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Il Mistero della Pietra Scartata. (2)

 

Il Rivoluzionario della Galilea

Si capisce allora come agli occhi dei detentori del potere e interpreti autorizzati della Legge di Mosé il comportamento del Rabbi, venuto dalla Galilea, doveva essere considerato, a dir poco, sconcertante se non scandaloso. 

 

Amico dei delinquenti, delle prostitute e dei Rom-ani

Il fatto è che senza curarsi minimamente della “purezza legale”, Gesú si accompagnava ad ogni sorta di persone che vivevano nella illegalità più pura: considerati come una sorta di intoccabili:  pubblicani, prostitute, i lebbrosi (questa malattia era considerata il segno della maledizione di Dio e suscitava orrore: immaginiamoci la faccia dei “buoni” al vedere il Maestro che “toccava” questi poveri infelici e ne procurava la guarigione!). Solo un accenno agli odiati stranieri, tra cui i conquistatori romani, considerati alla stregua dei cani. ( anche qui immaginiamo ancora una volta la faccia dei “puri” alla decisione di Gesú di andare a casa del centurione romano per guarirgli il servo ammalato!).

Inutili le affermazioni di Gesú in difesa del suo comportamento del tipo: “Sono i malati che hanno bisogno del medico” o “Non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori…”(Mc 2,17).  Per gli osservanti della Legge, Gesú era un pazzo criminale e un indemoniato.

 

Tutto Suo Padre 

Per coloro invece, tra i farisei e tra la gente semplice e umile, che avevano a cuore profondamente la Parola di Dio e aspettavano con fede la speranza di Israele, il comportamento del Maestro della Galilea richiamava nel loro spirito lontani echi profetici: “misericordia io voglio e non sacrificio”(Os. 6,6) “Non voglio la morte del peccatore ma che si converta e viva”  “E’ troppo poco che tu sia mio servo solo per il resto di Israele, farò di te luce delle nazioni.”(Is c.41)

Per costoro l’affermazione fatta da Gesú a Filippo che gli chiedeva di mostrare loro il Padre: “Filippo è tanto tempo che sono con voi e ancora non mi hai conosciuto: Chi vede me vede il Padre… doveva risuonare meravigliosamente suggestiva… ( E’ ancora il vangelo della domenica 20 di Aprile a ricordarci questo episodio meraviglioso della vita di Gesú).

 

L'arma di "distrazione" di massa

La situazione si era fatta ormai critica per coloro che vedevano in Gesú un pericolo pubblico dopo l’ennesimo fatto miracoloso: La risurrezione di Lazzaro, richiamato da Gesú alla vita terrena dopo 4 giorni dalla morte (Gv.11,17-44) e l’entrata trionfale in Gerusalemme. (Gv.12,12) Bisognava agire con decisione e subito.  Occorreva un’arma di “distrazione” di massa per distogliere le folle entusiaste di Gesú e del suo messaggio di amore, misericordia, semplicità, purezza interiore. La trovarono nell’emergenza sicurezza…

 

L'emergenza sicurezza

“Non è meglio che muoia un solo uomo piuttosto che perisca tutta la nazione”(Gv.18,14) In questo modo il Sommo Sacerdote apostrofò l’assemblea del Sinedrio riunita in sessione straordinaria per analizzare la pericolosa situazione che si era venuta a creare con l’entrata trionfale di Gesú in Gerusalemme. Tutti concordarono con il Sommo Sacerdote.

 

Il moscerino e il Cammello

Il comportamento di Gesú creava confusione e disorientamento nelle loro menti schematizzate: nell’insegnamento di Gesú dove andava a finire il rispetto della legge del Sabato (C’erano sei giorni nella settimana in cui si poteva lavorare perché Gesú si intestardiva a operare miracoli in giorno di Sabato?(!?) E cosa significavano le sue parole: “Il Figlio dell’uomo è Signore anche del Sabato” ?) (Mc 2,28)

E dove andava a finire la classificazione tra buoni e cattivi? Il comportamento di Gesú rischiava di sovvertire completamente l’ordine del bene e del male… Le parole di Gesú circa la loro stupidità nel voler filtrare il moscerino, mentre ingoiavano senza nessuna difficoltà il Cammello non fecero nessuna breccia nel loro cuore chiuso.

L’emergenza sicurezza avrebbe potuto essere la chiave per risolvere la questione: lo spauracchio della furia romana poteva distrarre la folla dai folli ideali di amore del Profeta di Nazareth e permettere la sua eliminazione. Sì,  perché non bastava metterlo in prigione, ci voleva la pena di morte! (la miracolosa diffusione del cristianesimo, ormai da 2000 anni, è la dimostrazione di come sia contagiosa la follia d’amore del Cristo. In questo i nemici di Gesú avevano ragione)

 

Vincere il male con il Bene

Da quando l’uomo è apparso sulla terra, circa 20.000 anni fa, l’umanità ha dovuto affrontare il problema della violenza, del male. L’unica soluzione escogitata dal pensiero umano fino all’avvento di Gesú Cristo è stata: vincere il male con il male. Occhio per occhio e dente per dente: La famosa legge del Taglione. (In realtà questa soluzione si è rivelata un vero fallimento. L’ultima grande guerra mondiale ha procurato milioni di morti, per non citare le guerre dimenticate o le cosiddette guerre preventive e “intelligenti” !?)

Gesú di Nazareth ha rivoluzionato il nostro modo di pensare: Il male non può essere vinto dal male ma solo ed esclusivamente dal bene!

Una follia per molti!

Il suo sacrificio sulla croce è per noi cristiani una potente forza capace di scardinare alla radice l’origine del male: L’egoismo. All’inizio del suo ministero pubblico, nella sinagoga di Nazareth,  Gesú, leggendo il passo profetico di Isaia espone il suo programma, tra l’altro afferma di essere venuto a liberare i prigionieri. Sicuramente tutta l’umanità prigioniera nel carcere del proprio egoismo. Solo un amore folle, disinteressato, può fare uscire l’io fuori di sé e aprirlo all’osservanza della vera Legge, la “legge dell’amore”. E’ quello che Gesú cerca di far capire ai buoni, a coloro che vivono nella legalità quando racconta la parabola del figliuol prodigo. (Lc 15,11-32) Al figlio maggiore che lo accusa apertamente di “buonismo” per aver accolto il figlio che aveva vissuto “fuori” dalla “legge”  e averlo riabilitato e riconciliato, il Padre cerca disperatamente di far capire che quel suo figlio era anche “suo fratello”,  e che da morto era ritornato in vita, da perduto era stato riabilitato. E alle sue rimostranze per aver sempre vissuto nella legalità e di non aver mai avuto un capretto per far festa con i suoi amici il Padre, folle di amore anche per il suo figlio primogenito, risponde con la grandezza del suo amore che non un capretto, ma tutto quello che lui aveva ed il suo stesso essere di Padre era suo!

Per questo Gesú dalla Croce perdona anche “quel figlio primogenito” che lo ha crocifisso perché non ha capito il suo amore: “Padre,  perdonali perché non sanno quello che fanno”.(Lc 23,34)          

 

 

Don Bruno Oliviero

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