Miracolo
dietro le sbarre
Quello che non si è riusciti a ottenere col bastone,
le
torture, e la cella di rigore in 60 anni, lo consegue in meno di un anno il
Sistema Preventivo, nei correzali del Perù. Il dottor Luis Corante ci racconta
il cammino fatto in Maranga per reinserire gli adolescenti considerati criminali.
Il seme del metodo preventivo il dottor Luis Corante Pajuelo, educatore e
psicologo, lo aveva ricevuto da studente , dai suoi insegnanti salesiani. Più
avanti, dopo un’esperienza professionale in Cile accetta la più grande sfida
della sua vita scommettendo sul riscatto dei giovani delinquenti dei
correzionali del suo paese.
Un sistema a 5 tappe
Si interessa per conoscere il lavoro dei salesiani della
Colombia con i ragazzi e poco a poco formula una proposta interessante.
“Giunsi a creare un sistema dal punto di vista organizzativo con 5 tappe:
approccio, persuasione, formazione professionale, formazione familiare e
residenza giovanile”, dice con soddisfazione. Dopo quasi 25 anni di ricerche,
prove, verifiche, arrivò l’opportunità di porre sul banco di prova la
scommessa per il giovane in difficoltà.
Nel 1985 accettò la direzione dell’Istituto Nazionale
del Benessere familiare (INABIF). Qui ebbe i primi contatti con Marana, il
carcere minorile. Immediatamente si rese conto che il problema era più grave di
quel che appariva, anzi quasi insolubile. Non c’era volontà politica di
cambiamento:” Non ti preoccupare di questi ragazzi, perché non danno né
soldi né voti”., gli disse un ministro in carica. Dovette scegliere come
luogo di sperimentazione una casa di ragazze nella città di Trujillo. In dieci
anni ebbe successi invidiabili. Così alcuni anni dopo, il segretario esecutivo
della commissione della riforma, il comandante José Delle piani, lo convocò
nel suo ufficio:” So che anni fa lei ha manifestato l’intenzione di cambiare
la situazione dei correzionali; le chiedo, dunque, che si faccia carico della
gestione delle operazioni dei nostri centri di reinserimento”. Il dottor
Corante accettò e gli parlò del Sistema Preventivo. Il comandante, abituato a
trattare con la truppa e con metodi molto poco dialogici, lo interruppe: “Sono
un militare, e so che questi mascalzoni hanno ucciso molti miei colleghi,
l’unico sistema di riabilitazione sarebbe di ammazzarli tutti. Tuttavia le
permetto d tentare l’esperienza”.
L’inferno di Maranga
E così, da un istante all’altro un educatore con spirito
e metodi diversissimi dai soliti si trovò di fronte a 2400 ragazzi e
adolescenti dai 12 ai 25 anni, reclusi in 11 centri di rieducazione a livello
nazionale. Il lavoro che lo attendeva era colossale, la sfida dimostrare che il
Sistema Preventivo funzionava se ben applicato. Sarà Marana il centro pilota.
Qui erano rinchiusi 400 piccoli carcerati tra cui 37 capibanda che, lasciate
casa e scuola, erano diventati piccoli criminali. Controllavano tutto a proprio
capriccio. Lì dentro si doveva negoziare tutti. Regnavano la violenza, il
ricatto, la vendetta. Violentarono senza il minimo scrupolo perfino una
giornalista che era entrata per intervistarli. Si alzavano quando volevano, non
avevano né lenzuola né coperte, perché le avevano fatte a pezzi e legate
insieme per scappare. Entrare nel loro dormitorio voleva dire rischiare la
pelle. Le officine erano abbandonate e le macchine guaste. I secondini erano
come loro, e peggiori. I tutori non avevano alcuna autorità, non erano motivati
né preparati, anzi spesso si servivano dei reclusi per organizzare furti e
rapine, in compenso passavno loro droga, sigarette, liquori, donne. Era una
corruzione totale. Se la strada aveva dato il diploma di criminali a questi
ragazzi, Maranga, ahimé, li aveva specializzati.
La grande sfida
Luis Corante, davanti a questo quadro raccapricciante,
chiede tre mesi per preparare un’equipe. Intanto comincia a parlare coi
ragazzi per conoscerli, sta con loro tutti i giorni, si confonde con gli operai.
E mentre cominciano a gustare i primi frutti, la presenza di una trentina di
terrroristi spinge gli interni a una rivolta e al tentativo di fuga in massa
attraverso un tunnel di 24 metri scavato in precedenza. E’ la prova che il
personale è debole e incompetente, e che non c’è da fidarsi troppo. Il giorno
della rivolta il dott. Corante, sfidando i 300 poliziotti che hanno fatto irruzione nel
locale e i ragazzi che dai tetti lanciavano pietre e altri oggetti a quelli che
tentavano di avvicinarsi, riesce a individuare il capo dei giovani in rivolta e
a scendere a patti con lui. L’ammutinamento che altre volte durava 8/10 giorni
si risolve in 7 ore, frutto del tratto amichevole che gli si stava offrendo per
la soluzione dei loro problemi. “Qui sta la chiave di volta del successo: la ragione
e l’amorevolezza”, afferma con convinzione.
Mancava ancora uno dei pilastri, la religione. Si
cominciò a inculcare nei ragazzi la coscienza del trascendente, Dio comincia a
entrare tra le sbarre. Piacciono i programmi che permettono di accedere a una
fase di formazione. Solo 37 di loro, figli di carcerati e delinquenti, non
accettano la proposta e sono trasferiti in un carcere duro:”Morto il cane si
placò la rabbia!”.
E’ stata dura
In tre mesi si riuscì a ristabilire il principio di
autorità. Vennero eliminate le punizioni corporali, migliorati il cibo e
vestiti, introdotta l’educazione fisica, riattivate le officine con corsi di
formazione al lavoro. Come in ogni collegio salesiano venne organizzato il
complesso musicale, e si iniziarono corsi di orientamento. Non mancarono alcune
preghiere e qualche funzione religiosa. Dopo 7 mesi i ragazzi stessi chiesero di
organizzare la processione del “Signore dei miracoli”. I cappellani fecero
battesimi, confessioni, comunioni. Si accompagnano 40 di essi fino alla spiaggia
per una passeggiata, e tutti ritornano dentro: si ripeté insomma il miracolo di
Don Bosco coi ragazzi carcerati.
Maranga, il più complicato e difficile di tutti i centri
di rieducazione sudamericani cambiò radicalmente. Il Sistema Preventivo
funziona.