumo personale del crack che poteva essere destinato alla vendita. Molte persone che cercavano di fare i venditori freelance non avevano rendite costanti tali da consentire loro di continuare il ciclo di acquisto e vendita, e cosi, nei fatti, fallivano – almeno in un dato giorno.

Alcuni venditori di crack, comunque, riuscivano a guadagnare molto denaro. Questi individui presto diventavano leader di una banda (crew) o fornitori di quantita’ all’ingrosso. Essi costruivano un piccolo gruppo affaristico, chiamato ‘crew’, ‘posse’ o yellow tops’ (secondo un marchio di un qualche tipo). Il grossista (colui che si procurava rifornimenti all’ingrosso di crack) e la persona che sovrintendeva alla preparazione dei ‘bundles’ di fiale ingaggiavano un boss o luongotenente della crew che aveva il compito di reclutare persone e di gestire le vendite di strada. Il boss assumeva gente per svolgere ruoli molto specifici di distribuzione a basso livello (per esempio, il ‘counter’ che ‘contava’ il denaro del cliente, il ‘pitcher’ ovvero colui che m,aterialmente consegnava il crack al compratore, l’ ‘holder’, che custodiva i rifornimenti all’ingrosso, il ‘lookout’, che vigilava sui movimenti della polizia o dei concorrenti, ecc). Una volta ben organizzate e gestite, tali crews erano capaci di vendere facilmente piu’ di 1000 fiale di crack nel corso di 100-300 transazioni al giorno. Poiche’ i distributori di basso livello (holders, l;ookouts, pitchers, ecc.) erano tipicamente pagati in crack (che essi a loro volta potevano consumare o vendere), piuttosto che in denaro contante, di fatto il grossista riceveva quasi tutto il contante ricavato dalle vendite. Il grossista e il boss della crew facevano denaro a palate (cifre che spesso oscillavano dalle centinaia e piu’ di mille dollari al giorno). Specialmente se il grossista riusciva a vendere un buon prodotto ‘24/7’ (cioe’ per 24 ore al giorno, e per sette giorni alla settimana), assumendo parecchi boss che si occupavano dei distributori di differente livello, i profitti potenziali erano astronomici. Ma a causa degli alti costi diretti (pagamento dello staff, affitto, cibo,divertimento) e di importantissimi costi non monetari (addestramento e supervisione di uno staff mutevole, concorrenza di altri venditori, evitare la polizia, arresto, carcerazione), per la maggior parte dei venditori sistematici di crack la realizzazione di buoni profitti era problematica.

Durante il periodo 1984-1986, i venditori e i distributori di basso livello, spesso numerosi, smerciavano attivamente quasi in ogni isolato della inner city di New York (e anche in molte aree di classe media e residenziali). Essi conducevano i loro affari apertamente nelle strade, si prendevano ‘spots’, ovvero luoghi ove conducevano i loro affri, e vendevano senza tregua per parecchie ore durante molti giorni della settimana. Anche se in un certo isolato gli spacciatori cambiavano spesso, i compratori potevano sempre scegliere tra parecchi venditori di crack. Anzi, i compratori potenziali dovevano addirittura respindere le offerte provenienti da molti potenziali venditori. Quelli piu’ decisi spesso avvicinavano dei completi sconosciuti, inclusi coloro che passavano in macchina, per completare le transazioni di vendita. Alcuni isolati della inner city di New York divennero mercati di strada del crack, con piu’ di 100 venditori e ancor piu’ compratori, che venivano ad acquistare il crack. Tali mercati spesso erano attivi tutto i giorni della settimana per 24 ore.

Nel periodo tra il 1984-1986 i venditori di crack non si preoccupavano molto della polizia e delle sanzioni penali. Le persone che cercavano di fare ‘denaro a palate’, e di assicurarsi il proprio consumo di crack, erano cosi’ tanti che il problema principale era piuttosto la concorrenza. Il prezzo al dettaglio di una fiala diminui’ da 20 dollari per un ‘jumbo’ (1986) a circa 5 dollari per una piccola fiala (1988); occasionalmente il prezzo di una fiala molto piccola poteva arrivare addirittura a due o tre dollari. Il numero straordinario di venditori e distributori che cercavano di vender crack in un dato giorno era il problema principale cui si trovava di fronte ogni spacciatore o ogni crew. Infatti, io compratori che disponavano di denaro contante spesso potevano negoziare prezzi piu’ bassi (shorts) tra i numerosi venditori.

I numerosi sforzi volti a diminuire o a controllare la concorrenza tra venditori di crack sono una delle ragioni principali dell’aumento di quella che Gldstein chiama ‘violenza sistematica’. L’aumento della violenza (vuoi come autori vuoi come vittime) avveniva – per la maggior parte – tra i partecipanti all’industria della distribuzione del crack, e talvolta tra altre persone di strada o membri di famiglie che vivevano con loro. Per di piu’, secondo le nostre osservazioni, varie forme di violenza sistematica aumentarono drammaticamente; ma questa crescita non e’ registrata nelle statistiche sugli arresti, per due ragioni. In primo luogo, l’illegalita’ del crack e della cocaina faceva si’ che i distributori vittime di violenza sistematica non ricorressero alla polizia ne’ denunciassero altre persone. Analogamente, le norme di condotta della subcultura della droga e della strada vietavano fermamente di riferire alla polizia qualsiasi violenza subita. Cosi’ praticamente tutti i reati violenti commessi contro consumatori o venditori di crack o di altre droghe, o contro persone di strada non comparivano e non compaiono nelle statistiche criminali ufficiali (per esempio, come denunciati alla polizia o arrestati, salvo forse in caso di omicidio). In secondo luogo, i venditori di crack erano bersagli estremamente idonei perche’: a ) essi avevano molto contante durante i giorni in cui le vendite erano buone, oppure perche’: b) spesso possedevano grandi quantita’ di crack (o di altre droghe), quasi altyrettanto preziose del denaro.

Dal punto di vista di un potenziale autore di reati, l’unica ragione per non compiere atti di violenza contro i venditori e altri distributori di crack era la paura di ritorsione da parte del venditore stesso o dei leader delle crews. Spesso questa stessa logica sta alla base della violenza contro altri soggetti appartenenti alla cultura della strada: l’homeless, le prostitute, o i ladruncoli di negozio. Anche se una cospicua minoranza di persone violente continuava a scegliere le proprie vittime tra i comuni cittadini (quelli non coinvolti nell’industria della droga e nella cultura di strada), piu’ o menmo come all’inizio degli anni ’80, si ritiene che il volume della violenza sia nell’insieme aumentato. In che modo la straordinaria concorrenza interna all’industria della distribuzione di droga e di creck ha trasformato le subculture delle pistole, della rapina, della minaccia e della vita domestica alla fine degli anni ’80?

 

La subcultura delle pistole.

Gli spacciatori di crack compresero presto che molti soggetti stavano prendendo a bersaglio proprio lor per rapinarli, per svaligiare i loro nascondigli e derubarli. La maggior parte di essi escogitarono numerose tattiche per proteggersi dalle rapine. Una delle piu’ importanti decisioni prese da molti venditori di droga era di comprare o comunque avere una pistola, e talvolta di portarla con se’. I venditori individuali e freelance, portavano con se’ le pistole per proteggersi, e occasionalmente le usavano se qualcuno cercava di rapinarli o di penetrare nel loro luogo di vendita.

Particolarmente importante per lo sviluppo della violenza sistemica alla fine degli anni ’80 e’ l’organizzazione di “imprese” per la vendita del crack (per esempio, le crews). Quasi ogni crew assumeva o comunque incaricava qualcuno che facesse da ‘duro’ o ‘protettore’ del grossista, del boss e di coloro che temporaneamente venivano impiegati nella vendita del crack. Anche se le armi da fuoco erano in realta’ pagate e possedute dal grossista, spesso il ‘duro’ era responsabile di esse (le teneva nascoste nelle vicinanze, e le prendeva quando era necessario). Se il grassista o il boss della crew avevano ragione di credere che le armi fossero necessarie, il ‘duro’ doveva portarle e usarle, come gli era stato ordinato o come era ritenuto opportuno dai suoi capi. L’acquisto e l’uso di pistole divennero un aspetto importante della divisione del lavoro nelle crew di vendita di droga e un processo quasi razionale volto non solo a massimizzare i profitti, ma anche – e specialmente – a evitare le perdite. In particolare, la violenza con armi da fuoco) era in gran parte il frutto di decisioni relativamente intenzionali dei grossisti della droga che ordinavano ai ‘duri’ di usare le pistole per ferire o uccidere una certa persona.

Per quanto riguarda il possesso e l’uso di pistole bisogna sottolineare il ruolo importante dei minorenni nell’industria del crack. La nostra ricerca, per lo piu’, non si e’ occupata ne’ di ragazzi ne’ di armi da fuoco. Ma i piu’ vecchi consumatori e venditori di crack (sopra i 25 anni) sottolineavano che i ‘ragazzini’ nel commercio del crack erano davvero terribili e pericolosi, e assolutamente da evitare. Secondo la nostra ipotesi, moltissime persone, nate tra il 1962 e il 1972, e che nella fase espansiva dell’era del crack (1985-1988) erano minorenni, specialmente coloro che erano stati esposti a molte violenze nlle loro famiglie e nelle loro reti amicali, si autocandidarono in giovanissima eta’ (10- 13 anni) ai ruoli di distribuzione del crack. Inzialmente assunti dai boss delle crews come ‘lookouts’, ‘touts’ (procacciatori di clienti) e ‘carriers’ (corrieri di droga), questi adolescenti imparavano presto che si guadagnavano molto piu’ ‘rispetto’ e ‘reputazione’mostrandosi violenti e imprevedibili, che non compiendo molte transazioni. Uno dei piu’ efficaci simboli (e un vero strumento) era esibire visibilmente un’arma da fuoco o parlarne continuamente. Questi ragazzi che disponevano di armi da fuoco o che potevano procurarsele venivano spesso assoldati come ‘duri’ dai boss delle crew; e alcuni erano addirittura ‘assunti a contratto’ per sparare a una o piu’ persone specifiche.

 

La subcultura della rapina

I mercati del crack trasformarono radicalmente le norme di condotta della rapina. Anche se i rapinatori occasionalmente prendevano a bersaglio cittadini o negozi, rispetto all’era dell’eroina le rapine a cittadini erano relativamente meno frequenti. I rapinatori preferivano i venditori di droga. Essi osservavano da vicino una o piu’ spacciatori, notavano attentamente dove essi nascondevano il denaro o la droga, e poi, quando non erano ben protetti, li rapinavano. Durante le rapine a danno di venditori di crack o di distributori di basso livello che ‘custodivano’ droga o denaro, i rapinatori di solito portavano un’arma da fuoco, la impiegavano per intimare alla vittima-spacciatore di ‘consegnare’ il bottino, e talora, se la resistenza era decisa, gli sparavano. Talvolta anche la vittima era armata, e poteva avvenire una sparatoria.

Ma i rapinatori che sitematicamente prendevano a bersaglio i venditori di droga o i membri di una crew di crack alla fine diventavano noti. In molti omicidi non risolti probabilmente l’autore era un soggetto conosciuto dalle sue vittime o boss di crew dui crack come un rapinatore ‘temerario’. Di conseguenza, i ‘duri’, o un killer assoldato, gli sparavano dietro ordine di uno o piu’ venditori di droga. In altri termini, un rapinatore conosciutoi e visibile attaccava l’esistente sistema di distribuzione del crack. Tale sistema organizzava quindi una risposta sistemica ordinando che il rapinatore venisse ucciso e sovrintendendo alla sua esecuzione (al di fuori del sistema legale).

 

La subcultura della minaccia

Le reti di distribuzione del crack trasformarono anche le norme dicondotta relative alla minaccia e al comportamento aggressivo. I venditori, secondo queste norme, dovevano essere: aggressivi e minacciosi per evitare di essere rapinati o per trarne profitto; reagire e urlare a coloro che li minacciavano; contrattaccarese qualcuno li minacciava fisicamente; portare armi per proteggersi; fare a pugni o a coltellate; disprezzare e sminuire i propri avversari; minacciare gli altri o aggredire fisicamente le persone che tentavano di vendere il crack nel lor territorio; mantenere la propria reputazione di tipi pericolosi e duri, a prescindere dal danno fisico inflitto o subito. Il; risultato era che numerosi freelancers e venditori di crack spesso si minacciavano e si aggredivano a vicenda – ma non veniva mai chiamata la polizia. Entrambe le parti in lotta potevano sempre rivendicare di aver mantenuto la propria ‘reputazione’ non indietreggiando di fronte alle minacce.

I leader delle crew di crack svilupparono un ulteriore insieme di norme di condotta sistemiche che erano applicate ai loro ‘quasi impiegati’, e che possiamo sintetizzare nel modo seguente: non consumare mai droga mentre vendi per questa crew; non accettare mai ‘shorts’, ovvero meno del prezzo intero al dettaglio; paga sempre i tuoi debiti non appena hai denaro; mostra sempre di rispettare il boss della crew; non dare mai informazioni alla polizia; non vendere droga agli agenti infiltrati o a persone che non conosci; tutti i membri della crew devono proteggere il territorio di vendita dalla concorrenza; gli estranei che vendono sul terrotorio della crew devono essere punito per questa mancanza di rispetto.

Le norme di condotta della crew, naturalmente, prevedevano tutta una serie disanzioni bene note. I giornalieri che accettavano prezzi inferiori o che si drogavano mentre vendevano non venivano piu’ riassunti, e talvolta venivano bastonati. I lavoratori che non pagavano i debiti di droga (che consumavano due o piu’ bundles invece di venderli) potevano aspettarsi di essere selvaggiamente picchiati, e forse storpiati. Quelli che aiutavano i concorrenti potevano essre presi a revolverate e forse uccisi. Spesso i fornitoridi droga ordinavano ai ‘duri’ di aggredire un ex lavoratore cosi’ brutalmente da mutilarlo o storpiarlo in modo irreversibile. Poiche’ le norme di condotta proibivano alla vittima di denunciare formalmente il fatto alla polizia, gli arresti di membri di crews di crack responsabili di aggressione aggravata premeditata erano rari (al contrario, un omicio provocava indagini della polizia, possibili accuse contro membri della crew, e un alto rischio di finire in carcere). Talvolta, comunque, ex ‘impiegati’ che avevano tradito venivano assassinati. Nel complesso, in molti degl;i omicidi classificati da Goldstein come frutto di ‘violenza sistemica’ le vittime probabilmente erano state uccise dietro l’ordine dei boss di crews. Il numero di minacce che provocavano lesioni gravi era molto grande, quello delle risse ancor di piu’e le dispute tra crews erano cosi’ diffuse che e’ impossibile contarle. Quasi nessuna delle aggressioni aggravate ordinate dai grossisti di crack ai danni dei propri accoliti provocava una denuncia alla polizia o l’arresto.

Una terza principale forma di violenza sistemica era costituita da lotte e (talvolta) sparatorie tra crews di crack per il controllo di un dato territorio di vendita. Tali conflitti erano i piu’ pericolosi per la cittadinanza locale, che inavvertitamente poteva trovarsi in mezzo a una rissa o a una sparatoria. Di solito, comunque, uno o due membri di una data crew venivano presi a revolverate e persino uccisi.

Talvolta, tali eventi, provocavano ritorsioni; occasionalmente entrambe le crews abbandonavano l’area per un po di tempo perche’ l’attivita’ della polizia era diventata troppo incalzante. Nel complesso, le aggressioni aggravate aumentavano notevolmente soprattutto perche’ ;e crews di crack ‘disciplinavano’ sistematicamente i membri che violavano le norme di gruppo, e avevano bisogno di proteggere la propria reputazione e il territorio di vendita.Minacce e altre violenze erano dirette contro i venditori freelance, oppure accadevano tra i singoli venditori.

 

Risposte politiche e di polizia al crack

Durante il 1986 i media nazionali non facevano che parlare del consumo e della vendita del crack, e di come il crack stesse minando le inner cities della nazione.Anche se queste storie erano sensazionalistiche e allarmistiche, tali resoconti mettevano in evidenza uno o piu’ elementi della ‘crack story’, cosi’ come e’ stata qui’ delineata. Per giunta, mentre il crack esplodeva alla meta’ degli anni ’80, nessun politicoaveva la minima idea sul modo di prevenirlo. Per prevenire i cicli ripetitivi e irrefrenabili del consumo di crack non era disponibile alcun trattamento medico-farmacologico (come il metadone). I leader politici, dal canto loro, si rendevano conto che i giornalisti e l’opinione pubblica americana ormai chiedevano che si desse in tempi rapidi una risposta ferma e dura. L’iniziativa di polizia denominata Operation Pressure Point ( in vigore a partire dal 1983) gia nel 1986 era inadeguataper contenere la marea di venditori di crack che ormai si trovavano in ogni luogo della citta’. Nel 1987 l’amministrazione della citta’ inizio’ a pianificare una risposta che prevedeva di aumentare enormemente le risorse disponibili per combattere lo spaccio del crack. Nel 1988 vennero introdotti i Tactical Narcotics Teams (TNT), ai quali venne riassegnato circa un quarto delle risorse del Dipartimento di polizia di new York. Il fine primario dei TNT era ‘riprndersi le strade’ concentrandosi sugli arresti di distributori di basso livello e spacciatori di strada. Le tattiche principali erano infiltrarsi, istigare a commettere reati di droga per poi poter arrestare, sorvegliare l’andamento del giro di affari, e occupare con forze di polizia  importanti isolati divenuti ormai supermercati della droga. Spesso altri enti (dipartimento dei vigili del fuoco, dell’edilizia, delle tasse ecc.) cooperavano strettamente in questo tentativo di ‘sterilizzare’ isolati infestati da venditori di crack. Anche se i TNT spesso riuscivano a riprendersi il controllo di isolati selezionati; tuttavia in seguito e’ emerso che moplti consumatori e venditori di crack si erano spostati in altri luoghi. Il sistema della giustizia penale venne ampliato in modo che potesse gestire efficientemente un carico di processi che negli anni ’80 era raddoppiato.

A livello federal;e, il Congresso emano’ leggi che prevedevano pene assai severe per il possesso o la vendita di piccole quantita’ di crack (circa dieci fiale). La legislazione relativa ai reati gravi, inoltre, inaspriva le pene di coloro che venivano dichiarati colpevoli da corti statali. La maggior parte delleleggi riguardanti il crack entro’ in vigore tra il 1988 e il 1989. Tra il 1980 e il 1990,nello stato di New York la popolazione carceraria raddoppio’ (come quella a livello nazionale), e la maggior parte dei nuovi detenuti erano persone condannate per possesso o vendita di stupefacenti, soprattutto di crack. Nel complesso, le politiche governative e le pratiche di polizia si focalizzarono direttamente sui distributori e gli spacciatori di crack; a migliaia vennero arrestati, processati, condannati a differenti pene, e alla fine degli anni ’80 circa 30.000 nuove persone vennero recluse negli Istituti di pena dello stato di New York.

 

6. L'era del 'blunt' di marijuana (dal 1990 a oggi)

A fronte di cio’ che stava accadendo nelle strade di New York alla fine degli anni  ’80, verso il 1990 incomincio’ una trasformazione, allora poco notata. I venditori di crack raccontavano di ‘non vedere alcuna faccia nuova’. Quasi tutti i loro clienti, consumatori incalliti, erano vecchie conoscenze, ma non si notava nessun nuovo iniziato al crack. Nondimeno, l’offerta di cocaina rimaneva eccellente, la qualita’ buona e i prezzi all’ingrosso erano stabili o in diminuizione – e questo resta vero anche oggi.

 

La cultura del consumo di crack e di eroina.

Negli anni ’90, la generazione dell’eroina e quella del crack continuavano a consumare regolarmente la loro droga preferita. Ma l’impegno di tempo, energie e abilita’ destinato al crack sembrava diminuire notevolmente. Specialmente tra chi abusava di crack, meno numerosi erano i soggetti capaci di sostenere ‘missioni’ di molti giorni, e il numero di giorni tra una missione e l’altra aumentava. Gli stemmers consumavano abitualmente il crack solo da una a tre volte circa al giorno. In breve, il consumo di crack degli stemmers si attesto’ circa allo stesso livello di quello di eroina: ovvero, una media di due volte al di’, spesso con un intervallo di parecchi giorni tra una somministrazione e la successiva. In breve, le norme di condottasono diventate le seguenti: consuma il crack quando puoi ottenere denaro; convivi con gli alti e i bassi del consumo del crack; evita o ignora il disprezzo altrui; dividi il crack con altri; cerca aiuto solo tra piccoli gruppi di altri consumatori di crack (o di eroina).

Inoltre, i consumatori di eroin tramite iniezione e i fumatori di crack dovevano scontrarsi tutti i santi giorni con una societa’ e con subculture di strada fortemente coese nell’ostilita’ verso i loro comportamenti e stili di vita. Non solo dovevano eludere una piu’ efficace sorveglianza di polizia e un sistema penale meglio organizzato (nonche’ tutti gli altri settori della societa’ convenzionale, come si vedra’ piu’ avanti), ma dovevano anche fare i conti con il fatto che le subculture della inner city li disprezzavano apertamente ed evitavano di aiuitarli. Cio’ contribui’ a spingerli a sottoporsi a trattamenti medici o ad esporsi ad altri controlli sociali (descritti sotto)

 

La subcultura del disprezzo e del rifiuto.

La piu’ notevole trasformazione, comunque, avvenne tra i giovani della inner city che erano nati negli anni ’70 e che avevano raggiunto l’eta’ adulta negli anni ’90 e che avevano raggiunto l’eta’adulta negli anni ’90 ( i cosiddetti blunts). Essi svilupparono norme di rifiuto molto rigide riguardanti in particolare il funo di crack e l’iniezione di eroina,ma anche lo sniffare cocaina ed eroina, norme che possiamo sintetizzare cosi’: non consumare crack; i drogati di crack sono ‘merda’! l’iniezione di eroina causa l’Aids; i tossicodipendenti sono la feccia della terra; sii prudente, resta vivo! Non mescolare cocaina o eroina con la mia marijuana; evita ed escludi i consumatori di eroina e crack dal gruppo dei pari! Sotto molti aspetti, il rifiuto del crack e del ‘buco’ riguarda anche lo sniffare cocaina e eroina, e cosi’ i giovani della inner city raramente provano queste droghe, e ancor meno spesso ne diventano abituali consumatori.

Il fatto che i blunts siano riusciti ad evitare le droghe pesanti e’ importante poiche’ molti dei nati in questa coorte sono cresciuti in famiglia seriamente disagiate ove uno o piu’ adulti erano ( espesso lo sono ancora oggi,nel 1998)  consumatori giornalieri di eroina e/o crack. I blunts affermano di evitare il crack e l’eroina soprattutto a causa deimodelli’negativi’ di cui hanno fatto esperienza nella propria vita. Essi chiaramente non vogliono emulare i loro genitori, i fratelli e le sorelle piu’ vecchi, i parenti stretti o altre conoscenze del quartiere che erano ( e sono) invischiati nel crack,nell’iniezione di eroina, nel consumo o nella distribuzione di droga. I blunts ci parlano della devastazione della ‘propria’ vita dovuta al consumo o al traffico di crack da parte di genitori,fratelli maggiori, altri parenti, o amici adulti, e accusano l’eroina e/o il crack della loro poverta’, dei loro problemi e difficolta’. I blunts possono essere consapevoli che l’attivit’ di polizia e’ piu’ ferma, il rischio del carcere piu’ elevato, o il sistema del welfare sta cambiando. Tuttavia negano che il rifiuto del crack o dell’eroina sia dovuto innanzitutto agli sforzi di controllo sociale intrapresi dalla societa’. Piuttosto, essi sottolineano continuamente i modelli negativi della famiglia, di parenti e amici o la profonda stigmatizzazione dei consumatori di crack e eroina da parte  dei loro pari. Tra i giovani piu’ ostili al crack, molti provengono da ambienti ad alto rischio. I blunts inoltre, come essi stessi ci dicono, evitano, umiliano o puniscono i loro genitori o parenti che continuano a usare crack o eroina.

Rispetto agli stemmers del 1988, seguire le norme di condotta volte ad evitare crack ed eroina fa si’ che innanzitutto i blunts dispongano di molti ‘tempi morti’. Anche se il consumo di blunt di marijuana (vedi sotto) puo’ riempire parte di quel tempo, essi non sono costretti a sobbarcarsi tutte quelle attivita’ febbrili e interminabili volte ad assicurare e a consumare la loro droga preferita, come dovevano fare gli stemmers e (in minor misura) i membri della generazione dell’eroina quando avevano la loro stessa eta’, ovvero tra i venti e i trent’anni.

 

La subcultura della marijuana e ‘blunt’.

I blunts, comunque, non hanno certo adottato gli standard della societa’ convenzionale per evitare tutte le droghe illegali. Anzi, essi hanno creato e istituzionalizzato la loro droga preferita. I ‘bunts’ (marijuana mescolata a tabacco), e anche un alto consumo di alcolici, sono divenuti la droga preferita di questa coorte successiva all’era del crackl.

Tra gli arrestati della inner city, coloro che consumavano da una vita marijuana erano numerosi (quasi tre quarti), sia tra gli adulti sia tra i giovani di 18-20 anni in tutto il decennio abbracciato da quella ricerca. Alla fine degli anni ’80 il consumo corrente di marijuana (negli ultimi 30 giorni dal momento dell’intervista) confermata dall’analisi delle urine riguardava circa il 30% dei soggetti, quota che resta immutata tra i sottogruppi adulti. Tra i giovani di 18-20 anni il consumo di marijuana, scoperto da queste analisi, riguardava il 30% circa dei soggetti nel periodo 1987-89,mentre tale percentuale nel periodo 1996-97 saliva quasi al 60%.

Elenchiamo alcune norme di condotta della subcultura del blunt: fuma marijuana in un sigaro; goditi il  rituale di preparazione; dividila con gli amici; consumala insieme a birra o alcolici; dopo il consumo passa molto tempo godendoti l’effetto euforico e ‘ritornando’ lentamente considera la marijuana come una ‘non droga’; metti insieme le risorse del gruppo dei pari per comprare marijuana; talvolta commetti un piccolo reato per procurarti il denaro necessario per comprarla;mantieni buoni rapporti con i venditori di marijuana; a volta vendila agli amici per poter ‘fumare gratis’ (in tutti questi aspetti, la subcultura del blunt non e’ molto diversa dalla subcultura del consumo di marijuana in forma di ‘joints’. La differenza principale sta nei legami percepiti con l’etnicita’ e gli stili musicali preferiti).

 

La subcultura della vendita di droghe illegali.

I blunts sanno bene di trovarsi di fronte a un dilemma quando si tratta di vendere droghe. Puo’ essere difficile procurarsi quantita’ all’ingrosso di marijuana senza disporre di molto denaro in contanti; e inoltre il margine di profitto in questo caso e’ stretto. Piuttosto, i blunts possosno scegliere di vendere crack o eroina a persone piu’ vecchie. Essi, comunque, possono accedere soprattutto ai ruoli di distribuzione a basso livello, ma qui essi trovano la concorrenza degli stemmers e degli eroinomani – che spesso accettano pagamenti in droga (invece che in contanti). Anche se nei mercati del crack e dell’eroina, i venditori o i distributori sono numerosi, i blunts possono essere buoni spacciatori perche’ non consumano queste droghe. Soltanto pochi di loro, comunque, sono in grado di rifornirsi di grandi quantitativi, e di vendere direttamente ai consumatori di crack e di eroina. Poiche’ l’attivita’di polizia e’ intensa, poiche’ generalmente si spaccia in locali semiprivati e soltanto a compratori conosciuti, poiche’ la concorrena e’ forte, e poiche’ la domanda di crack e di eroina e’ molto piu’ bassa,i guadagni della maggior parte dei blunts che vendono eroina e crack sono relativamente modesti e instabili. Anche i pochi che guadagnano abbstanza bene seguono abitualmente procedure di sicurezza volte a ridurre il rischio di essere arrestati (da parte di agenti infiltrati) o rapinati. In particolare, essi nascondono il contante lontano dalla merce.

 

La subcultura della rapina.

Mentre i blunts si dedicano all’uso di marijuana, molti di loro commettono reati diversi da quelli di droga. Probabilmente, coloro che commettono rapine sono meno di un quarto. Anche se i dati non sono chiari, i bersagli preferiti di questi rapinatori sembrano essere persone che vendono crack o eroina, e talvolta marijuana. I blunts che rapinano devono osservare molto attentamente gli spacciatori presi di mira per sapere quando la vittima ha il denaro e/o e’ vicina al luogo segreto in cui esso viene custodito. Anche se i cittadini continuano ad essere bersagli di questi rapinatori, ormai molti portano con se’ poco contante, affiudandosi a carte di credito o a bancomat; inoltre, e’ probabile che la polizia, in caso di denuncia della vittima, persegua attivamente e arresti quelli che rapinano i normali cittadini. Cosi’ a partire dalla meta’ degli anni ’90, la subcultura della rapina si e’ notevolmente indebolita.

Probabilmente la rapina e’ diminuita molto tra i blunts (rispetto agli stemmers), perche’ il consumo di marijuana non era, e non e’, collegato a questop reato. I fondi richiesti per comprarsi marijuana sono sufficientemente piccoli che anche reati meno gravi (ad esempio, furtarelli nei negozi, l’imbrogliare i clienti ecc.) sono in grdo di assicurarli (la rapina economico-compulsiva viene raramente commessa dai blunts).

Analogamente, nella storia del mercato della marijuana la violenza sistematica e’ stata modesta. Crews organizzate di venditori non si sono impegnate in guerre territoriali o rapine per il controllo del territorio della marijuana. E inoltre nessuno degli effetti psicofarmacologici noti della marijuana incoraggia i blunts a commettere rapine. Anzi, le limitate prove di cui disponiamo suggeriscono che tra gli abituali rapinatori il consumo di marijuana e il periodo euforico che ne consegue tendono a ridurre la probabilita’ di commettere rapine. Ma neanche la marijuana purtroppo, non fa si’  che i rapinatori desistano completamente.

 

La subcultura della minaccia

I blunts, inoltre, sembrano compiere meno aggressioni aggravate rispetto agli stemmers di un decennio fa. Anche se provengono da famiglie in cui i livelli di violenza sono alti, e anche se talvolta partecipano a risse, le molte ragioni, legate alla droga, per cui gli stemmers commettevano questo reato sembrano relativamente assenti tre i blunts.

La paranoia indotta dal crack o il profondo senso di vuoto di coloro che si trovano in un’astinenza da eroina sono condizioni poco frequenti tra i soggetti che sono solo fumatori di marijuana. Se non altro, la norma di condotta dei blunts, che prescrive loro di condividere la marijuana, promuove relazioni reciproche abbastanza socievoli. Anche se puo’ esservi una certa litigiosita’ tra i fumatori di marijuana durante il blunt, questo raramente porta a commettere violenze fisiche, a usare armi e/o a procurare serie lesioni. Anzi, secondo le norme di condotta, ci si aspetta che i partecipanti siano socievoli e amabili mentre fumano e che evitino liti o lotte. Parimenti, la modesta euforia provocata dalla marijuana sembra ridurre l’ostilita’ e l’aggressivita’ anche in persone molto litigiose e frustrate, tanto che le aggressioni aggravate tipicamente non accadono prima, durante o subito dopo il consumo di marijuana – anche nel caso di individui che in altre occasioni tengono solitamente comportamenti aggressivi.

 

La subcultura della violenza domestica.

I blunts sono cresciuti in famiglie gravemente disagiate in cui, tfa gli adulti che consumavano droga, la minaccia e la violenza erano frequenti. Molti blunts riferiscono che da bambini sono stati picchiati, hanno subito violenze sessuali o maltrattamenti. Tuttavia, genitori e adulti violenti sono percepiti come modelli negativi.: il tipo di persone che essi non vogliono diventare. In alcune famiglie, essi sono diventati mediatori di dispute tra adulti aggressivi. Quando i blunts iniziano una relazione che prevede la coabitazione, le norme di condotta proprie del consumo condiviso di marijuana sottolineano la cordialita’, ilpiacere sessuale e l’armonia negli affari domestici. Anzi, una piacevole sorpresa che emerge da studi in corso su famiglie di drogati e’ il fatto che parecchi disoccupati maschi ad alto rischio, di poco piu’ di 20 anni, che fumano prevalentemente marijuana (ma non consumano crack o eroina) instaurano relazioni di convivenza praticamente normali con donne che hanno un lavoro stabile (anche se con basso reddito) e che mantengono la famiglia. Gli uomini di solito si occupano di alcuni lavori domestici e spesso si prendono cura dei figli della donna. Le donne spesso guadagnano abbastanza da assicurare il consumo di marijuana dell’uomo. Come pure il loro. Rispetto alle famiglie con forti consumatori di eroina e di crack e a quelle di provenienza, nelle poche famiglie di blunts sembra che la violenza domestica sia molto minore, e che il coinvolgimento costruttivo nell’allevamento dei bambini da parte di giovani adulti sia molto maggiore. Quando sorgono dispute domestiche, spesso hanno a che fare col fatto che l’uomo non riesce a trovarsi un lavoro e/o contribuire finanziariamente alla famiglia. Ma tali dispute raramente portano ad aggressioni fisiche o a comportamenti violenti.

 

La subcultura dell’uso e abuso di alcol

I blunts, inoltre, sembrano trasformare le norme di condotta disnibite relative al consumo di alcolici. Un tipico episodio di uso di droga coinvolge 2-5 amici, la cui eta’ varia dai 20 ai 30 anni, i quali condividono una mezza oncia di marijuana e 2-3 quarti di birra di malto in 2-5 ore. Le norme di condotta stabiliscono di preparare i ‘blunts’ e di condividerli. Mentre il ‘blunt’ di marijuana viene passato di mano in mano, ciascuno sorseggia piccole quantita’ di birra, raggiungendo cosi’ un modesto ‘sballo’ che poi si gode mentre parla e ascolta musica rap. Quando l’euforia diminuisce, grosso modo dopo mezz’ora o un’ora, il rituale viene ripetuto. Una grande quantita’ di alcol, invece di essre trangugiata velocemente viene piuttosto smaltita nell’arco di parecchie ore. Il comportamento da ubriaco, il linguaggio aggressivo, la condotta violenta e minacciosa sono scoraggiati e condannati dalla subcultura dei blunts.

Se un membro del gruppo dei pari abitualmente beve molto, agisce da ubriaco, ed e’ violento verso gli altri, verra’ coerentemente punito, e se necessario sara’ evitato ed escluso.Ma tali gruppi di pari costituiscono quasi l’unico sistema di sostegno sociale di cui molti blunts godono, e cosi’ lenorme di condotta volte ad evitare il consumo di grosse quantita’ di alcolici e a enfatizzare la piu’ moderata euforia da marijuana possono aiutare a tenere a freno il comportamento violento anche tra persone che probabilmente sono alcolizzate e/o violente.

 

La subcultura delle pistole

I blunts non portano pistole per due ragioni. In primo luogo, il Brandy Bill e le leggi di New York che le vietavano sono state efficacemente attuate (si veda sotto). Ma, cosa molto importante, i blunts ‘non fanno niente di male’ (come loro ritengono) e quindi non e’ necessario che abbiano o portino una pistola. I reati commessi da loro non sono di solito gravi (ad esempio, furtarelli nei negizi, aiutare a truffare i clienti, vendere marijuana agli amici) e non rendono necessaria la ‘protezione’ di un’arma. Solo quei pochi blunts che rapinano e/o vendono cocaina o eroina possono sentire il bisogno di ‘proteggersi’ con una pistola. Il momento piu’ probabile per cercarsi un’arma da fuoco e’ subito dopo essere stati rapinati di droghe o denaro, o scacciati da un luogo di vendita. Le norme della subcultura del blunt sicuramente non incoraggiano (e probabilmente scoraggiano) l’acquisto o il possesso di una pistola, e tanto meno il suo uso.

 

Politiche di polizia e l’attuazione del Quality of Life.

Nel decennio passato l’azione di polizia nella citta’ di New York si e’ radicalmente trasformata. Durante l’epidemia di crack, le pattuglie di polizia incominciarono una campagna sistematica volta a ridurre radicalmente il fenomeno del nonpagamento del prezzo del biglietto dei mezzi pubblici arrestando, multando e richiedendo come pena la prestazione di servizi comunitari per la maggior parte delle persone fermate  per questo motivo. Sotto il sindaco Dinkins il numero di funzionari di polizia fu considerevolmente aumentato. Con il sindaco Giuliani, il Dipartimento di polizia di New York, ulteriormente ampliato, e’ riuscito a realizzare una gestione integrata dei suoi numerosi distretti e aquadre speciali (detective, narcotici, buon costume ecc.) e dell’informazione statistica al fine di eliminare la criminalita’ in tutta la citta’.

Due politiche di polizia, attuate contemporaneamente , sembrano avere avuto particolare successo nell’eliminare le pistole e nel ridurre la visibilita’ pubblica della criminalita’ di strada. La politica del ‘controllo delle pistole’ implica che sia i poliziotti in uniforme sia gli infiltrati avvicinano persone che mostrano un ‘gonfiore sospetto’ che potrebbe segnalare la presenza di un’arma nascosta. I poliziotti chiedono alla persona di aprire la giacca, giustificare il gonfiore, mostrare il contenuto di tasche ed eventuali borse; se i sospetti restano, essi possono ordinargli di mettersi faccia a terra. Quando trovano un’arma da fuoco, la persona viene arrestat e, se condannata, si prende uno o piu’ anni di carcere. Tali controlli delle armi da fuoco avvengono abitualmente e sono accompagnati da una seconda importante strategia.

Il Quality of Life ingiunge di fermare persone che la polizia ha sorpreso nell’atto di commettere un reato minore, di chiedere loro un documento di identita’, fare un controllo via radio per vedere se a loro carico ci sono mandati di cattura, se sono stati scarcerati preventivamente o sono in liberta’ vigilata o se hanno altre pendenze penali. Se la persona ha i documenti, se no vi sono pendenze penali, ma ha comunque commesso un atto illegale, allora le viene dato un ticket di apparizione (DAT) e successivamente dovra’ pagare una multa o fornire un servizio comunitario. Se non ha un documento di identita’, o e’ ricercata, viene arrestata, passa circa un giorno in carcere in attesa del processo ed e’ chiamata in giudizio davanti al giudice.

Una quota molto alta di tutti i residenti della inner city e’ stata fermata dalla polizia. I delinuenti recidivi sono spesso fermati e/o arrestati. Il Quality of Life e le politiche di controllo delle pistole sono state attuate in tutta la citta’. Questo significa che la persona media che vende eroina, crack o marijuana in un luogo pubblico ha una probabilita’ molto altra di essere fermata, perquisita e –se le prove sono sufficienti– arrestata. Queste due politiche sono state attuate diffusamente in tutta la citta’ e nel 1998 hanno portato a processare piu’ di 300.000 arrestati; da un terzo alla meta’ degli arrestati sono stati fatti in base alle norme del Quality of Life.

Il Quality of Life e’ stato sistematicamente modificato per poter affrontare il modello subculturale del fumare ‘blunts’ e ‘joints’ di marijuana in luoghi pubblici. A New York sin dal 1972, il possesso,il consumo e la vendita di piccole quantita’ di marijuana sono depenalizzati, purche’ non avvengano in luoghi pubblici. Per quasi 25 anni, la polizia ha fermato coloro che fumavano marijuana in luoghi pubblici, ha compilato i DAT rilasciando il fumatore. Se si presentavano davanti alla corte, generalmente venivano condannati al pagamento di una multa. Ma la polizia non si metteva alla ricerca di coloro che non si presentavano al giudice ne; di quelli che non pagavano le multe.

Verso la meta’ del 1998, invece, quasi tutte le persone che la polizia vede fumare, detenere o vendere marijuana in luoghi pubblici vengono arrestate e processate in base a questa speciale procedura. Nei quattro piu’ grandi distretti, cio’ significa che i giovani della inner city (e alcuni consumatori facoltosi) che fumano ‘blunts’ in luoghi pubblici sono arrestati ammanettati, portati in istituti specifici e costretti ad aspettare circa 24 ore in celle affollate prima di comparire davanti al giudice. Quando compaiono in tribunale, si arriva rapidamente a una decisione che puo’ consistere in una condanna al pagamento di una multa, alla prestazione di un servizio comunitario oppure nell’assoluzione. Sotto certi aspetti, l’uso di marijuana in luoghi pubblici e’ stato ripenalizzato, poiche’ ora, chi viene scoperto, attraversa il primo stadio del sistema giudiziario. Il processo d’incriminazione stesso, in questa sua procedura, diviene di fatto la punizione primaria. I casi di uso di marijuana costituiscono probabilmente il 10-15% di tutti i casi chiamati i giudizio nella citta’ di New York. D’altra parte, i pochissimi processi per l’uso di marijuana arrivano agli altri gradi di giudizio, e i fumatori di marijuana raramente finiscono a Rikers Island (il penitenziario della citta’).

Tuttavia non e’ stato ancora provato se questa politica di ‘arresto e incriminazione’ per i fumatori di marijuana abbia u forte impatto sull’abitudine dei blunts di fumare in luoghi pubblici. Che questa politica possa poi scoraggiare l’uso e il fumo di marijuana e’ ancor meno probabile.A fronte alla diminuizione dei reati gravi, e visto il significativo calo nella vendita di crack e eroina in luoghi pubblici, l’efficiente sistema penale e di polizia cittadino ha ‘ampliato la rete’ dei comportamenti e delle violazioni (offese al Quality of Life) di cui occuparsi oggi tramite questa procedura d’incriminazione. Alle persone che continuano a violare sistematicamente specifici codici (portando con se’, ad esempio, un contenitore di alcool aperto) viene brutalmente ricordato quanto sia grande la disapprovazione pubblica nei confronti delle loro azioni, costringendole a passare qualche ora in guardina e a comparire davanti al giudice.

Nel complesso, il Quality of Life ha considerevolmente aumentato la probabilita’ che le persone che violano certi codici e leggi minori – con comportamenti conformi alle norme di condota di una specifica subcultura – siano avvicinate dalla polizia. Gia’ al primo fermo, viene comminata una determinata forma di sanzione. Se la persona viene arrestata, la procedura d’incriminazione diviene essa stessa una punizione. Un importante effetto secondario di questa procedura consiste nel fatto che, durante i fermi di polizia, si trovino individui su cui pendono mandati di cattura per reati gravi, persone scarcerate preventivamente o in liberta’ vigilata, ricercate per essere interrogate e con fedine penali sporche. I controlli della fedina penale costituiscono la base per portarle dentro in modo da compiere indagini piu’ approfondite.

Il Quality of Life e’ considerato da molti membri delle comunita’ della inner city una ‘persecuzione’ e una vera e propria guerra contro le minoranze. Nondimeno, tutta una serie di politiche orientate alla qualita’-della-vita sono state specificamente progettate al; fine di riderre la visibilita’ pubblica del disordine sociale [Coles e Kelling 1996]. Esse sono state molto popolari presso gli elettori ddella classe operaia e del ceto medio.Per di piu’, liberando le strade dalle persone che violano le leggi, l’economia della citta’ e’ nettamente migliorata. I turisti americani e stranieri oggi pagano prezzi salati per gli hotel e i divertimenti cittadini. Oggi, i numerosissimi turisti che visitano la citta’ hanno poche opportunita’ di osservare una sfacciata vendita di droga, di udire colpi di arma da fuoco, di subire violenza o di vederla inflitta ad altri cittadini, o di osservare le molte forme di disordine nelle strade che erano cosi diffuse negli anni ’80. L’amministrazione Giuliani, inoltre, si e’ sistematicamente rifiutata di adre alla stampa di New York ampie o esclusive informazioni sulle ‘storie criminali’. Anche se reati violenti degni di essere riferiti alla stampa sono ancora frequenti, tutta una serie di storie dettagliate non sono sistematicamente spifferate ai giornali dal personale della polizia o dei tribunali. Di conseguenza, gli articoli sulla criminalita’ pubblicati nelle riviste sono meno frequenti, e cio’ ha rafforzato ulteriormente la senzazione che le strade della citta’fossero sicure.

 

7. Conclusioni

  Ormai siamo alla fine di un secolo di straordinari cambiamenti della societa’ americana. Una di queste novita’ e’ la dimensione e la natura della vendita, dell’abuso e dell’uso di droghe illegali. In questo saggio abbiamo delineato due principali fasi della droga tra i residenti della inner city di New York, mettendo in rilievo soprattutto la storia sociale (1968-98) delle principali subculture della droga (il crack e il blunt di marijuana) intese come i fattori che hanno contribuito maggiormente alla diffusione della violenza nella citta’ di New York.

A questo punto, vogliamo sintetizzare lo status di queste culture nel periodo 1968-1998, e e sue implicazioni rispetto a diverse forme di violenza nel prossimo futuro.

 

La generazione del crack.

I nati negli anni ’60 costituiscono la coorte principale dei consumatori di crackl; negli anni ’90 essi hanno dai 30 ai 40 anni. I dati inducono a ritenere che a Manhattan molti di loro abbiano continuato ad essere forti consumatori di crack.Le reti sociali di coloro che usano questa droga sono diventate molto isolate; essi hanno costantemente bisogno di nascondere i propri comportamenti compulsivi alla polizia, alla societa’ e ai blunts. E’ importante osservare che i ruoli di distribuzione accessibili a quersti soggetti che usano crack sono diminuiti. Le persone che erano grossisti, leader di crew, o venditori freelance negli anni ’80, non sono state in grado di vendere in modo relativamente lucroso. (Molti spacciatori, inoltre, sono finiti in carcere). Piu’ importante dell’arresto e della carcerazione, comunque, e’ il fatto che la maggior parte di coloro che usano crack si e’ fatta una reputazione di venditori inaffidabili (dovuta principalmente al loro consumo irrefrenabile). Essi hanno dovuto accettare ruoli di distribuzione di basso livello. Cosi’, molte persone che nel 1988 erano venditori freelance e boss di crew, nel 1998 sono solo internmediari e procacciatori di clienti. In un decennio, la frequenza delle loro transazioni e il reddito ricavato dalla distribuzione di crack devono costantemente organizzare la propria vita in modo da evitare la polizia, e le politiche di polizia. Tuttavia, i dati inducono a ritenere che nonostante tutti i problemi e gli ostacoli che la societa’ ha posto loro, sembra probabile che nel primo decennio del nuovo millennio molti, ormai tra i 40 e i 50 anni di eta’, continueranno ad usare il crack.

 

La generazione dei blunts.

La recente diminuizione della violenza tra i giovani della inner city nati negli anni ’70 puo’ forse ripetersi anche tra i soggetti nati negli anni ’80 (essi cominciano a raggiungere il loro 18°  anno nel 1998). Come abbiamo gia’ detto, il fatto che le norme di condotta dei blunts siano sempre state quelle di evitare il buco di eroina e il fumo di crack costiruisce il fattore piu’ importante del declino della violenza e della criminalita. Poiche’ la grande maggioranza dei blunts evita (e pochisissimi sono consumatori giornalieri e multigiornalieri) droghe costose come l’eroina o il crack, essi non sono esposti a un forte effetto psicofarmalogico (per esempio, fuga, ‘craving’ – desiderio irrefrenabile – o condizionamento). Non hanno bisogno di cercare sempre denaro per poter continuare a consumare la loro droga. Per di piu’ la maggior parte dei blunts non partecipa sistematicamente alla vendita di crack e di eroina, ed e’ quindi difficile che siano bersagli di rapine o di altre forme di violenze sistemica o che ne siano gli autori. In confrontop ai membri delle generazioni dell’eroina e del crack quando avevano tra i 13 e i 30 anni, e’ meno probabiile che i blunts partecipino (partecipazione misurata, perr esempio, dalla quota percentuale di soggetti che commettono reati) a rapine o altre violenze, e sembra che siano meno frequentemente coinvolti in rapine, minacce e violenze domestiche.

Se e quanto il consumo di marijuana, e le norme di condotta della subcultura della marijuana, contribuisca al declino della violenza tra i blunts, e’ una questione controversa. Il fatto che la correlazione tra consumo di ‘blunt’ e violenza sia quasi nullo, comunque, non costituisce un’approvazione del loro consumo.

Oltre al fatto di non usare eroina e crack, molti altri fattori contribuiranno as mantebnere basso il livello di violenza anche nel prevedibile futuro. Grandi investimenti volti a migliorare l’azione della polizia, la giustizia penale e gli istituti di pena, e la realizzazione di efficaci controlli delle armi si sono combinati con un restringimento del mercato delle droghe illegali, un miglioramento dell’economia e altri fattori, rendendo la violenza (specialmente quella che giunge all’attenzione pubblica) molto rischiosa, non attraente e non pagante – persino tra gruppi altamente devianti di ragazzi e giovani della inner city.

 

Verso il futuro

Nel complesso, il numero e i tassi di arresto per reati violenti e per molti altri reati sono diminuiti a livelli mai visti dall’inizio degli anni ’60 (prima dell’esplosione del consumo di droga e del predominio dei mercati dell’eroina, della cocaina, del crack e della marijuana). I bassi livelli di consumo di droghe pesanti e della violenza, la contrazione dei mercati delle droghe illegali e la diminuizione di molte altre forme di criminalita’ tra i blunts (specialmente) e forse anche tra le generazioni dell’eroina e del crack sono una grande occasione che puo’ consentirci di sviluppare politiche pubbliche radicalmente migliori. Tali politiche devono essere progettate al fine di minare la strutura e l’organizzazione dei mercati delle droghe illegali e lo sviluppo (attualmente abituale) di carriere criminali tra i giovani cresciuti in famiglie gravemente disagiate dei quartieri della inner city di New York. Le nuove iniziative dovranno muoversi lungo due diverse linee. La prima ovvero la persistente repressione della criminalita’ di strada, attualmente e’ ben finanziata, molto organizzata ed efficacemente realizzata dal Dipartimento di polizia di New York. La seconda, ovvero la creazione di posti di lavoro e l’aumento del reddito per i ragazzi e i giovani della inner city ad alto rischio,  e’ praticamente inesistente – ed e’ scarsamente coordinata con il settore economico privato che sta rapidamente creando occupazione. Sotto molti aspetti, parecchie politiche pubbliche sono disegnate in modo da escludere e impedire ai giovani della inner city di ottenere lavori legali e trasferimenti di reddito governativi.

 

I limiti della polizia e dell’eliminazione per via giudiziaria della criminalita’.

Grazie ai grandi investimenti volti a intensificare l’azione della polizia, a migliorare l’efficienza del processo penale e al sensazionale aumento dei detenuti nelle carceri locali, statali e federali, in un solo decennio l’amministrazione di New York ha in gran parterealizzato lo slogan del 1983-84 di ‘riprendiamoci le strade’ dai criminali e daglinspacciatori di droga. Inoltre, l’amministrazione Giuliani ha creato tra gli elettori occupati e di medio reddito la diffusa sensazione che il ‘disordine’ e la presenza di persone turbolente siano ormai raramente visibili neiluoghi pubblici di New York. Individui che tengono comportamenti subculturalmente approvati (ad esempio, fumare marijuana inluoghi pubblici, venderla per strada) sono stati realmente rimossi dalla pubblica vista grazie all’azione di polizia  in accordo al Quality of Life, e tramite la speciale procedura di arresto e incriminazione per reati minori. Le strade , i parchi e i luoghi pubblici sono percepiti coem ‘puliti’ e ‘sicuri’ dai normali cittadini. E questa percezione sembra, condivisa, seppure in misura minore, anche tra i residenti della inner city.

Nonostante l’efficiente azione della polizia e le percezioni delpubblico, tutti i dati esistenti indicano che gli attivi consumatori di droga tra i membri delle generazioni dell’eroina, del crack e della marijuana continuano a procurarsi e ad usare regolarmente le loro sostanze preferite. Gli spacciatori da cui tali consumatori regolarmente comprano o si procurano la droga sono ancora molto numerosi. Anche se l’intensificata azione di polizia ha ridotto il numero di persone che vendono apertamente eroina, crack e marijuana nelle strade e nei luoghi pubblici, la maggior parte degli spacciatori ha risposto spostando le proprie operazioni in luoghi interni e/o privati o nascosti, oppure avvalendosi di servizi di consegna a domicilio. Molte altre strategie – l’uso di intermediari,lalimitazione delle ore di operazione, la richiesta di nuovi potenziali compratori di consumare le draghe in loro presenza ecc. – servono a proteggere le numerose transazioni illegali che un tempo avvenivano in luoghi pubblici, ma che ora sonop ‘segrete’ o celate allo sguardo della polizia e del pubblico.

Comunque, la ragione fondamentale per cui un’intensificata azione di polizia e le soluzioni giudiziarie non elimineranno mai il consumo o la vendita di droghe (specialmente nei luoghi privati) e’ la persistente esclusione dei residenti della inner city dai mercati dellavoro legale. Parecchie centinaia di migliaia di residenti nelle comunita’ della inner city di New York sono disoccupati, non sono nel mercato formale del lavoro e spesso non possono godere dei trasferimenti di reddito e dei sostegni di welfare. Per di piu’, un gran numero di residenti della inner city che lavora legalmente e’ intrappolato in occupazioni a basso salario, part time e saltuarie. Questo grande bacino di lavoratori eccedenti (di cui i mercati dellavoro legale non hanno bisogno) costituisce la princip[ale ‘ricchezza’ delle reti di distribuzione della droga. Il fatto che centinaia di migliaia di persone marginalizzate della inner city dedichino, in varia misura, il loro tempo e leloro abilita’ al mercato della droga, e che la maggior parte di essi scambi queste loro risorse soprattutto con le droghe da essi stessi consumate, significa che gran parte dei dollari spesi per eroina, cocaina e crack finiscono nelle tasche di grossisti e venditori.

La grande maggioranza delle persone arrestate per possesso e vendita di droga in luoghi pubblici sono in realta’ distributori di basso livello che fanno gli ‘steerers’, i ‘touts’, i ‘middlemen’ gli ‘holders’ e ‘lookouts’; essi sono ‘pagati’ principalmente per assumersi i rischi di arresto e carcerazione, propri delle attivita’ attinenti alle transazioni illegali. Molti di loro sono effettivamente ‘falliti’ nel gestire denaro e droghe in un’economia di strada altamente competitiva. I grossisti e gli apacciatori, che evitano le vendite in luoghi pubblici e che trattengono la maggior parte del denaro (e della ricchezza) creato dai distributori di basso livello, vengono arrestati e incarcerati piu’ raramente.I pochi grossisti che producono centinaia e migliaia di dosi (per esempio, bustine di eroina o cocaina in polvere, fiale di crack) sono arrestati di rado perche’ la loro attivita’ resta ben nascosta dietro a quella dei soggetti che vendono o aiutano a vendere quel prodotto. Anche se la polizia impegna grandi risorse per ottenere informazioni e tentare di sgominare i ‘grandi’ trafficanti di droga, gli arresti di pochi spacciatori non hanno praticamnete nessuna influenza sull;’immenso bacino di lvoratori eccedenti che sono disposti e capaci a vendere droghe nonostante il rischio di essere arrestati. Quindi,per minare radicalmente il mercato della droga illegale e i modelli di consumo regolare, l’enorme massa di lavoro eccedente della inner city deve essere sistematicamente ridotta. Ma solo nuove politiche pubbliche possono farlo.

 

Verso la riduzione del lavoro eccedente nella ‘inner city’

L’esame di nuove politiche volte a impiegare legalmente i residenti della inner city va molto al di la’ della portata di questo saggio. Comunque, noi siamo convinti che i bassi tassi di violenza,di criminalita’ slegata dalla droga e di coinvolgimento nelle vendite di droghe pesanti tra i blunts (quelli nati negli anni ’70) vadano considerati con favore e che il loro urgente desiderio di entrare nei mercati del lavoro legale meriti di essere ricompensato  - piuttosto che continuamente rifiutato. Tenuto conto dell’espansione avvenuta nell’economia americana negli anni ’90, il nuovo secolo offre l’opportunita’ senza precedenti di diminuire l’offerta dilavoro disponibile per i mercati delle droghe illegali e di inserire sistematicamente nei mercati del lavoro legale  migliaia di residenti della inner city, specialmente coloro che sono a piu’ alto rischio di danneggiare la societa’. A questo fine, sara’ necessario costruire un nuovo insieme di politiche pubbliche che identificano i ragazzi e i giovani adulti ad alto rischio, sia durante il loro percorso scolastico sia nella prima fase di ingresso nel mercato del lavoro. Queste politiche potrebebro essere costruite in modo da rendere una tassa negativa sul reddito (un ‘credito di imposta sul reddito guadagnato’) piu’ prontamente accessibile (pagabile mensilmente) a famiglie e giovani della inner city. Essi potrebbero ricevere anche altri trasferimenti di reddito vincolati al fatto di completare diversi programmi di formazione, di non consumare droghe (segnalate da test delle urine), e di acquisire vari ruoli convenzionali. Queste politiche devono venire chiaramente intese come ‘ricompense’ per la realizzazione di importanti fini o per l’abbandono di vecchi comportamenti ‘devianti’ (come l’uso della droga). Inoltre, i giovani e i bisognosi dovrebbero ricevere i sussidi (e la maggior parte del loro reddito da lavoro) tramite accrediti elettronici, e dovrebbero essere forniti di ‘equivalenti delle carte di credito’ con cui poter accedere alla maggior parte dei beni e dei servizi necessari. Essi dovrebbero ricevere poco denaro in contanti, in modo da ostacolare l’acquisto di droghe illegali.

La maggior parte dei giovani della inner city, specialmente quelli allevatio in famiglie gravemente disagiate, sono straordinariamente isolati dalla societa’ americana. Essi hanno difficolta’ ad interagire con i bianchi, con persone occupate, con  persone della classe media, con le autorita’ e con il sistema bancario. Hanno bisogno di addestramento e di sostegno per poter cercare e ottenre lavori legali, per mantenerli, per specializzarsi e aumentare il proprio reddito. Ma, cosa molto importante, sono necessarie nuove politiche anche per incoraggiare i datori di lavoro, sia grandi sia piccoli, a creare nuovi posti di lavoro e ad assumere ragazzi e giovani della inner city. I datori di lavoro devono essere finanziati se assumono individui assistiti, giovani ad alto rischio e disoccupati di lungo termine. I sussidi ai datori di lavoro servirebbero a pagare laloro attenta supervisione, il traininge altre attivita’ di specializzazione. Se New York potesse ridurre del 50% il numero dei disoccupati e dei giovani adulti della inner city che non partecipano affatto al mercato del lavoro, i mercati delle droghe illegali si contrarrebbero in misura corrispondente. Per di piu’, i costi ricorrenti (in un arco di tempo di oltre 10 anni) per tenere legalmente occupate 200.000-500.000 persone attualmente inoccupabili sarebbero piu’ che coperti da incredibili risparmi in assistenza, polizia e disordine sociale. – per non parlare poi del fatto che tali soggetti diventerebbero percettori di reddito e contribuenti. Tenendoli occupati, guidando le loro capacita’e il loro tempo nell’economia ufficiale, dando loro uno status e una retribuzione ragionevole, si eliminerebbe l poverta’ e le sue conseguenze. Certo, la violenza, il consumo e la vendita di droga non svanirebbero, ma questi comportamenti diventerebbero assai meno frequenti e non sarebbero che ricordi di un lontano passato. Il momento per incominciare e’ ora! Ma nel contesto politico del 1998 questo scenario, purtroppo, e’ straordinariamente improbabile.